Roma, 08 July, 2025 / 12:30 AM
Portando le reliquie di San Volodymir nella Basilica di Santa Sofia, per la Divina Liturgia del 6 luglio, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk è andato alle radici della Chiesa greco-cattolica ucraina, ma anche alle radici dell’ucrainicità. Perché fu il principe Volodymir a volere il battesimo della Rus’ di Kyiv, ben prima che Mosca fosse fondata, dando il via ad una storia ormai millenaria. E riaffermarlo significa, in maniera simbolica, riaffermare il diritto di un popolo ad esistere e vivere, nonostante la guerra.
La Divina Liturgia del 6 luglio, nella Basilica di Santa Sofia voluta dall’arcieparca Josip Slipyi come una “casa” per la comunità in diaspora, rappresenta il culmine di una settimana in cui a Roma si è celebrato il Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina. La Messa presieduta da Leone XIV, da cui hanno tratto forza e fiducia, e le relazioni dei cardinali Gugerotti e Koch sono stati tra i momenti salienti di una settimana in cui i vescovi della più grande delle Chiese sui iuris – ovvero, con una giurisdizione propria – hanno parlato, ancora una volta da ormai tre anni a questa parte, di come essere pastori in tempo di guerra, e in particolare della “pastorale familiare in tempo di guerra”.
Di cosa si è parlato, dunque, in questi giorni? Il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani, ha ricordato che le Chiese orientali cattoliche hanno “una particolare responsabilità” anche nell’opera di ricomposizione dell’unità dei cristiani e ha ringraziato la Chiesa grecco-cattolica ucraina per il suo attivo coinvolgimento nel dialogo ecumenico.
Il 30 giugno, il Cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, ha voluto anche lui portare il messaggio di “gratitudine per quello che fate, per quello che siete, per il coraggio che date alle persone, ai sacerdoti, alle loro famiglie e atutti i fedeli”, e ha ribadito l’impegno della Santa Sede nel sostenere la Chiesa greco-cattolica ucraina.
C’è stato spazio anche per una relazione congiunta dei coniugi Roman e Natalia Prokpyv, leader della comunità “Movimento delle Famiglie Cristiane” che da oltre venti anni lavorano con le famiglie nella Chiesa, e che hanno parlato della “Esperienza di lavoro con le famiglie in tempo di guerra”, in cui hanno testimoniato dolore, forza e fede che tengono unite le società ucraine.
La coppia ha ricordato di aver ricevuto al Sinodo di Zarvanytsia nel 2019 il compito di ampliare la propria esperienza insegnando ad altre famiglie, ed è così nato il programma “Di famiglia in famiglia. Crescere, testimoniare e servire”, con una parte teorica e una pratica che consiste in materiali già pronti per organizzare incontri, campi, vacanze e corsi di formazione, e che è stato utilizzato già da oltre 100 famiglie.
Particolarmente significativa la relazione sul “Sostegno alle famiglie in lutto” tenuta da padre Ihor Boyko, rettore del seminario teologico dello Spirito Santo di Lepoli e preside della Facoltà di Bioetica della Chiesa greco-cattolica ucraina, il quale ha auspicato la creazione di gruppi di mutuo soccorso come centri di guarigione, solidarietà e speranza.
Il 7 luglio, il Vescovo Vasyl Tuchapets, responsabile del Dipartimento per la Pastorale Sociale della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, ha parlato di come la Chiesa sta rispondendo alle sfide della guerra nel campo della pastorale sociale e dell'assistenza alle vittime. Il Vescovo ha presentato una relazione dettagliata sulla pastorale sociale della Chiesa per il 2024, sottolineando come
circa 12,7 milioni di persone in Ucraina necessitano di aiuti umanitari, ma solo un terzo di loro può essere raggiunto con le risorse internazionali.
Il 5 luglio 2025, durante il Sinodo dei Vescovi dell'Ukraina, la presidente di "Caritas Ucraina" Tetyana Stavnycha ha presentato un rapporto sulle attività dell'organizzazione nel 2024, che è attiva da 30 anni e che è ormai una delle più grandi strutture caritatevoli in Ucraina.
Nel 2024, Caritas Ucraina riuniva 47 organizzazioni locali, oltre 2.600 dipendenti, oltre 11.000 volontari registrati, di cui circa 2.400 attivi, oltre a 300 sedi parrocchiali con il potenziale di arrivare a 1.000. Nonostante la prima ondata di tagli ai finanziamenti nel campo degli aiuti umanitari, l'organizzazione ha continuato a rispondere alle numerose sfide della guerra.
Tra i principali ambiti di intervento sono figurati: l'evacuazione dalle zone di prima linea, l'assistenza alle persone con bisogni primari (alloggio, cibo, acqua, igiene, servizi medici), il supporto alla salute mentale e lo sviluppo comunitario. L'organizzazione non si è limitata a rispondere alla crisi, ma ha anche iniziato a cercare soluzioni a lungo termine, attraverso programmi di stabilizzazione e ripensando il proprio sviluppo strategico.
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