Washington, 09 August, 2025 / 4:00 PM
È la settimana dell’80esimo anniversario dello sganciamento della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, e Leone XIV lo ha ricordato con un testo denso al termine dell’udienza generale del 6 agosto scorso, giorno in cui fu sganciata la bomba di Hiroshima, e poi con un messaggio al vescovo di Hiroshima Shirahama. Papa Francesco aveva dichiarato immorale il solo possesso delle armi nucleari, Leone XIV continua su questa strada, sottolineando il dramma del paradigma della minaccia della reciproca distruzione che, tra l’altro, fu alla base di buona parte della Guerra Fredda e che è tornato anche oggi.
Intanto, dopo mesi di stallo al Senato a causa di un emendamento democratico, l’ambasciatore designato degli Stati Uniti Brian Burch ha ricevuto finalmente la luce verde parlamentare e potrà cominciare così a rappresentare il presidente Trump a Villa Richardson. Nella settimana, il nuovo ambasciatore di Colombia presso la Santa Sede ha presentato anche copia delle lettere credenziali.
Capitolo ucraina: interessante notare che ora la narrativa della Russia riguardi in particolare la protezione della Chiesa ortodossa russa sul territorio ucraino. E vale la pena di ricordare che la decisione del Patriarcato Ecumenico di concedere un tomos di autocefalia alla Chiesa Ortoodssa Ucraina, di fatto togliendo al Patriarcato di Mosca prerogative esclusive su quello che considerava un suo territorio canonico, è stata una delle motivazioni che hanno portato all’operazione speciale in Ucraina.
FOCUS STATI UNITI
Brian Burch confermato come ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede
Lo scorso 2 agosto, il Senato degli Stati Uniti ha confermato la nomina di Brian Burch come ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, con 49 voti a favore e 44 voti contro. Burch, fondatore della piattaforma CatholicVote, padre di nove figli, ha dichiarato: “Sono profondamente grato al presidente Trump e al Senato degli Stati Uniti per questa opportunità di servire come prossimo ambasciatore USA presso la Santa Sede. Come un orgoglioso cattolico americano, sono ansioso di rappresentare il presidente Trump, il vicepresidente Vance e il Segretario di Stato Marco Rubio in questa importante posizione diplomatica”.
Burch ha quindi chiesto “le preghiere di tutti gli americani, specialmente dei cattolici, perché possa servire in maniera onorevole e fedele in questa nobile avventura che mi attende”.
La nomina di Burch è rimasta bloccata in Senato dai Democratici a maggio, insieme ad altre 50 nomine, appena prima della messa di inizio pontificato di Leone. Era il risultato dell’iniziativa del Senatore Brian Schatz, delle Hawaii, che aveva posto un blocco su diverse nomine di Trump come protesta per la decisione dell’amministrazione Trump per aver smantellato USAid, l’agenzia Usa per lo sviluppo internazionale. Lo smantellamento di USAid aveva messo in crisi diverse organizzazioni cattoliche che contavano sugli aiuti dell’agenzia. Un “blocco” – chiamato blanket hold – è sostanzialmente una minaccia di evitare un voto rapido per il nominato al Senato. I Repubblicani hanno 53 senatori, e dunque i democratici non possono affossare da soli il processo. Possono però rallentarlo, distogliendo di fatto l’attenzione da altri disegni di legge e altri progetti. Il 31 luglio, il leader della maggioranza del Senato, John Tune, ha archiviato la procedura sulla conferma di Burch, ponendo fine al ritardo.
Burch ha anche affermato di avere “l’onore e la fortuna di servire in questo ruolo a seguito della storica elezione del primo Papa americano. In una notevole coincidenza, che preferisco attribuire alla provvidenza, Leone XIV viene da Chicago, che è anche la mia città”.
Secondo Burch, “la relazione tra la Santa Sede e gli Stati Uniti resta una delle più uniche al mondo, con l’impatto globale e la testimonianza morale della Chiesa cattolica che serve come una componente critica degli sforzi degli Stati Uniti di portare avanti pace e prosperità”.
