Città del Vaticano , 20 September, 2025 / 4:00 PM
La visita a Leone XIV del Catholicos Karekin II, capo della Chiesa Apostolica Armena, ha avuto il pregio di porre di nuovo al centro dell’attenzione la questione dei cristiani in Armenia, che ha visto anche ufficiali governativi entrare nella Santa Sede di Etchmiadzin, sede della Chiesa Apostolica Armena, per arrestare dei sacerdoti considerati attivisti.
Dopo l’accordo di pace – dolorosissimo per l’Armenia – con l’Azerbaijan, la Chiesa Apostolica Armena si trova forse isolata più che mai a difendere il patrimonio religioso del Nagorno Karabakh – il cui antico nome armeno è Artsakh – che l’Azerbaijan si è comunque impegnato a rispettare, anche se poi la cattedrale di Shushi, bombardata dagli azeri durante l’ultima guerra, è stata ricostruita senza la croce che vi si stagliava in cima. Per Karekin II, si è trattato del quarto Papa incontrato. Il catholicos aveva incontrato Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco più volte, una addirittura accogliendolo in visita in Armenia.
La visita del Catholicos ha un impatto diplomatico anche per la Santa Sede. C’ stato, tra le altre cose, un incontro con il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, nonché quello con altri officiali di Segreteria di Stato e di vari dicasteri. La Santa Sede ha anche un rapporto molto stretto con l’Azerbaijan, che da poco ha stabilito una sua ambasciata residente presso la Santa Sede e che nel corso degli anni ha finanziato, attraverso la fondazione legata al presidente Aliyev, diverse opere d’arte in Vaticano e nelle catacombe.
La visita di Karekin e il suo impatto diplomatico sembrano passare in secondo piano di fronte ai due grandi fronti che vedono impegnata la diplomazia pontificia: la situazione a Gaza, drammatica – e il Santo padre, nell’udienza generale del 17 settembre, ha parlato chiaramente del necessario rispetto del comandamento di “Non uccidere” – e quella in Ucraina, laddove il Papa, con dichiarazioni estemporanee a Castel Gandolfo, ha smontato improvvisamente la narrativa della “NATO che abbaiava alla Russia” portata avanti dal suo predecessore, sottolineando che “la NATO non ha attaccato nessuno”.
Intanto, Leone XIV nomina il “vice ministro” degli Esteri vaticano Miroslaw Wachowski a nunzio in Iraq, in quella che è la prima nomina di Segreteria di Stato del suo papato.
Dal 12 al 14 settembre, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, è stato in visita in Portogallo, dove ha visitato anche il luogo dell’incidente della funicolare. Dopo il nunzio Bernardini, un altro lutto colpisce il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede: è morto a soli 67 anni l’arcivescovo Rugambwa, nunzio.
Il sottosegretario per il Multilaterale della Segretaria di Stato, monsignor Daniel Pacho, ha invece partecipato alla riunione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica a Vienna, ribadendo il no all’uso e anche al solo possesso delle armi nucleari.
FOCUS ARMENIA
Karekin II da Leone XIV
Il 16 settembre, in una tappa del suo viaggio verso gli Stati Uniti, il Catholicos della Chiesa Apostolica Armena Karekin II ha incontrato Leone XIV a Palazzo Barberini a Castel Gandolfo. Il Catholicos è stato accompagnato dal Cardinale Kurt Kohc, presidente del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
Dell’incontro ha dato notizia un comunicato del dicastero vaticano e uno della Santa Sede di Etchmiadzin.
Nel comunicato della Chiesa Apostolica Armena, è stato sottolineato che Leone XIV e il catholicos hanno avuto un colloquio privato – il primo personale da quando Leone è stato eletto Papa. Si legge nel comunicato che Karekin “ha riflettuto con soddisfazione sul fatto che i legami fraterni tra le due Chiese si siano rafforzati attraverso incontri cordiali e testimonianze di fede congiunte, ricordando la visita di Papa Giovanni Paolo II di beata memoria in Armenia nel 2001 e poi, nel 2016, la propizia occasione di ospitare Papa Francesco di beata memoria”.
