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Turchia, tre mesi dopo il terremoto la presenza della Chiesa cattolica

Il punto della situazione con monsignor Paolo Bizzetti, vicario apostolico dell’Anatolia

Il Vicariato apostolico di Anatolia |  | FB Il Vicariato apostolico di Anatolia | | FB

A fine marzo il Dicastero per il Servizio della Carità, su sollecitazione di papa Francesco, ha inviato circa 10.000 medicine, destinate alla popolazione, in collaborazione con l’ambasciata turca presso la Santa Sede. Immediatamente dopo il terremoto, che in Turchia ha provocato quasi 2.000.000 di sfollati, l’Elemosineria Apostolica si era mobilitata inviando soprattutto cibo in scatola, così come pure pannolini e altro materiale per le necessità più impellenti. A Iskenderun sono arrivate circa 10.000  maglie termiche da distribuire tra Turchia e Siria.

Parlando della situazione sul terreno, a conclusione di una visita di cinque giorni effettuata nel mese di marzo, l’Alto commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi ha riferito di un quadro di ‘devastazione scioccante e distruzione apocalittica’; mentre per il vicario d’Anatolia, mons. Paolo Bizzetti, il cuore della tragedia resta Antiochia dove ‘hanno calcolato che vi sono 1.600.000  tonnellate di macerie da rimuovere’ per una città rasa al suolo: “Siamo consapevoli che è finita un’epoca: tutta l’antica Antiochia, con le vecchie case in stile siriano e aleppino, sono sparite e non sono ricostruibili. Il mercato è distrutto, anche dal punto di vista turistico i luoghi più interessanti sono spariti… millenni di storia rasa al suolo!”.

Ed a tre mesi dal terremoto a mons. Paolo Bizzetti, vicario apostolico dell’Anatolia e presidente del consiglio direttivo dell’associazione AMO (‘Amici del Medio Oriente’), abbiamo chiesto di raccontarci la situazione nelle zone colpite dal terremoto in Turchia: “La Presidenza per la gestione dei disastri e delle emergenze (AFAD) di Türkiye ha riferito che sono 9.100.000 le persone direttamente interessate, 50.000 persone uccise, 107.000 feriti e 3.000.000 persone sfollate. Il governo, con il sostegno dei partner umanitari, ha fornito riparo e alloggio a quasi 4.000.000 persone colpite dai terremoti.

Tuttavia, nelle regioni più gravemente colpite, circa 1.700.000 persone hanno fatto ricorso all'auto insediamento in siti informali o vicino alle loro case danneggiate, facendo affidamento su tende o rifugi di fortuna e vivendo con il minimo indispensabile e un accesso limitato o nullo ai servizi. In questi insediamenti informali è segnalata una significativa mancanza di acqua, servizi igienico-sanitari e strutture igieniche.

Nonostante alcuni soccorsi, le persone in queste situazioni necessitano ancora di assistenza con alloggi migliori, articoli per la casa di base e migliori servizi idrici, sanitari e igienici. La risposta ai terremoti è guidata dal governo di Türkiye, coordinata attraverso la Presidenza per la gestione dei disastri e delle emergenze (AFAD) e con la Mezzaluna Rossa turca (TRC). La comunità umanitaria internazionale sostiene il governo di Türkiye nel fornire assistenza immediata alla popolazione colpita. Scuole ripartite in cinque distretti ma non c’è un calendario per la riapertura degli altri”.

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Come vive la popolazione questa situazione?

“La popolazione è stanca e stremata. Questo terremoto ha colpito una zona già fragile e vulnerabile. Un confine denso di complessità. Molti sono i poveri che dormono in tenda e che cercano rifugio. Attualmente ci sono ancora scosse di assestamento, i traumi e la paura sono presenti tra la gente. Chi ha la casa agibile, cerca pian piano di riprendere un ritmo di vita ordinario e chi ha la possibilità di lavorare in alcuni settori, certo non manca di lavoro. Diversa è la situazione di chi ha perso casa perché è costretto ad andare nelle tendopoli o nei container approntati da AFAD con una forte organizzazione della vita del campo, per cui non è possibile andare e venire liberamente, per vari motivi. Con l’arrivo del caldo inoltre, sarà difficilissimo vivere sotto le tende.

Quello però che mi colpisce è la capacità di resilienza del popolo turco che affronta la tragedia con molta dignità e forza d’animo. Questo non significa che manchino i problemi perché, per esempio, i contadini e gli artigiani avrebbero bisogno di libertà di movimento per poter riorganizzare le loro attività e seguire gli animali o i campi. Le scuole, purtroppo, rimangono ferme ed i giovani perderanno l’anno scolastico.

Una città come Antiochia, poi, per adesso è percorsa solo da centinaia di camion che portano via le macerie: l’aria è irrespirabile e i danni ecologici si faranno sentire nel tempo. Speriamo però che prima di ricostruire la nuova Antiochia, si possano fare degli scavi archeologici per far emergere le grandi ricchezze del passato. Sarebbe un bel modo anche per rilanciare il turismo internazionale in questa che era la terza città dell’Impero romano”.

Con quali opere la Chiesa è presente nell’aiuto alla popolazione?

“Dopo i terremoti del 6 febbraio, la Chiesa in Turchia costantemente supporta la risposta di soccorso.  Caritas continua a sostenere l'Appello di risposta rapida, fornendo forniture essenziali, tra cui materiali per ripari di emergenza, coperte, kit per l'igiene, forniture mediche e cibo e articoli da cucina alle persone colpite dal terremoto. Inoltre Caritas in Turchia si sta preparando per la risposta di lungo periodo”.

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 Quale accoglienza offrire a chi fugge da guerre e disastri naturali?

“Sono stati istituite prime accoglienze nelle strutture della chiesa e offerti supporto di alloggi e tende a molti terremotati in particolare la diocesi di Anatolia ha ospitato nelle varie strutture più di 400 terremotati mentre Izmir e Istanbul hanno supportato in diverse forme 100 famiglie sfollate”.

In quale modo è possibile aiutare la popolazione?

“Certamente tenendo viva la conoscenza di quanto sta succedendo. Ci vorranno anni per trovare sistemazioni decorose per i più disagiati. Inoltre che tipo di ricostruzione si vuole fare? Si dice per esempio che la parte antica di Antiochia verrà spianata completamente e verrà costruita una nuova città cancellando senza distinzione luoghi religiosi che potrebbero essere riparati così come alcune case tipiche. Sarà così? Sarebbe una perdita culturale enorme”.

Quali finalità persegue l’associazione degli ‘Amici del Medio Oriente’ (AMO)?

“AMO da 20 anni segue le realtà delle chiese cristiane del Medio Oriente, in particolare la Turchia. Ha finanziato borse di studio per giovani meritevoli, cristiani e non. Ha promosso viaggi di studio e pellegrinaggi con particolare attenzione alle realtà culturali di tutte le religioni. Ha sostenuto una scuola per mantenere in vita la lingua aramaico / siriaca e guest house per giovani che desiderano fare degli stage nelle terre dei loro antenati. Inoltre sostiene corsi di teologia per laici e dialogo interreligioso. Ha finanziato la catalogazione della biblioteca del Vicariato di Anatolia. Infine in occasione di catastrofi naturali, promuove raccolte di aiuti a favore dei più disagiati, senza distinzione di religione o etnia”.