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La giornata dei martiri armeni in attesa di Francesco

La targa che ricorda la visita di Giovanni Paolo II a Tsitsernakaberd |  | pd La targa che ricorda la visita di Giovanni Paolo II a Tsitsernakaberd | | pd

Quella parola: genocidio. Quella parola che la storia sembrava non voler pronunciare e che invece hanno scritto e pronunciato i Papi e che forse Francesco userà di nuovo proprio là, in Armenia. Domani si ricorda quello che c’è dietro “il grande male” la grande persecuzione.

Agli armeni Francesco aveva detto che è necessario e doveroso ricordare i martiri “perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!”. A giugno sarà in Armenia per medicare la ferita.

Da quel “grande male” sono nati beati e santi: sangue dei martiri seme di nuovi cristiani.Due di loro sono vescovi, Ignazio Maloyan e Flaviano Michele Melki.

Nel 2001 Giovanni Paolo pregò davanti al Memoriale di Tzitzernakaberd con parole che ricordavano l’impegno dei Pontefici per scongiurare il genocidio. Oggi più che mai quella preghiera  si leva da tutto il popolo cristiano in attesa che di nuovo un vescovo di Roma alzi la sua voce.

 

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O Giudice dei vivi e dei morti, abbi pietà di noi!

Ascolta, o Signore, il lamento che si leva da questo luogo,
l’invocazione dei morti dagli abissi del Metz Yeghérn,
il grido del sangue innocente che implora come il sangue di Abele,
come Rachele che piange per i suoi figli perché non sono più.
Ascolta, o Signore, la voce del Vescovo di Roma,
che riecheggia la supplica del suo Predecessore, il Papa Benedetto XV,
quando nel 1915 alzò la voce in difesa
"del popolo armeno gravemente afflitto,
condotto alla soglia dell’annientamento".

Guarda al popolo di questa terra,
che da così lungo tempo ha posto in te la sua fiducia,
che è passato attraverso la grande tribolazione
e mai è venuto meno alla fedeltà verso di te.
Asciuga ogni lacrima dai suoi occhi
e fa che la sua agonia nel ventesimo secolo
lasci il posto ad una messe di vita che dura per sempre.

Profondamente turbati dalla terribile violenza inflitta al popolo armeno,
ci chiediamo con sgomento come il mondo possa ancora
conoscere aberrazioni tanto disumane.
Ma rinnovando la nostra speranza nella tua promessa, o Signore,
imploriamo riposo per i defunti nella pace che non ha fine,
e la guarigione, mediante la potenza del tuo amore, di ferite ancora aperte.
La nostra anima anela a te, Signore, più che la sentinella il mattino,
mentre attendiamo il compimento della redenzione conquistata sulla Croce,
la luce di Pasqua che è l’alba di una vita invincibile,
la gloria della nuova Gerusalemme dove la morte non sarà più.

O Giudice dei vivi e dei morti, abbi pietà di noi!