Karekin ha anche ricordato la Divina Liturgia celebrata nella cattedrale di San Pietro nel 2015 per il centenario del genocidio armeno e la proclamazione di San Gregorio di Narek come dottore della Chiesa, e si è detto fiducioso che le relazioni tra Chiesa Cattolica e Chiesa Apostolica Armena continueranno a svilupparsi con lo stesso spirito “fraterno e caloroso”.
La conversazione – prosegue il comunicato di Etchmiadzin – si è poi focalizzata sui “disastri e le sfide preoccupanti che stanno avvenendo nel mondo”, nonché “delle sfide e le prove che l’Armenia e il popolo armeno devono affrontare”. Karekin ha portato all’attenzione del Papa “le questioni degli armeni dell'Artsakh, sfollati dalla loro patria ancestrale, l'imperativo di preservare il patrimonio spirituale e culturale armeno di fronte alla minaccia di distruzione in Artsakh, e il rilascio di prigionieri di guerra e ostaggi”.
È un tema grande, anche perché da anni l’Armenia lamenta un “genocidio culturale” in corso nel Nagorno Karabakh, mentre l’Azerbaijan, da parte sua, lamenta che gli armeni hanno distrutto le moschee che erano presenti sul territorio, oltre a rivendicare la presenza di una Chiesa Greco Cattolica Albaniana che sarebbe precedente all’arrivo degli armeni.
Leone XIV e Karekin II hanno “sottolineato l'importanza della missione delle Chiese nell'instaurare la giustizia e la pace nel mondo, nel garantire la convivenza armoniosa dei popoli, nella vocazione dei fedeli servitori di Dio, nell'arricchire il cuore delle persone con fede, speranza e amore”, e rimarcato come si debbano “unire gli sforzi delle Chiese per diffondere la luce del Vangelo, proteggere i diritti umani e costruire un mondo prospero e sicuro”.
Il Catholicos ha invitato Leone XIV a visitare l’Armenia, così come hanno fatto i suoi prodecessori.
Il Catholicos Karekin II in Vaticano
L’incontro con Leone XIV è stato il culmine di una visita di due giorni in Vaticano del Catholicos Karekin. Tra il 15 e il 16 settembre, Karekin II ha avuto anche un bilaterale con il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. Secondo Etchamiadzin, nell’incontro nella “Sala dei Concordati” della Segreteria di Stato, “sono stati discussi i conflitti in atto in diverse parti del mondo, nonché gli sviluppi nella nostra regione. Sono stati evidenziati gli sforzi della comunità internazionale, comprese le Chiese sorelle, per il ripristino di una pace stabile e duratura”.
Ovviamente, Karekin II “ha anche sollevato specificamente le questioni della tutela dei diritti degli armeni dell'Artsakh privati della loro patria, della preservazione del patrimonio spirituale e culturale dell'Artsakh e del rilascio dei prigionieri di guerra e dei funzionari statali detenuti in Azerbaigian”.
Il catholicos ha anche avuto un bilaterale con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati.
Karekin ha anche avuto un incontro con il Cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, cui ha espresso apprezzamento per il suo atteggiamento nei confronti del popolo armeno – anche se il Cardinale Gugerotti, in una conferenza in Gregoriana, aveva in qualche modo dimostrato di accettare la versione dell’Azerbaijan riguardo la presenza cristiana nella regione.
Ovviamente, c’è stato anche un incontro con il Cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, nonché un incontro con il Cardinale José Tolentino Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione.
La Chiesa Apostolica Armena fa sapere che “con i responsabili delle strutture sono state discusse le questioni relative all'ulteriore espansione della cooperazione tra la Santa Chiesa Apostolica Armena e la Sede Madre di Santa Etchmiadzin con la Chiesa Cattolica Romana, questioni chiave di interesse per la vita del popolo armeno, le sfide che il mondo cristiano deve affrontare e gli imperativi di preservare i valori e il patrimonio cristiano”.
(La storia continua sotto)
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FOCUS NUNZIATURE
Monsignor Wachowski è il nuovo nunzio in Iraq
Monsignor Mirosław Stanisław Wachowski, finora sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, è stato nominato da Leone XIV come nuovo nunzio apostolico in Iraq lo scorso 18 settembre.
Nato a Pisz (Polonia) l’8 maggio 1970, Wachowski è stato ordinato sacerdote il 15 giugno 1996, incardinandosi nella Diocesi di Ełk.
