Washington, 19 August, 2025 / 4:00 PM
Quando gli Stati Uniti andarono in recessione a seguito della drammatica crisi del ’29, il New Deal di Franklin Delano Roosevelt rimise in sesto l’economia. Ma quello che in pochi sanno è che dietro i progetti del New Deal c’era un cattolico americano del Minnesota, John Ryan, che aveva portato le sue idee prima nel Programma dei Vescovi USA per la Ricostruzione Sociale del 1916 e che poi, trascurato dall’amministrazione Coolidge che aveva finito i progetti in recessione, era rimasto nell’ombra, lavorando per i più deboli, chiedendo salari minimi e garanzie per gli impiegati, fino a tornare al centro della scena con l’amministrazione Roosevelt.
Quello che però in pochi ricordano è che Ryan aveva preso le sue idee dalla Rerum Novarum di Leone XIII, che aveva letto e della quale era rimasto affascinato. Il primo Papa statunitense della storia – o americano in senso ampio, considerando anche il suo passaporto peruviano – ha dunque scelto un nome che non solo guarda alla Dottrina Sociale della Chiesa, ma si pone in diretta continuità con uno dei pilastri della storia a stelle e strisce.
La storia dirà se si trattava di una scelta consapevole, o se invece per Leone XIV abbia contato soprattutto la volontà di porsi in continuità con il suo illustre predecessore fondatore della Dottrina Sociale – una Dottrina Sociale che ora si trova alle prese con le nuove sfide dell’intelligenza artificiale.
Ma intanto la storia degli Stati Uniti si prepara ad un crocevia importantissimo. Nel 2026, si celebreranno i 250 anni dalla fondazione, e si spera che anche Leone XIV onori il suo Paese di origine con un viaggio che dovrebbe mettere insieme tutte le anime americane e includere una visita alle Nazioni Unite per i suoi 80 anni.
I 250 anni di Stati Uniti sono anche una serie di storie di santità, di pionierismi eroici, di complesse situazioni, specialmente in un posto che nasce protestante e in cui l’identità cattolica sembra essere l’appannaggio di solo alcuni gruppi di immigrati. Non è stato solo così. C’è una storia variegata che include la colonizzazione, ma che anche mostra come la Chiesa locale, negli USA, si è sviluppata velocemente.
Le colonie inglesi furono fondate nello stesso tempo in cui la Chiesa era perseguitata in Inghilterra. I coloni della Virginia erano membri della Chiesa Anglicana, i coloni del New England erano calvinisti, e in nessuno dei due casi veniva permessa la presenza cattolica. E i cattolici erano anche esclusi dalla colonia olandese di New York e dalle colonie svedesi del Delaware.
Fu solo a partire al 1683 che a New York fu garantita libertà religiosa per tutti, con la nomina a governatore di James Donogan. Arrivarono subito i gesuiti, che stabilirono lì una cappella cattolica e vi stabilirono una scuola nel 1685. Ma dal 1700, i cattolici furono di nuovo banditi, e dovettero andare a Philadelphia ogni domenica fino alla Rivoluzione per partecipare alla Messa e ricevere i sacramenti.
C’erano situazioni simili e diverse. In Maryland, la libertà religiosa era garantita, ma ai cattolici fu negato il diritto di voto quando i protestanti presero il controllo della colonia. Anche lì, erano arrivati gesuiti. E gesuita era anche padre Joseph Greaton, che si stabilì in Pennsylvania e costruì la chiesa di San Giuseppe. Poi arrivarono gli emigrati cattolici tedeschi, e anche loro costruirono chiese.
Insomma, prima della Rivoluzione i cattolici non erano molti. Nelle colonie inglesi, il numero di cattolici ammontava a 7 mila.
Nel resto degli Stati Uniti, la situazione variava. I cappuccini costruirono una cappella New Orleans nel 1721, appena tre anni dopo la fondazione della città. In Florida, i tentativi furono più difficoltosi a causa dell’ostilità dei nativi americani.
Nel 1528, Padre Juan Perez, un francescano spagnolo, fu nominato vescovo della Florida e scomparve misteriosamente. I missionari arrivati a Tampa nel 1549 furono sterminati dai nativi americani. Quando nel 1565 arrivò l’Ammiraglio Pedro Menendez di Aviles, inviato da Filippo II di Spagna, questi portò con sé dodici francescani e quattro gesuiti. Si stabilì in una penisola e proclamò l’8 settembre la fondazione di Sant’Agostino, perché questa era stata trovata nel giorno della festa del Santo.
La colonia di Sant’Agostino crebbe, nonostante molte defezioni, fino a quando i nativi americani si convertirono in massa.
Poi c’è la missione del New Mexico, cominciata con la spedizione di don Juan de Onate del 1598. A partire dal 1625, c’erano 43 missioni e 34 mila cristiani nativi americani. Padre Eusebio Francisco Kino, gesuita, lavorò nella contea di Upper Pima, che oggi comprende lo Stato messicano di Sonora e l’Arizona del Sud, creando le mappe più accurate del tempo, difendendo la frontiera, viaggiando per migliaia di miglia a cavallo con l’ansia di convertire, scrivendo diari accuratissimi.
C’è anche una causa di canonizzazione in corso per padre Antonio Margil, che ha sviluppato le missioni in Texas.
Gli spagnoli costruirono le loro missioni in California non solo come chiese per i credenti, ma per diventare comunità autosufficienti con fattorie, ranch, stalle, e case per i nativi americani che lavoravano alle missioni. Costruirono ospedali, scuole e posti di guardia. Le missioni californiane dei francescani spagnoli sono ancora un esempio di organizzazioni. Le missioni sono strutturate su una strada che le collega, il Camino Real, e lì operò San Junipero Serra, in missioni come quella di San Juan Capistrano, il “gioiello delle missioni” in cui viene ambientata anche la prima avventura di Zorro.
Non sorprende, dunque, che San Junipero Serra sia stato inserito nella Statuary Hall dello Stato di California. I francescani erano comunque molto amati, perché evitavano di entare in politica, e predicavano invece la dottrina.
C’è, insomma, un mondo cattolico nella storia della Chiesa americana, che è tutto da scoprire.
(1 – continua)
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