Città del Vaticano , 03 September, 2025 / 10:19 AM
Un brillante e caldo sole splende su piazza San Pietro. Brezza leggera e temperatura perfetta per il ritorno dell'udienza generale in piazza San Pietro. Il caldo afoso dei giorni scorsi è ormai un ricordo . E così, papa Leone XIV, prima della sua meditazione, sulla papa-mobile compie un giro della piazza: saluta tutti. La macchina indugia tra la folla: la velocità moderata permette l'incrocio di sguardi tra il popolo di Dio e il suo vescovo, tra i pellegrini e il papa di Roma.
Tutti, in attesa di ascoltare poi la sua voce, le sue parole: oggi, la meditazione si concentra sul tema della crocifissione, il “momento più luminoso e insieme più tenebroso della vita di Gesù”, così lo definisce il pontefice. Si concentra su due frasi, soprattutto: “Ho sete” e “È compiuto”. Sono le frasi di Cristo sulla croce: “Parole ultime, ma cariche di una vita intera, che svelano il senso di tutta l'esistenza del Figlio di Dio”. E su quella croce - precisa il pontefice - "Gesù non appare come un eroe vittorioso, ma come un mendicante d'amore. Non proclama, non condanna, non si difende. Chiede, umilmente, ciò che da solo non può in alcun modo darsi". In quel “ho sete”, allora, non abbiamo solo un “bisogno fisiologico di un corpo straziato” - continua papa Leone XIV - ma anche e soprattutto "un desiderio profondo: quello di amore, di relazione, di comunione. È il grido silenzioso di un Dio che, avendo voluto condividere tutto della nostra condizione umana, si lascia attraversare anche da questa sete".
Ci troviamo di fronte a un “Dio che non si vergogna di mendicare un sorso, perché in quel gesto ci dice che l'amore, per essere vero, deve anche imparare a chiedere e non solo a dare”. Una richiesta d'aiuto in quella frase "ho sete": un'espressione che manifesta "la sua umanità e anche la nostra. Nessuno di noi può bastare a sé stesso. Nessuno può salvarsi da solo".
Il papa, poi, spiega che “la vita si “compie” non quando siamo forti, ma quando impariamo a ricevere. E proprio in quel momento, dopo aver ricevuto da mani estranee una spugna imbevuta di aceto, Gesù proclama: È momento compiuto” ”. In quel “l'amore si è fatto bisognoso, e proprio per questo ha portato a termine la sua opera”. In ciò è possibile trovare quello che papa Leone XIV chiama “il paradosso cristiano”. Lo sintetizza in poche parole, papa Leone XIV: “Dio salva non facendo, ma lasciandosi fare. Non vincendo il male con la forza, ma accettando fino in fondo la debolezza dell'amore” perché Gesù, sulla croce, “ci insegna che l'uomo non si realizza nel potere, ma nell'apertura fiduciosa all'altro, persino quando ci è ostile e nemico”.
La meditazione continua sul tema della salvezza che - precisa papa Leone XIV - “non sta nell'autonomia, ma nel riconoscere con umiltà il proprio bisogno e nel saperlo liberamente esprimere”. Per queste ragioni “il compimento della nostra umanità nel disegno di Dio non è un atto di forza, ma un gesto di fiducia”.
Papa Leone XIV parla dell'aprirsi di una “porta sulla vera speranza”: “Se anche il Figlio di Dio ha scelto di non bastare a sé stesso, allora anche la nostra sete – di amore, di senso, di giustizia – non è un segno di fallimento, ma di verità”. Il pontefice, poi, guarda alla scoietà di oggi “che premia l'autosufficienza, l'efficienza, la prestazione”: in questo panorama “questa verità, apparentemente così semplice, è difficile da accogliere”. Il Vangelo, conclude il pontefice, invece ci insegna che “la misura della nostra umanità non è data da ciò che possiamo conquistare, ma dalla capacità di lasciarci amare e, quando servire, anche aiutare”.
"La sete di Gesù sulla croce è allora anche la nostra. È il grido dell'umanità ferita che cerca ancora acqua viva. E questa sete non ci allontana da Dio, piuttosto ci unisce a Lui. Se abbiamo il coraggio di riconoscerla, possiamo scoprire che anche la nostra fragilità è un ponte verso il cielo". Questo, l'insegnamento conclusivo che papa Leone XIV sottolinea nell'udienza.
Il papa, prima della benedizione finale, rivolge poi un pensiero al Sudan che in questi giorni sta vivendo momenti critici dovuti a una frana in un villaggio del Darfur che “ha causato moltissimi morti lasciando dietro di sé dolore e disperazione e come se non bastasse la diffusione del colera minaccia centinaia di migliaia di persone già stremate”. Il papa si dichiara “più che mai vicino alla popolazione sudanese” e in particolare “alle famiglie, ai bambini”. Infine, rivolge “un appello accorato ai responsabili e alla comunità internazionale affinché siano garantiti corridoi umanitari e si attui una risposta coordinata” per questa sgiagura. “E’ tempo di avviare un dialogo serio, sincero, inclusivo, tra le parti per porre fine al conflitto e restituire al popolo del Sudan speranza dignità e pace”.
Aggiornato alle 11,02 del 3 settembre 2025
Le Migliori Notizie Cattoliche - direttamente nella vostra casella di posta elettronica
Iscrivetevi alla newsletter gratuita di ACI Stampa.
La nostra missione è la verità. Unisciti a noi!
La vostra donazione mensile aiuterà il nostro team a continuare a riportare la verità, con correttezza, integrità e fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.
Donazione a CNA