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Il Cardinale Cantalamessa: "Bisogna ripartire dalla persona di Cristo"

Il “fatto di non glorificare e ringraziare abbastanza  Dio a noi sembra un peccato, ma non così terribile e mortale. Bisogna capire cosa si nasconde dietro di esso: il rifiuto di riconoscere Dio come Dio, il non tributare a lui la considerazione che gli è dovuta. Consiste nell’ignorare Dio, dove ignorare non significa tanto non sapere che esiste, quanto fare come se non esistesse”. Lo ha detto stamane il Cardinale Raniero Cantalamessa, Predicatore della Casa Pontificia, in occasione della Seconda Predica di Quaresima dedicata al tema della evangelizzazione.

Oggi – ha aggiunto – si tende a non “mettere qualcosa - neppure se stessi - al posto di  Dio, ma nell’abolire, puramente e semplicemente, il ruolo indicato dalla parola Dio. Nichilismo! Il Nulla al posto di Dio”.

 

“L’evangelizzazione – ha osservato il porporato - non comincia con la morale, ma con il kerygma; nel linguaggio del Nuovo Testamento, non con la Legge, ma con il Vangelo. Non sono gli uomini che, improvvisamente, hanno mutato vita e costumi e si sono messi a fare il bene. Il fatto nuovo è che, nella pienezza dei tempi, Dio ha agito, ha rotto il silenzio, ha teso per primo la sua mano all’uomo peccatore”.

“Cosa dice la parola di  Dio – si domanda il Cardinale Cantalamessa - a una Chiesa che - pur ferita in se stessa e compromessa agli occhi del mondo - ha un sussulto di speranza e vuole riprendere, con nuovo slancio, la sua missione evangelizzatrice? Dice che bisogna ripartire dalla persona di Cristo, parlare di lui a tempo e fuori tempo; non dare mai per esaurito, o supposto, il discorso su di lui. Gesú non deve stare sullo sfondo, ma al cuore di ogni annuncio. Il mondo secolare fa del tutto (e purtroppo ci riesce!) per tenere il nome di Gesú lontano, o taciuto, in ogni discorso sulla Chiesa. Noi dobbiamo fare del tutto per tenerlo sempre presente. Non per ripararci dietro di esso, ma perché è lui la forza e la vita della Chiesa”.

Il Predicatore ribadisce infine “la necessità di fare sempre più assegnamento sui laici, uomini e donne, per l’evangelizzazione. Essi sono più inseriti nelle maglie della vita in cui si realizzano di solito quelle circostanze. Anche per la scarsità del numero, a noi del clero riesce più facile essere pastori che pescatori di anime: più facile pascere con la parola e i sacramenti quelli che vengono in Chiesa, che andare in alto mare a pescare i lontani. I laici possono supplirci nel compito di pescatori. Molti di essi hanno scoperto cosa significa conoscere un Gesú vivo e sono ansiosi a condividere con altri la loro scoperta”.

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