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Tunisi, Nosiglia: "Una nuova strage degli innocenti"

Il Santuario della Consolata |  | Il Santuario della Consolata | |

Siamo "di fronte a una follia omicida così brutale, irrazionale e disumana che ci lascia attoniti e sconvolti, per cui non riusciamo e non possiamo comprenderla. Solo la preghiera, il silenzio e l’ascolto della Parola di Dio può infondere speranza e dare forza di cui c'è tanto bisogno in questi momenti".

Con queste parole l'Arcivescovo di Torino, Monsignor Cesare Nosiglia, ha aperto ieri nel Santuario della Consolata l'omelia della messa esequiale per Antonella Sesino e Orazio Conte, le due vittime torinesi rimaste uccise nell'attentato di Tunisi.

Di fronte ad atti del genere - ha aggiunto il presule - restano una certezza: Gesù "è risorto, proprio per dirci che la morte non ha l’ultima parola, perché quella definitiva sarà l’amore di Dio per coloro che su questa terra lo hanno amato donando la propria vita per i fratelli".

Dal Vangelo delle Beatitudini ognuno può trarre la forza e la certezza che la morte non vincerà. Anche oggi c'è una moltitudine convinta "che il bene è più forte del male e che alla lunga sarà l’amore a vincere l’odio e ogni via di violenza irrazionale e omicida. Occorre risvegliare questa coscienza collettiva, perché non sia rassegnata a ciò che appare a volte ineluttabile e che in realtà può essere vinto dalla volontà di bene che alberga nel cuore di ogni uomo e dall’impegno concorde di tutti".

"La strage degli innocenti - ha aggiunto Mons. Nosiglia - che si è rinnovata in questi giorni scuota la coscienza di ogni  uomo di buona volontà e ci renda tutti più consapevoli che chi si serve della violenza e sceglie la via del sangue aggredendo cittadini inermi non avrà mai la vittoria, se non nella propaganda strumentale sulla rete e sulle vie mediatiche, perché l’Amore e la volontà di pace e di rispetto di ogni persona, alla lunga, vinceranno, avendo dalla propria parte la potenza di  Dio".

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Per invertire la rotta - ha concluso l'Arcivescovo - occorre seguire quanto ci insegna Papa Francesco: "si tratta di imparare e andare a scuola dei poveri, immergendosi nelle periferie esistenziali e condividendo le miserie di chi abita situazioni di grave disagio e difficoltà e viene spesso considerato uno scarto o un peso per la comunità. Da lì si deve ripartire per promuovere una società più giusta, equa e solidale che non lasci alcun spazio alla violenza, nessuna giustificazione per il prevalere di ideologie culturali, religiose o sociali che dividono e innalzano muri, là dove invece occorre gettare ponti di amore, di incontro e di collaborazione, per perseguire uniti il bene comune rispetto al bene individuale della propria nazione, religione o cultura".