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Un servizio di EWTN News

Gli 80 anni dell’ONU. La Santa Sede e le Nazioni Unite

La bandiera della Santa Sede alle Nazioni Unite

Il primo Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York fu monsignor Alberto Giovannetti. E, di quell’esperienza, ha lasciato un libro straordinario, “Il Palazzo è di Vetro”, che aiuta a comprendere il modo in cui la Santa Sede si avvicinava al mondo delle Nazioni Unite, che pure aveva appoggiato sin dall’inizio.

In quel libro, c’era anche un tema di non poco conto. Si discuteva del fatto che l’enciclica di Paolo VI Populorum Progressio era stata tradotta in inglese con il termine “sviluppo” (development) e non con quello di progresso (progress), così come era successo anche nell’italiano. Ed è un tema che ancora è centrale, almeno a scorrere gli interventi della Santa Sede alle Nazioni Unite.

Le Nazioni Unite hanno compiuto 80 anni, e la Santa Sede la osserva con attenzione sin dalla sua origine, dalla firma dei suoi Statuti a San Francisco il 26 giugno 1945. L’Osservatore Romano dedicò una prima pagina alla “chiusura della Conferenza di San Francisco”, con una cronaca dettagliata.

I delegati – scriveva il giornale del Papa – “hanno applaudito per più di 5 minuti quando Lord Halifax, che presiedeva la seduta, ha annunciato la decisione unanime. Nell’annunciare la votazione, ha poi detto: ‘credo che tutti siamo convinti di aver preso parte ad un atto che farà epoca nella storia del mondo’. E ha concluso elogiando la volontà dì cooperazione dimostrata da tutte le delegazioni, tributando uno speciale elogio al presidente della delegazione sovietica, Andrei Gromyko. Precedentemente, il presidente statunitense Truman era giunto a San Francisco a bordo del grande aereo chiamato la ‘Casa Bianca volante’.”

Insomma, c’era grande interesse e grande speranza per un organismo che metteva già nel preambolo una volontà di pace.

Non c’è da stupirsi, dunque, che i Papi abbiano dedicato alle Nazioni Unite grande attenzione, e tutti i Papi della storia recente, ad eccezione – per ragioni ovvie – di Giovanni Paolo I, hanno fatto visita al Palazzo di Vetro.

Ma prima di Paolo VI, che nel 1965 fece il primo viaggio a New York, già Pio XII e Giovanni XXIII indirizzarono messaggi alle Nazioni Unite.

Il 23 dicembre 1956, Pio XII sottolineò che “benché il programma, che è alla base delle Nazioni Unite, si prefigga il conseguimento dei valori assoluti nella convivenza dei popoli, il recente passato ha però mostrato che il falso realismo riesce a prevalere in non pochi suoi membri anche quando si tratta di ristabilire il rispetto a quei medesimi valori, apertamente calpestati, della umana società”. Parole attuali ancora oggi.

Giovanni XXIII si riferì alle Nazioni Unite nell’enciclica Pacem In Terris, scrivendo: “Auspichiamo che l’Organizzazione delle Nazioni Unite - nelle strutture e nei mezzi - si adegui sempre più alla vastità e nobiltà dei suoi compiti; e che arrivi il giorno nel quale i singoli esseri umani trovino in essa una tutela efficace in ordine ai diritti che scaturiscono immediatamente dalla loro dignità di persone; e che perciò sono diritti universali, inviolabili, inalienabili”.

Erano queste le premesse che portarono al viaggio di Paolo VI alle Nazioni Unite il 4 ottobre 1965, a venti anni dalla Carta di San Francisco. E il grido di Paolo VI, pronunciato in francese perché il francese era la lingua diplomatica, risuona ancora oggi: “Mai più la guerra”.

Giovanni Paolo II visitò le Nazioni Unite due volte. La prima, il 2 ottobre 1979, quando ricordò anche la sua recente visita ad Auschwitz. La seconda, nel 1995, quando parlò dell’ONU come una “famiglia di nazioni”.

Benedetto XVI visitò le Nazioni Unite nel 2008, e nel suo discorso sottolineò che ogni Stato “ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani... Se gli Stati non sono in grado di garantire simile protezione, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti internazionali... Ciò di cui vi è bisogno e una ricerca più profonda di modi di prevenire e controllare i conflitti, esplorando ogni possibile via diplomatica e prestando attenzione ed incoraggiamento anche ai più flebili segni di dialogo o di desiderio di riconciliazione”.

Infine, Papa Francesco visitò le Nazioni Unite nel 2015, per il 70esimo anniversario dell’organizzazione, e lì fece risuonare il suo appello per la pace. “Se si vuole – disse - un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre proseguire senza stancarsi nell’impegno di evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli. A tal fine bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale”.

E Leone XIV? È plausibile che il Papa vada anche lui, nel corso del suo pontificato, al Palazzo di Vetro. E nel frattempo la missione della Santa Sede prende posizioni coraggiose sul tema del disarmo, dell’intelligenza artificiale, della pace, che il Papa potrebbe andare a riproporre e rafforzare. Ma prima, è necessario guardare indietro, alla storia, per comprendere perché è importante che la Santa Sede sia parte di questa famiglia di nazioni, la osservi, e ne accompagni lo sviluppo integrale.

(1- Continua)

 

 

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