Kelsey Reinhardt, nominata nel frattempo presidente di CatholicVote, l’organizzazione fondata da Burch, ha affermato in una dichiarazione che “negli ultimi 17 anni, Burch ha portato avanti fedelmente la missione di CatholicVote di ispirare i cattolici americani a vivere la loro fede nella vita pubblica. Abbiamo fiducia che eccellerà allo stesso modo in questo nuovo ruolo e siamo per sempre grati dell’eredità fondativa che ha lasciato e dell’impatto che ha avuto su milioni di cattolici nella nazione”.
Prima dell’approvazione al Senato, Burch era stato approvato dalla Commissione degli Affari Esteri del Senato. Nella commissione, i 12 membri repubblicani avevano votato a favore della nomina, mentre 10 democratici si sono opposti. A Burch erano state sottoposte domande sui tagli agli aiuti esteri, l’accordo Cina-Santa Sede, la guerra in corso tra Israele e Hamas.
Burch aveva supportato gli sforzi del segretario di Stato Marco Rubio a “rinforzare e rifocalizzare il nostro aiuto estero in posti che avrebbero reso l’America più sicura, forte e più prospera”, e si era impegnato a incoraggiare la Santa Sede a protestare contro l’intervento del governo cinese sull’elezione dei vescovi cattolici. Sul conflitto Israele – Hamas, Burch ha detto che ritiene che la Santa Sede “possa giocare un ruolo molto significativo” nel porre fine al conflitto e portare al rilascio degli ultimi ostaggi israeliani.
FOCUS EUROPA
La guerra in Ucraina e la Chiesa ortodossa russa
Lo scorso 1 agosto, il presidente russo Vladimir Putin ha ricevuto sull’isola di Valaam il presidente del Belarus Aleksandro Lukashenko. Nell’isola – che Putin frequenta quasi ininterrottamente dal 2000 – c’è un famoso monastero russo, il Monastero della Trasfigurazione, ed è lì che i due leader hanno partecipato a un servizio di preghiera, prima di tenere una breve conferenza stampa, riportata sul sito del Cremlino.
Buona parte delle notizie riguardava la guerra in Ucraina. Putin ha prima di tutto confermato che i missili Oreshnik russi saranno installati in Belarus entro la fine dell’anno – sono missili che possono raggiungere Londra dal Belarus in otto minuti.
Putin ha anche detto che le condizioni per il cessate il fuoco includono anche la questione umanitaria, vale a dire “l’indipendenza e condizioni decenti per lo sviluppo della Chiesa Ortodossa, della Chiesa cristiana in Ucraina”.
Vale la pena ricordare che il metropolita Antonij, nel suo primo incontro con Leone XIV il 27 luglio, ha reso noto che si è parlato anche della persecuzione della Chiesa Ortodossa Russa sul territorio. Il tema viene sollevato anche tra le cause del conflitto in Ucraina. Il Patriarcato di Mosca non ha mai accettata l’autocefalia concessa all’Ucraina per dare luogo ad una sua Chiesa ortodossa nazionale, perché ha sempre considerato il Patriarcato di Mosca come suo territorio canonico.
La questione è divampata quando il Parlamento ucraino ha approvato una legge che metteva fuori legge le organizzazioni religiose concordate dall’estero. Vale anche la pena ricordare che il metropolita Onufry, che guidava la Chiesa ortodossa legata a Mosca in Ucraina, ha dichiarato il 20 maggio e il 27 maggio che la Chiesa Ortodossa Russa era ormai indipendente dall’Ucraina.
In Ucraina, non ci sono ancora indicazioni su come la Chiesa Ortodossa Ucraina risponderà all'Ordine del DESS, datato 17 luglio.
