New York City, New York, 03 September, 2025 / 10:00 AM
Un incontro prima della caduta della Cortina di Ferro, quando si presentò come “testimone della dignità dell’uomo”, figlio di una terra che quella dignità non la considerava. Un incontro dopo la caduta della Cortina di Ferro, quando il futuro appariva glorioso, e guardò alla “famiglia di nazioni” che in quel momento lo ascoltava. La storia di Giovanni Paolo II alle Nazioni Unite non si può comprendere se non si guarda ai momenti storici in cui queste visite avevano luogo, e se non si guarda al fatto che il Papa provenisse dalla Polonia, da oltre la Cortina di Ferro, la dove la dignità umana veniva messa in discussione, così come la fede delle persone.
E i due discorsi di Giovanni Paolo II sono, in effetti, lo specchio di quei due momenti storici. Nel 1979, sottolineò che “ogni essere umano possiede una dignità la quale, benché la persona esista sempre in un contesto sociale e storico concreto, non potrà mai essere sminuita, ferita o distrutta, ma al contrario dovrà essere rispettata e protetta, se si vuole realmente costruire la pace”.
Nel 1995, la Guerra Fredda era finita, e di fronte alla “famiglia delle nazioni” esortò i rappresentanti degli Stati esortò “a vincere la nostra paura del futuro per costruire la civiltà dell’amore, fondata sui valori universali della pace, della solidarietà, della giustizia e della libertà”.
Cominciamo dal primo viaggio. Giovanni Paolo II arriva negli Stati Uniti il 2 ottobre 1979, entrando da Boston, e viene salutato – racconta l’Osservatore Romano – da almeno 750 mila persone. E, alle Nazioni Unite, il Papa polacco invitò i rappresentanti delle nazioni a “misurare il progresso dell’umanità non solo col progresso della scienza e della tecnica, ma contemporaneamente e ancor più col primato dei valori spirituali e col progresso della vita morale”.
Con uno sguardo fisso alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, Giovanni Paolo II sottolineò che governi e Stati sono uniti se guardano all’essere umano, se riconoscono “il rispetto degli inalienabili diritti delle persone e delle comunità dei popoli”, ammonendo che “ogni minaccia ai diritti umani, sia nell’ambito dei beni materiali che in quello dei beni spirituali è ugualmente pericolosa per la pace, perché riguarda sempre l’uomo nella sua integralità”.
Nel 1995, Giovanni Paolo II è di nuovo al Palazzo di Vetro, per celebrare il cinquantesimo anniversario della Fondazione delle Nazioni Unite. In quel caso, il Papa polacco affermò: “Occorre che l’Organizzazione delle Nazioni Unite si elevi sempre più dallo stadio freddo di istituzione di tipo amministrativo a quello di centro morale, in cui tutte le nazioni del mondo si sentano a casa loro, sviluppando la comune coscienza di essere, per così dire, una ‘famiglia di nazioni’”. Una famiglia in cui “al di là di tutte le differenze che contraddistinguono gli individui e i popoli, c’è una fondamentale comunanza, dato che le varie culture non sono in realtà che modi diversi di affrontare la questione del significato dell’esistenza personale”.
Parole attualissime ancora oggi. Nel mondo non più bipolare, Giovanni Paolo II chiedeva, alla fine, di aggiungere il rispetto delle differenze sulle grandi questioni, chiedeva di ragionare come un’unica famiglia umana, guardava alle Nazioni Unite che fossero, prima di tutto, rispettose dell’esistenza gli uni degli altri.
(3 – continua)
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