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Sinodo, qualche pezzo di discussione

Aula Paolo VI  | I padri sinodali in uscita dall'ultima congregazione generale | Marco Mancini / ACI Stampa Aula Paolo VI | I padri sinodali in uscita dall'ultima congregazione generale | Marco Mancini / ACI Stampa

il tema di una migliore preparazione al matrimonio sono è una linea rossa che si dipana nei “modi” all’Instrumentum Laboris, che oggi vengono discussi dalla Commissione per l’Elaborazione del Rapporto Finale. Mentre il tema dell’accesso alla comunione per i divorziati risposati, soprattutto di natura disciplinare, è oggetto di una profonda revisione da parte dei padri sinodali. Lo testimoniano i due interventi dell’arcivescovo Zbignevs Stankevics e del Cardinal Wilfied Fox Napier, che ACI Stampa è in grado di pubblicare. Uno di questi interventi è stato pronunciato durante la discussione libera. L’altro, durante una delle congregazioni generali.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Stankevis di Riga (Lettonia) ha affermato che “dare l’accesso della comunione ai divorziati risposati sarà un atto di ingiustizia verso quelle coppie che combattono per salvare il loro matrimonio e con una grande fatica sono rimasti fedeli.” Ha poi sottolineato che nessuno dei vescovi “è contrario alla misericordia verso i divorziati risposati,” e tanto meno verso le coppie omosessuali, ma – ha aggiunto – “non si può riempire il concetto della misericordia con un contenuto che è staccato dalla verità e dalla giustizia, dalla Tradizione viva della Chiesa.”

L’arcivescovo ha chiesto un “approfondimento,” e ha rimarcato che “nel piccolo Catechismo che in Lettonia diamo ai bambini” si dice che “per l’accesso al perdono ci vuole il pentimento e la decisione di non peccare più.” Insomma, ha affermato l’arcivescovo, “gli argomenti in favore dell’accesso alla comunione sono più di carattere sociologico e psicologico emozionale che teologico.” Ma lui è fiducioso, perché “il mulino della Chiesa gira lentamente, ma normalmente alla fine arriva una buona farina.”

Il compito dei vescovi – ha spiegato – è “portare la pace al popolo di Dio, e specialmente alle famiglie.” Per questo si deve giungere all’unanimità, senza forzature, sul tema dei divorziati risposati. Anche perché la Conferenza Episcopale Lettone è “contraria al libero accesso alla comunione per i divorziati risposati e alle persone dello stesso sesso che convivono.” L’arcivescovo di Riga ha aggiunto: “Il Santo Padre ha già fatto un gran passo andando incontro ai risposati, accelerando il processo della dichiarazione di nullità, e così aprendo un varco di misericordia nel muro della giustizia. Propongo che qui ci fermiamo e riflettiamo.” E ha infine delineato il primo compito dei vescovi. Ossia “di mostrare in modo attrattivo la bellezza della vocazione al matrimonio e di incoraggiare e rafforzare quelle famiglie che fanno fatica a mantenere fedeltà al loro matrimonio.”

Un impegno che viene dalla vocazione della famiglia. Ma – fa notare il Cardinal Winfried Fox Napier, arcivescovo di Durban (Sudafrica), nell'Instrumentum Laboris “non si dice molto esplicitamente della vocazione della famiglia.” Per questo – aggiunge – “il Sinodo dovrebbe dare speciale considerazione a come questa vocazione allo stato di matrimonio attraverso il Sacramento del Matrimonio sia basato sulla scrittura, fermamente fondato nella tradizione e nell’insegnamento della Chiesa” E specialmente il Sinodo dovrebbe definire come “quella vocazione debba essere oggetto di discernimento, coltivata e portata nella vita di milioni di buone famiglie.”

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Il cardinale propone di revisionare i programmi di catechesi, in modo da mostrare che il discernimento della vocazione “è qualcosa che cresce nei nostri piccoli per tutto il tempo della loro crescita,” e “cresce nella loro fede.”

Questa riforma della catechesi porta a “diversi vantaggi.” Perché “prima di tutto porterebbe il matrimonio a non essere più considerato la terza scelta dopo il sacerdozio e la vita consacrata.” Secondo, “aiuterebbe a costruire nei nostri bambini un rispetto e apprezzamento del matrimonio come parte del piano deliberato di Dio per quanti lui chiama a sposarsi,” e dunque “il matrimonio non sarebbe semplicemente una riluttante concessione alla fallace natura umana.”

Terzo – continua l’arcivescovo di Durban – “dovrebbe impiantare in quanti fanno la scelta del matrimonio come vocazione la necessità di scegliere con cura colui (o colei) con il quale vivranno la volontà di Dio in un matrimonio buono e portatore di frutti.”

E infine, “anche se l’amore emozionale continuerà senza dubbio ad essere un fattore importante, una catechesi che include il discernimento vocazionale dovrebbe far crescere la consapevolezza del coinvolgimento di Dio nella scelta nella scelta degli sposi, e così portare a una decisione più matura e a una migliore consapevolezza del perché attraverso la preparazione in cui la fede giocherà un ruolo importante.”

“Vale la pena tentare!” conclude il cardinal Napier.