L’ordine richiede alla Metropolia di Kiev della Chiesa Ortodossa Ucraina di adottare cinque misure per eliminare i "segni di affiliazione" con la Chiesa Ortodossa Russa: "fornire le decisioni dei massimi organi di autorità e gestione ecclesiastica... sul ritiro della Chiesa Ortodossa Ucraina dalla struttura della Chiesa Ortodossa Russa (ROC)"; "fornire la decisione dei massimi organi di autorità e gestione ecclesiastica... sull'annullamento per la Chiesa Ortodossa Ucraina di tutte le disposizioni dello Statuto della ROC"; "fornire le decisioni dei massimi organi dell'autorità e della gestione ecclesiastica... sul richiamo del clero, dei monaci, delle monache della Chiesa ortodossa ucraina (UOC) dal Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa, dai Consigli episcopali e locali della Chiesa ortodossa russa, dalla Presenza interconciliare della Chiesa ortodossa russa, dai dipartimenti sinodali e da altri organi di governo e canonici della Chiesa ortodossa russa e/o dalle organizzazioni religiose - divisioni canoniche della Chiesa ortodossa russa"; "fornire le decisioni delle massimi organi dell'autorità e della gestione ecclesiastica... sul riconoscimento come invalide le decisioni adottate dagli organi statutari della Chiesa ortodossa russa su questioni canoniche e organizzative delle attività della Chiesa ortodossa russa riguardanti l'annessione delle diocesi della Chiesa ortodossa russa, la nomina dei capi della Chiesa ortodossa russa delle amministrazioni diocesane della Chiesa ortodossa russa"; e che il Metropolita Onufry "dichiari pubblicamente, oralmente o per iscritto, il suo disaccordo con la nomina agli organi statutari della Chiesa Ortodossa Russa e prepari una dichiarazione corrispondente per la cessazione dei suoi poteri e la rottura dei legami con la Chiesa Ortodossa Russa".
Si tratta, dunque, di cinque richieste, che dovranno essere ottemperate entro il 18 agosto 2025, a meno che non venga richiesta e concessa una proroga fino a 60 giorni aggiuntivi. Se la Chiesa Ortodossa Russa è ora effettivamente indipendente dalla Chiesa Ortodossa Russa, i cinque passaggi sono passi molto logici da intraprendere per attuare tale status. Ma Onufry ha reso le dichiarazioni solo oralmente, per ora.
Poco più di una settimana prima dell’incontro con Leone XIV, Antonij aveva fatto sapere che la Santa Sede non sarebbe stata un luogo appropriato per eventuali negoziati di pace russo-ucraini perché la nazione ospite “dovrebbe aderire ad una posizione bilanciata e neutrale il più possibile”.
(La storia continua sotto)
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Lo stesso metropolita indicava come un esempio di assenza di neutralità da parte della Santa Sede il fatto che non siano state perlomeno limitate alcune dichiarazione della Chiesa Greco Cattolica Ucraina o del vescovo latino di Kyiv Vitaliy Krivitsky.
Il 28 luglio, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, aveva risposto a questa accusa di mancanza di neutralità affermando: “Non credo che il Vaticano possa essere accusato di non essere neutrale. Abbiamo sempre cercato, dicendo la verità, di essere vicino a entrambe le parti, e, soprattutto, di aiutare a trovare una via verso la risoluzione del conflitto”.
Ucraina, l’ambasciatore Yurash: “Il Papa prende sul serio gli invite a fare visita al Paese”
In una intervista rilasciata a lb.ua, Andriy Yurash, ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede, ha sottolineato che la Santa Sede sta seriamente valutando una possibile visita di Leone XIV in Ucraina.
Secondo il diplomatico, il neoeletto Papa Leone XIV ha mostrato un'attenzione eccezionale per l'Ucraina fin dai primi giorni del suo pontificato. Nel giorno della sua prima dichiarazione pubblica, ha dedicato la parte centrale del suo discorso alla questione ucraina.
Il giorno dopo ha avuto una conversazione telefonica con il presidente Volodymyr Zelensky e una settimana dopo lo ha ricevuto in un incontro ufficiale subito dopo la messa inaugurale, un passo senza precedenti per il protocollo vaticano. Yurash ha notato che Zelensky è stato il primo capo di Stato ricevuto ufficialmente da Leone XIV.
Il quale, ha spiegato ancora l’ambasciatore, sta anche sostenendo l’Ucraina a livello umanitario, e il 3 giugno ha incontrato 250 bambini ucraini che si trovano in Italia grazie al contributo del Vaticano e della Conferenza episcopale italiana.
Riguardo alla visita del Papa in Ucraina, Andriy Yurash ha confermato che la Santa Sede ha ricevuto un invito ufficiale dal presidente ucraino e dai vertici della Chiesa. Secondo il diplomatico, il Papa è "molto attento" a queste proposte, sta consultando diverse parti e si sta preparando a prendere una decisione.
