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Volontari due volte, l’azione pro-sociale nella Società di San Vincenzo De Paoli

Presentata una ricerca per comprendere meglio l’identità, la natura, le forme e le caratteristiche dell’azione volontaria

Il simbolo della Società San Vincenzo de' Paoli  |  | pd Il simbolo della Società San Vincenzo de' Paoli | | pd

Comprendere meglio l’identità, la natura, le forme e le caratteristiche dell’azione volontaria, attraverso un’indagine tra i membri della nostra organizzazione, ovvero una delle più grandi e consolidate OdV (Organizzazione di Volontariato) dell’Italia. E’ lo scopo della ricerca presentata oggi diretta dal sociologo prof. Andrea Salvini, docente all’Università di Pisa.

L’analisi dei risultati ha confermato l’esistenza di una forte vocazione alla base del servizio svolto nel sostegno e contrasto alle povertà, ma ha messo in luce anche molti aspetti critici comuni al volontariato d’ispirazione cattolica, alle dinamiche che lo attraversano, innescando una riflessione più ampia sul rapporto tra fede e volontariato organizzato e sulle trasformazioni in atto.

Nella prefazione alla ricerca il presidente nazionale dell’associazione, Antonio Gianfico, ha spiegato l’idea della ricerca: “La linfa vera dell’associazione sono i volontari che operano sui territori, nelle periferie più lontane, che con il proprio fare, giorno dopo giorno, rendono grande la nostra organizzazione. L’alchimia corretta per una governance efficace è basata, quindi, sulla consapevolezza che il cuore della San Vincenzo è il singolo confratello che si riconosce all’interno di una grande famiglia, la Società di San Vincenzo De Paoli”.

Quindi la ricerca è sorta da una necessità: “Su tale premessa è nata l’idea di realizzare questa indagine che ha cominciato a prendere forma nel 2018, quando si è avvertita la necessità di capire dove stiamo andando, quale ruolo stiamo occupando in una società che cambia sempre più velocemente dal punto di vista sociale, economico e in particolare in un periodo storico interessato da una grande trasformazione del volontariato, vedi la riforma del Terzo Settore. Era necessario chiamare in causa più confratelli possibile per dare risposta a questi interrogativi”.

Introducendo il volume il prof. Salvini ha sottolineato che il volontariato è un ‘valore sociale’: “Una variabilità che costituisce una ricchezza per le comunità territoriali, un ‘capitale sociale’ che esprime una significativa propensione dei cittadini a dedicare il proprio tempo e le proprie capacità a servizio delle fasce più deboli della popolazione.

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Tuttavia, la differenziazione delle risorse collettive diviene capitale sociale solo nella misura in cui si riduca la frammentazione e la ‘disconnessione’ tra i soggetti organizzati, e si moltiplichino le esperienze di lavoro comune, mediante la compartecipazione ad attività progettuali condivise”.

Ha sottolineato la natura della Società di san Vincenzo de Paoli: “La Società di San Vincenzo De Paoli è una grande associazione di volontariato di ispirazione cattolica; questa circostanza consente di aprire una serie di finestre tematiche, a carattere teorico e sostantivo, di notevole rilevanza sociologica”.

Ed ha delineato la missione dell’organizzazione cattolica: “La sua ‘missione’ è, dunque, duplice: da una parte, costituire un luogo in cui i credenti possano sperimentare e ‘sfidare’ la propria fede, al di là degli orizzonti delle istituzioni ecclesiali; dall’altra offrire al territorio un insieme di risorse che possano contribuire ad alleviare specifiche situazioni di disagio, integrandosi con i servizi che sono realizzati nelle comunità servite”.

Dalla ricerca è emerso il motivo per cui i volontari della Società di San Vincenzo de’ Paoli sono ’volontari due volte’:  “Proprio per questo duplice aspetto, secolare e religioso, possiamo dire che le socie e i soci della SSVP sono volontari due volte: volontari per fede e volontari per coscienza sociale e civile, due dimensioni che si integrano e si traducono in una fitta rete di azioni e interazioni rivolte verso le situazioni di difficoltà delle comunità”.

La Società di San Vincenzo de’ Paoli costituisce un’organizzazione a carattere internazionale, che assume la struttura ‘nidificata’, che parte dalla dimensione locale per estendersi alla dimensione globale: “Questa configurazione strutturale è esito di un duplice fattore: da una parte, la volontà esplicita del fondatore della Società, il beato Frédéric Ozanam, di organizzare le attività della nascente associazione in piccoli gruppi, le Conferenze, con il chiaro intento di garantire un’alta coesione interna tra i membri; dall’altra, la moltiplicazione (peraltro assai rapida e consistente), delle Conferenze stesse, processo che implica necessariamente la costruzione di un meccanismo di integrazione tra i diversi gruppi territoriali, garantito dalla costituzione di gruppi sovra-ordinati su più livelli, le cui relazioni si fondano sul principio di sussidiarità verticale”.

L’impronta dei suoi fondatori, specialmente di Frédéric Ozanam sugli assetti attuali della Società è evidente: le ‘Conferenze della Carità’ nascono a Parigi, nel 1833 ad opera di un gruppo di giovani intellettuali cattolici, tra i quali Ozanam, che si rivela una figura carismatica di prima rilevanza; esse sono state poste sotto il ‘patronato’ di san Vincenzo De Paoli nel febbraio del 1834, e da quel momento hanno assunto la denominazione di Società di San Vincenzo De Paoli; essa fu riconosciuta ufficialmente dalle autorità ecclesiastiche nel 1845, sebbene abbia mantenuto e difeso con determinazione il proprio status di associazione laicale.

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Il volume spiega bene il significato del ‘carisma vincenziano’, che si fonda su uno stile ‘vocazionale’, che integra preghiera ed azione: “Essere parte della SSVP significa aderire e far propri i caratteri del ‘carisma vincenziano’, che indica il ‘modo di essere’ dei membri sia dal punto di vista della vita di fede che da quello dell’orientamento pratico verso le persone in condizioni di disagio. La ‘dualità’ di cui si è parlato più volte, trova in questa ‘chiamata vocazionale’ il suo fondamento più solido e duraturo. Ne deriva che il ‘carisma vincenziano’ è il momento in cui la duplicità dei caratteri (quello spirituale e quello operativo) si integra in un unico modello di riferimento per i volontari e le volontarie; il ‘carisma’ configura un cammino, un percorso pedagogico, mai definitivo, in cui si sperimenta e si approfondisce il proprio modo ‘personale’ di rispondere a quella chiamata vocazionale”.