Parigi, 12 August, 2025 / 4:00 PM
Una morale contemporanea, che parte da un dato contemporaneo tra i più rappresentativi: la moda. È quella che ha messo in campo il domenicano Alberto Fabio Ambrosio, docente al Luxembourg School of Religion & Society, che ha dedicato al tema di una possibile teologia della moda una trilogia. L’ultimo volume, Per una morale contemporanea. Critica della moda pura (edizioni Mimesis), fa un po’ il verso, nel titolo, alla critica della ragion pura di Immanuel Kant. Ma introduce, piuttosto, un sistema di pensiero che guarda al mondo contemporaneo, e lo fa attraverso le lenti della moda. Non solo le lenti del mercato, che sono pure presenti, ma anche quelle del modo di vestire. Perché non è vero che l’abito non fa il monaco. È piuttosto vero il contrario.
La moda non è intesa, infatti, solo come un abito, ma piuttosto come una questione di linguaggi e di simboli. E, in effetti – nota Ambrosio – sin dall’antichità l’uomo ha curato il suo abbigliamento in maniera precisa, definendo attraverso l’abito anche la provenienza sociale, la professione, e lasciando intendere, attraverso il modo di vestirsi, anche il modo di pensare di una persona.
Eppure, la moda vive di epoche storiche. Ma chi decide cosa è di moda in una data epoca? Ambrosio si rende conto di essere di fronte a un sistema e sottolinea che l’approccio anticapitalista, sempre più applicato al mondo della moda, è una risposta proprio all’imperativo finanziario dell’alta moda. Insomma, si porta l’anticapitalismo nel sistema moda per rispondere a un sistema dominante che definisce abitudini e stili.
È per questo che la moda è un problema morale. Ambrosio ritiene che la moda ponga il problema del bene e il male degli atti umani, dell’azione in società, del rapporto tra individuo e collettività. Studiando il mondo della moda, ci si trova di fronte a diversi problemi. La prima è l’idolatria dell’estetica, che alimenta un narcisismo individualista, e che rende la moda un sistema para-religioso, con le sue divinità che, una volta emulate, vengono inserite nel “pantheon” sociale.
Questa idolatria è anche totalmente inglobata nel sistema economico. È il sistema economico che crea la narrativa e rende indispensabile l’estetica, aumentando la competitività delle apparenze.
E si arriva ad un secondo tema: quello del consumismo. Un consumismo sfrenato, quello della moda, settore industriale più inquinante al mondo dopo quello petrolifero, e colpito comunque a fondo dal cambio di abitudini dei consumatori che, dopo la pandemia, hanno modificato gli stili di vita. La reazione al consumismo è dunque quella di un consumismo affettivo, con un cambiamento dei criteri degli acquisti. Per questo, le aziende hanno una nuova opportunità di creare legami valoriali per i loro consumatori.
Basterebbe fermarsi a questa parte dell’analisi per comprendere come la questione della moda trascenda, in qualche modo, il tema del semplice abbigliamento e possa interessare tutti i businessmen. Il punto, per la teologia morale, è come introdurre valori con la moda. E per questo non può essere moda senza morale.
E sì, è vero che c’è un’antimoda che cerca tendenze alternative. Ma c’è anche la necessità di “decolonizzare” la moda, guardare a una storia dell’abbigliamento che non sia solo europea e occidentale, perché è vero che questo modo è stato imposta.
Si entra, così, in un altro tema, molto interessante, ovvero il rapporto che unisce moda e politica, e che chiama in causa anche la dimensione simbolica della politica. Lo sapeva Luigi XIV, il primo a comprendere il valore della moda come uno strumento della nazione.
La rivoluzione industriale, la lotta di classe, l’arrivo della borghesia sulla scena politica, hanno anche avuto un impatto sulla moda e viceversa, mentre oggi i grandi temi sono quelli della leaderizzazione e individualizzazione della politica contemporanea. Ma non solo. Si è visto in che modo, per esempio, è stato osservato l’abito papale, e il microscopio in cui è stato passato Leone XIV all’uscita dalla loggia delle benedizioni. Si è osservata la presenza della mozzetta, il ritorno al tipico abito corale del Papa, e questo non poteva che essere straordinariamente interessante.
Dice molto del modo in cui parliamo attraverso la moda, e dunque dei sottotesti di politica, economia e sostenibilità che vengono analizzati e sono importanti.
Ma allora, si chiede Ambrosio, come porsi di fronte al sistema moda e all’antimoda? Forse decostruendo, comprendendo i processi e condendoli con un’immaginazione etica che è necessaria per aprirsi verso il futuro. Ovvero, verso una teologia della moda, che ne analizzi linguaggio e sottotesti. Non per demonizzarla, ma per capire chi siamo.
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