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Un servizio di EWTN News

Paolo VI ai romani, il Convegno ecclesiale del 1976 e il rischio della divisione

"Questo prossimo convegno circa «l’evangelizzazione e la promozione umana», del quale si sta tanto parlando in questi giorni, può acquistare importanza orientatrice per la vita cattolica a seconda delle intenzioni buone, o ambigue da cui deriva ed a cui tende. Occorre rendersi conto in partenza della mentalità da cui muove e della mentalità che intende servire. Esso è un cammino ideale: col viso rivolto verso il sole? Ovvero con le spalle che il sole convertirà in ombre inquietanti sul sentiero da percorrere? Perciò, ancora una volta, noi, senza entrare ora nei temi che il convegno intende proporre, ci esaminiamo sulla mentalità che tale avvenimento può risvegliare e formare, e ci chiediamo, per usare una frase corrente, «quale nuova maniera esso ci proporrà per essere cristiani» nella vita sociale specialmente".

E' il 20 ottobre 1976. All' udienza generale Papa Paolo VI affronta il tema dei temi: Il primo Convegno nazionale della Chiesa italiana che si apre a Roma proprio quel giorno.

L'intento secondo quanto scrivono i vescovi italiani è di “imprimere una spinta vigorosa all’azione apostolica e missionaria della Chiesa in Italia”. Sono passati solo dieci anni dalla conclusione del Concilio e serve anche un rinnovamento della vita delle comunità.

“Evangelizzazione e promozione umana” è il tema dei lavori, che si aprono con tre relazioni generali, seguite da quattro comunicazioni, da una tavola rotonda sulla mediazione culturale e dalle sedute delle dieci commissioni in cui si suddividono i 2500 partecipanti. Il Convegno è presieduto dal card. Antonio Poma, presidente della Cei, affiancato da mons. Luigi Maverna, da padre Bartolomeo Sorge e da Giuseppe Lazzati. Gli interventi fondamentali sono affidati a mons. Giovanni Nervo, Paola Gaiotti, Achille Ardigò, Giuseppe De Rita e mons. Filippo Franceschi.

Il Papa nella udienza della mattina offre una riflessione "romana" nel senso di "cattolica".

Quello del Papa è un invito "ad apportare a questa assemblea uno spirito cristiano autentico, cioè quanto mai desideroso di convergenza, di unità; di quell’unità che nasce dalla carità compenetrata dall’adesione alla medesima verità (Cfr. Eph. 5, 15), alla fede propria della nostra Chiesa, anzi della Chiesa di Cristo in quanto tale (Cfr. Io. 17, 21-23)".

Sembra scritto per l'oggi questo discorso che mette in guardia dal pericolo del "pluralismo autonomo e arbitrario, oggi penetrante anche fra cattolici inclini a confonderlo con una legittima libertà di opinioni e con una doverosa fecondità di espressioni sostanzialmente univoche".

I pericoli che il Papa mette in evidenza sono modernissimi: "l’autocritica, ad esempio, cioè l’esame di coscienza che il cristiano deve fare sopra se stesso, e che ha ispirato non poca letteratura di questi ultimi tempi, si è mutata in contestazione abituale, e quasi normalmente per battere non il proprio petto, ma l’altrui, rendendo amara e spesso polemica la convivenza fraterna e privandola dei carismi suoi propri, la concordia, la letizia, l’operosità: così la Chiesa non sarebbe più se stessa".

E ancora: "Il fervore della vita moderna ha messo in maggiore evidenza i bisogni di categorie immense di persone tenute in livello sociale inferiore: ottima cosa avere l’avvertenza di questa troppo invalsa anomalia della civiltà; ma l’ansia di portare rimedio a questi strutturali disordini ha dato motivo a rendere insanabili e profonde le divisioni e la lotta fra le classi, e quindi a generare nuovi malanni e nuova infelicità: la ricerca, per sé doverosa, dei fini economici e prossimi, ha fatto dimenticare anche ad alcuni dei nostri la ricerca dei fini superiori della vita umana, con danno del bene globale di cui essa ha bisogno, del bene morale e religioso, che deve sempre primeggiare su ogni altro bene desiderabile, non foss’altro per renderlo conseguibile e godibile (Cfr. Matth. 6, 33)".

E poi la tentazione più contemporanea quella "di mettersi al passo con i vincitori, di oggi o di domani. Soffrire per la fedeltà sarebbe impegno nativo, dal battesimo in poi del cristiano (Cfr. Io. 16, 20); ma il conformismo, anche spericolato, esercita una seduzione suffragata da tante seducenti ragioni e speranze.

E tante altre forme di inquietudine, relative alla propria e all’altrui adesione ad una vita cristiana forte, integra e gioiosa, rendono per alcuni facile l’ipotesi che il famoso e atteso convegno, sarà piuttosto causa di contrasti, che di consensi. No, Fratelli e Figli, Colui che ci ha chiamati, nella Chiesa di Dio, «all’ammirabile sua luce» (1 Petr. 2, 9) prepara certamente un’occasione propizia a quella rinnovata pienezza di vita che noi, tanto per intenderci, salutiamo come la «civiltà dell’amore»" .

 

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