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Carmelitane Scalze: nel terremoto l’attesa della Speranza

Carmelitane Scalze in preghiera |  | Carmelitane Scalze
Carmelitane Scalze in preghiera | | Carmelitane Scalze
I danni al monastero delle Carmelitane Scalze |  | Carmelitane Scalze
I danni al monastero delle Carmelitane Scalze | | Carmelitane Scalze

In una recente lettera al Movimento Ecclesiale Carmelitano le sorelle carmelitane scalze del monastero di Santa Teresa di Tolentino, città maceratese colpita fortemente dal terremoto del 30 ottobre scorso, ringraziano tutti coloro che in questi mesi le hanno aiutate: “Grazie per il frutto della vostra generosità che ci è giunto, a conferma dell’attenzione verso il momento difficile che stiamo vivendo e della fraternità che ci unisce. In questi mesi di ‘esilio’ da Tolentino, con tante incertezze per il futuro, l’appartenenza alla famiglia del Carmelo, la preghiera e l’amicizia sono rimaste il tesoro più prezioso, inattaccabile ad ogni scossa. Più ancora delle mura di pietra, a dare stabilità alla nostra esistenza è l’aver casa in cuori che ci vogliono bene. E quest’esperienza, dal 30 ottobre ad oggi, non ha fatto che dilatarsi e approfondirsi. Grazie anche a voi! La nostra riconoscenza si fa quotidiana preghiera al Signore, roccia salda su cui rifondiamo la nostra vita con la semplicità dei piccoli e l’umile tenacia dei poveri. Noi pure ci affidiamo alla vostra intercessione, perché la Grazia illumini le scelte che ci attendono e orienti i nostri passi al vero Bene della nostra Comunità”.

Quindi da quella terribile scossa le carmelitane scalze hanno dovuto lasciare, loro malgrado, la città e trovare ‘rifugio’ nel monastero delle carmelitane di Fano: “L’accoglienza al Carmelo di Fano è stata da subito colma di tanto calore, affetto e premure da farci per un attimo dimenticare quanto avevamo vissuto, per godere la gioia di appartenere alla famiglia del Carmelo Teresiano, sentendoci da subito sorelle anche senza mai esserci prima conosciute. Una volta di più abbiamo fatto esperienza dell’Amore del Padre che mai ci abbandona… I tanti segni di aiuto che ci sono giunti in questi giorni sono anzitutto un ‘balsamo’ per le ferite del cuore: non è stato facile lasciare Tolentino, con il suo tesoro di relazioni, di tradizioni e di iniziative. Solo obbedendo a un progetto d’amore del Padre, pur manifestato in una realtà così sconcertante, ci è possibile conservare la serenità e custodire per tutti la speranza. Ringraziamo fin d’ora quanti vorranno in ogni modo aiutarci anche a guarire le… ferite dei muri, per poter rientrare nel nostro Monastero”.

A distanza di mesi abbiamo chiesto di raccontarci la loro situazione: “La scossa di terremoto del 30 ottobre 2016 ha reso completamente inagibile il nostro Monastero. Già quella sera, le nostre Sorelle di Fano ci hanno accolte tutte insieme, con una generosità così immediata e affettuosa che ci ha fatto sperimentare tutta la forza e la bellezza di appartenere alla famiglia del Carmelo Teresiano. Ci troviamo ancora qui con loro, un po’ allo stretto, evidentemente, perché siamo in trenta a condividere spazi e ambienti pensati per una ventina di monache. Stiamo vivendo insieme un’avventura nuova, faticosa e feconda, sofferta, ma anche ricca di tanto bene”.

Quanto manca Tolentino?

“Lasciare Tolentino, con il suo tesoro di relazioni, di tradizioni e di iniziative è stato per tutte molto doloroso. Abbiamo perso riferimenti a noi cari e preziosi, ma sappiamo che anche la nostra Comunità era per molti un riferimento, con la Santa Messa delle ore 7.30 e un volto amico da poter incontrare in parlatorio… Non sappiamo quando potremo tornare, e non sappiamo con precisione nemmeno dove andremo per restituire alla Comunità di Fano e alla nostra la necessaria autonomia, in attesa della ricostruzione. Nella lontananza il cuore si dilata con la preghiera che abbraccia tutti e che custodisce le amicizie nell’Amore più grande del Signore”.

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Come vivere la speranza oltre il terremoto?

“In questo periodo anche per noi non è stato sempre facile mantenere accesa la fiammella della speranza, così veloce a spegnersi sotto il vento gelido della sofferenza, della paura e dei dubbi per il futuro. Noi siamo certamente privilegiate: la scossa del 30 ottobre non ha causato vittime, e qui, pur con qualche comprensibile disagio, non ci manca nulla. Davanti a chi ha perso sotto le macerie i propri famigliari e ancora vive nei tendoni, possiamo solo impegnarci a credere che il Signore non lascia nessuno da solo nel proprio dolore. Il Suo Amore è tanto forte da penetrare anche nelle pieghe di una realtà così devastante come il terremoto. In realtà la speranza può nascere solo dalla Pasqua di Gesù: in Lui siamo certi che il male e la morte non hanno l’ultima parola. La rete di solidarietà e di amicizia che si crea in queste circostanze è come un riflesso, una conferma tangibile del Suo ‘essere con noi’ per condurci dalla Croce all’alba della Risurrezione”.

Nel messaggio per la Quaresima il Papa ha scritto che la Parola è un dono: come vivere questo tempo in attesa della Pasqua di resurrezione?

“Certamente la Parola di Dio è un dono, ma troppo spesso lo diamo per scontato. Quando riceviamo regalo, di solito ci prendiamo tempo per aprirlo e la nostra attenzione è ben desta a scoprire la sorpresa. Guardiamo negli occhi chi ce lo porge per scorgere la soddisfazione del suo sguardo. Ringraziamo e poi, magari, pensiamo a come ricambiare adeguatamente chi ci ha offerto quel segno di affetto e di amicizia. Facciamo così anche con il Signore che ci regala la Sua Parola? Il Tempo di Quaresima torna come invito a restringere qualche nostra esigenza per lasciare spazio al Signore. Fermarsi sulla Sua Parola è una bella sfida per chi è risucchiato fra mille impegni di famiglia e di lavoro. E tuttavia, solo aprendo uno spiraglio di tempo ogni giorno, possiamo riscoprire che la Parola è davvero un regalo di Dio per quello che siamo e che facciamo qui e ora. Ci aiuta a conoscere il nostro cuore, i desideri più profondi e le inclinazioni che non ci portano alla vera gioia. Ci indica la strada da percorrere per vivere appieno le potenzialità che il Creatore ha posto nel nostro essere. Soprattutto (ed è forse quello che più facilmente dimentichiamo) il Signore parla al nostro cuore per ripeterci instancabilmente la Sua tenerezza e la Sua Misericordia senza confini, il Suo desiderio struggente di trasformare le nostre ‘pieghe storte’ e il nostro dolore in occasione di Grazia e di bene”.