"Speriamo che in autunno saremo pronti per alcune delle sue importanti decisioni. E, forse, questa buona notizia per l'Ucraina sarà tra queste", ha osservato l'ambasciatore.
Al momento, non ci sono viaggi papali confermati. Il Papa ha già fatto sapere che si sta lavorando sul piano, che già era di Papa Francesco, di essere a Nicea per il 1700esimo anniversario del primo Concilio Ecumenico. Sembra che il viaggio, che si prevede a fine novembre, potrebbe essere anticipato da una tappa in Algeria sulle orme di Sant’Agostino.
FOCUS ASIA
La commemorazione degli 80 anni della bomba atomica
Sono passati 80 anni dallo sganciamento della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, finora fortunatamente gli unici casi di uso di ordigni nucleari a scopo bellico della storia. In un mondo in cui la minaccia nucleare è stata di nuovo messa in luce, il Giappone, da sempre, ha fatto della resilienza e ricostruzione parte del suo sforzo per la pace e per il disarmo. In occasione dell’80esimo anniversario dello sganciamento dell’atomica, il Cardinale Isao Kikuchi, arcivescovo di Tokyo, ha sottolineato che “un mondo senza ordigni nucleari non è irrealistico” parlando di fronte alla Messa Memoriale per la Pace che si è tenuta ad Hiroshima lo scorso 5 agosto.
Non importa, ha detto il cardinale, quanto tempo passi, perché “ciò che è successo non cambia”, sebbene ci sia una volontà sottile di diluire o cancellare questi fatti dalla memoria.
“Oggi – ha detto Kikuchi – l’idea che l’uso della forza sia un male necessario per risolvere conflitti tra le nazioni, o anche che gli sforzi diplomatici siano rafforzati precisamente dall’uso della forza, viene sempre più presentata come un’opzione possibile”.
Alla Messa hanno partecipato anche il cardinale Blase Cupich, arcivescovo di Chicago, il cardinale Robert McElroy, arcivescovo di Washington, DC, l’arcivescovo di Seattle Paul Etienne e l’arcivescovo di Santa Fé John Wester.
Il cardinale Kikuchi ha notato che le memorie della guerra sono state “una forza perché molti rinnovassero la promessa di non ripetere mai gli stessi errori, specialmente in un tempo in cui queste memorie sono state ampiamente condivise”, ma ha anche notato che dopo 80 anni dalla fine della guerra “sono emerse sempre più generazioni che non hanno sperimentato tutto questo di prima mano”.
Secondo il cardinale, non si devono ignorare i fatti storici, da cui si deve imparare con umiltà. Kikuchi ha ricordato che “per molti che hanno in realtà sperimentato la tragedia delle vite perdute a causa della guerra e delle bombe nucleari che hanno avuto luogo in questa terra, nel Giappone e in tutto il mondo più di 80 anni fa, non è importante quanto tempo sia passato: le memorie di questa tragedia non possono essere cancellate e resteranno fortemente attaccate nei loro cuori come memorie di una forza malvagia di violenza che ha colpito la vita, e non sarà mai cancellata”.
Sottolineando come Papa Francesco abbia affermato che il solo possesso delle armi nucleari è immorale, il Cardinale Kikuchi si è chiesto: “È questo solo un sogno? È questo irrealistico? Se la realizzazione di un mondo senza armi nucleari e la chiamata alla pace sono liquidati come sogno o irrealistici, allora anche le parole del Vangelo di Matteo sono irrealistiche”. Si riferisce al passaggio del Vangelo delle Beatitudini.
FOCUS AFRICA
Sudafrica, il saluto a monsignor Dario Paviša, che alla nunziatura di Zambia e Malawi
Il 6 agosto, monsignor Dario Paviša ha salutato la nunziatura di Pretoria dopo cinque anni di servizio, destinato ora alla nunziatura di Zambia e Malawi. Con l’occasione, c’è stato un ricevimento in nunziatura, dove ambasciatori, membri del corpo diplomatico e sacerdoti locali hanno potuto salutare il monsignore, che ha servito come incaricato di affari della nunziatura di Sudafrica, Lesotho, eSwatini, Namibia e Botswana. L’arcivescovo Henryck Jagodziński, nel suo indirizzo di salute, ha descritto monsignor Paviša come un uomo di “acuto intelletto, forza tranquilla e profondo impegno pastorale”, e ha detto che quello che si stava celebrando non era un addio, ma una transizione, perché “ogni arrivo porta speranza e promessa. Ogni partenza, riflessione e gratitudine. E oggi è questo momento di grazia”.
