La dichiarazione per la Fraternità Umana sarebbe venuta solo quattro anni dopo, l’enciclica Fratelli Tutti addirittura cinque anni dopo, ma era già chiara questa particolare direttiva nel pontificato di Papa Francesco quando, nel 2015, andò alle Nazioni Unite per celebrare i 70 anni dell’organizzazione.
C’erano rappresentanti da quasi duecento Paesi del mondo, in pratica l’intero pianeta, ad ascoltare Benedetto XVI alle Nazioni Unite il 18 aprile 2008. Una platea molto diversa da quella che aveva accolto Giovanni Paolo II nel 1995, una platea ancora più diversa da quella che aveva ascoltato il Papa polacco nel 1979, un mondo decisamente differente da quello che ascoltò Paolo VI al Palazzo di Vetro nel 1965.
Un incontro prima della caduta della Cortina di Ferro, quando si presentò come “testimone della dignità dell’uomo”, figlio di una terra che quella dignità non la considerava. Un incontro dopo la caduta della Cortina di Ferro, quando il futuro appariva glorioso, e guardò alla “famiglia di nazioni” che in quel momento lo ascoltava. La storia di Giovanni Paolo II alle Nazioni Unite non si può comprendere se non si guarda ai momenti storici in cui queste visite avevano luogo, e se non si guarda al fatto che il Papa provenisse dalla Polonia, da oltre la Cortina di Ferro, la dove la dignità umana veniva messa in discussione, così come la fede delle persone.
Fu un viaggio brevissimo, di un solo giorno, per non togliere troppo tempo all’ultima sessione del Concilio Vaticano II allora in corso. Ma Paolo VI fece di quel viaggio una pietra miliare. Nel 1965, Paolo VI decide di visitare le Nazioni Unite, e non viene nemmeno accolto da un parterre degno di attenzione. C’è l’affetto della gente, che si riversa nelle strade e che cerca di salutare il Papa, ma la freddezza dei membri dell’organismo multilaterale, tanto che non partecipa nemmeno un numero congruo di capi di Stato, come si sperava, alla sessione in cui prende la parola il Papa.
Il primo Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York fu monsignor Alberto Giovannetti. E, di quell’esperienza, ha lasciato un libro straordinario, “Il Palazzo è di Vetro”, che aiuta a comprendere il modo in cui la Santa Sede si avvicinava al mondo delle Nazioni Unite, che pure aveva appoggiato sin dall’inizio.
Il viaggio in Argentina dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, "ministro degli Esteri vaticano", mostra che tra Argentina e Santa Sede i rapporti sono ottimi, oltre le speculazioni su un viaggio di Papa Francesco nel suo Paese natale che ancora non è arrivato. Nel frattempo, la Santa Sede dà anche un segnale di sollecitudine verso il Venezuela, una crisi che segue sempre con interesse. Il tema dei migranti è stato invece al centro della presenza della Santa Sede al Consiglio d’Europa.
La lotta all’AIDS non è finita: l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha parlato lo scorso 10 giugno al Palazzo di Vetro delle sfide date dallo sviluppo della malattia. Concedendo che sì, ci sono progressi nella lotta alla malattia. Ma che molto deve essere ancora fatto.
Nel discorso di inizio anno di Papa Francesco agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, c’è un riferimento al Primo Summit Umanitario Mondiale convocato dalle Nazioni Unite. Il Summit si terrà a Istanbul, Turchia, il 23 e 24 maggio, e sarà un momento cruciale anche nello sviluppo del diritto umanitario. Un tema su cui la Santa Sede è particolarmente impegnata.
È con un lungo discorso al Palazzo di Vetro che tocca tutti i punti, dalle migrazioni, ai conflitti, all’impegno per la pace, che l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, celebra il 70esimo anniversario delle Nazioni Unite. Un discorso che mette in luce le luci, ma anche le ombre dell’organizzazione internazionale, certo che “riconoscere i limiti dell’organizzazione” non è lo stesso che “lamentarne il fallimento.” Parole diplomatiche, a segnalare che la Santa Sede crede ancora nelle Nazioni Unite. Ma anche che pensa – da sempre – ad una riforma dell’organizzazione, che la renda davvero rappresentativa di tutte le nazioni.