Monsignor Paviša è stato ringraziato per il suo servizio instancabile non solo nella vita amministrativa e diplomatica della nunziatura, ma specialmente nel suo ministero pastorale, poiché – come ha detto il nunzio – “non ha mai permesso agli impegni diplomatici di oscurare il cuore del suo sacerdozio”.
Il nunzio ha anche ringraziato personalmente il monsignore, mettendo in luce anche le forti fondamenta del lavoro che ha posto insieme al suo predecessore, l’arcivescovo Peter B. Wells. Al termine della cerimonia, è stata letta una speciale benedizione inviata da Leone XIV. “Lasci dietro di te – ha detto l’arcivescovo Jagodziński – non solo una eredità professionale, ma una eredità di amicizia, fiducia e cura pastorale. Sebbene sarai in una nuova nazione, rimarrai vicino a noi nello spirito e sempre nei nostri cuori.
FOCUS AMBASCIATORI
L’ambasciatore di Colombia presso la Santa Sede presenta copia delle credenziali
Lo scorso 4 agosto, l’arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato della Santa Sede, ha ricevuto l’Ambasciatore di Colombia, Iván Velásquez Gómez, per la presentazione della copia delle Lettere Credenziali.
Velásquez è ex ministro della Difesa colombiano, e la sua nomina è considerata anche come una volontà della Colombia di rafforzare la rappresentanza diplomatica presso la Santa Sede. Tuttavia, la nomina non è stata conseguita in maniera semplice.
La Santa Sede ha dato l’agreament per il nuovo ambasciatore il 21 aprile, giorno della morte di Papa Francesco, e questo nonostante nel processo di accettazione siano state ponderate diverse cose.
Velásquez ha un curriculum che lo ha portato ad avere diversi incarichi nello Stato colombiano: ha lavorato nella Procura Generale, nel Consiglio di Stato, nella Corte Suprema di Giustizia, nella Commissione Internazionale contro l’Impunità in Guatemala. In quest’ultimo incarico, guidò indagini di alto impatto nella lotta contro la corruzione.
È stato poi ministro della Difesa fino all’11 febbraio 2025, quando presentò dimissioni irrevocabili a seguito di una frattura tra i ministri che era occorsa nel Consiglio dei Ministri del 4 febbraio, a seguito dell’arrivo di Armando Benedetti prima come capo ufficio e poi come ministro dell’Interno.
Il compito del nuovo ambasciatore non riguarderà solo accompagnare gli affari propri di chiesa e Stato, ma anche di articolare gli sforzi del governo colombiano per promuovere il rispetto dei diritti umani e il rafforzamento dei processi di pace, temi che sono stati fondamentali nella politica estera del presidente Gustavo Petro.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede all’ONU, sui paesi in via di sviluppo senza sbocco sul mare
Dal 5 all’8 agosto, si è tenuta ad Awaza, in Turkmenistan, la Terza Conferenza Internazionale sui Paesi in Via di Sviluppo Senza Sbocco sul Mare. La Santa Sede vi ha partecipato con una delegazione guidata da Monsignor Arnaud du Cheyron de Beaumont.
Nella dichiarazione, la Santa Sede ha sottolineato la necessità di una forte volontà politica per attuare il Programma d'Azione di Awaza, e ha chiesto un'assistenza concreta e a lungo termine per i Paesi Senza Sbocco Sul Mare, fondata sulla giustizia, la solidarietà e la promozione della dignità umana.
Evidenziando la povertà, soprattutto nelle aree rurali, come la sfida più urgente per i paesi in via di sviluppo senza sbocco sul mare, Monsignor du Cheyron ha chiesto politiche che affrontino le strutture ingiuste, garantiscano un commercio equo e sostengano l'autonomia scientifica e tecnologica.
Mettendo in guardia contro le pratiche commerciali sleali e citando la destinazione universale dei beni come base morale per un commercio equo, la Delegazione della Santa Sede ha sottolineato che il commercio e la crescita economica devono servire allo sviluppo umano integrale di ogni persona.
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