Si è laureato in Diritto Canonico. È entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 1° luglio 2004, ha prestato la propria opera nelle Rappresentanze Pontificie in Senegal, nella Missione permanente presso l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (A.I.E.A.), l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (O.S.C.E.) e nell’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Vienna, nella Nunziatura Apostolica in Polonia e da ultimo nella Sezione per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali della Segreteria di Stato.
È stato nominato sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati il 24 ottobre 2019. In questa veste, è stato capo delegazione nei colloqui sino-Vaticani, ma anche in altre situazioni cruciali, come i colloqui con il Vietnam, dove la Santa Sede ha ora un rappresentante residente.
L’arcivescovo Pioppo nominato nunzio in Spagna
Il 15 settembre, Leone XIV ha nominato l’arcivescovo Piero Pioppo come nunzio apostolico in Spagna. La sede è vacante da qualche mese, e si è persino rumoreggiato di un ritardo del governo spagnolo a concedere l’agreament. L’agreament è tuttavia arrivato, con tempi lenti, e dunque ogni possibile frizione è stata assorbita.
Alla soglia dei 65 anni, l’arcivescovo Pioppo torna dunque in Europa dopo un giro di nunziature che lo ha visto in Africa e Asia. Originario di Savona, sacerdote dal 1985, è nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1993. Ha prima prestato servizio nelle nunziature apostoliche di Corea, Cile e nella Sezione degli Affari Generali della Segreteria di Stato, servendo anche come segretario particolare del Cardinale Angelo Sodano ai tempi in cui questi era segretario di Stato.
Dal 2006 al 2010 è stato prelato dell’Istituto per le Opere di Religione. Nel 2010, Benedetto XVI lo nomina nunzio apostolico in Camerun e Guinea equatoriale. Nel 2017, Papa Francesco lo ha nominato nunzio apostolico in Indonesia e presso l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico. In quella veste, ha contribuito anche ad organizzare il viaggio di Papa Francesco in Indonesia nel settembre 2024.
In Spagna, il nunzio dovrà anche sovrintendere al grande cambio generazionale dell’episcopato spagnolo. I nunzi apostolici, infatti, hanno come funzione quella di definire le terne da proporre al Dicastero dei Vescovi per le nomine episcopali, oltre a quella di rappresentare il Santo Padre nelle relazioni bilaterali.
Al momento, devono essere nominati nuovi vescovi a Teruel e Albarracín, Osma-Soria e Astorga. Inoltre, preparerà il prossimo ricambio di sei vescovi che hanno già presentato la rinuncia per aver superato i limiti di età: il Cardinale Juan José Omella, Arcivescovo di Barcellona, in questa situazione da oltre quattro anni; e i vescovi Mons. José María Yanguas, di Cuenca; Mons. Sebastià Taltavull, di Maiorca; Mons. Rafael Zornoza, di Cadice-Ceuta; Mons. José Manuel Lorca Planes, di Cartagena; e Mons. Salvador Cristau, di Terrassa.
Il collegio episcopale spagnolo è composto da 126 prelati: 79 vescovi in carica e 47 emeriti. Tra i vescovi attivi, 15 sono arcivescovi — due dei quali cardinali— mentre 52 sono vescovi diocesani e 12 vescovi ausiliari.
Morto il nunzio Novatus Rugambwa
Il suo ultimo posto era stato quello di “ambasciatore” del Papa in Nuova Zelanda, ma dal 2023, a seguito di un ictus che lo aveva colpito, era tornato a Roma per sottoporsi a delle cure. Il 16 settembre, l’arcivescovo Novatus Rugambwa è morto a 67 anni, presso il Policlinico Gemelli di Roma.
Di origine tanzanese, classe 1967, era sacerdote dal 1986 e nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1991.
Ha prestato servizio in varie nunziature in quattro continenti. Nel 2010, Benedetto XVI lo aveva nominato Nunzio in Angola e São Tomé e Príncipe. Dal 2015 al 2019 era stato nunzio in Honduras, e prima della sua partenza aveva ricevuto dal governo la Gran Croce con Stella d’Argento dell’Ordine di Francisco Morazán per il sostegno che aveva dato alla popolazione. Nel 2019 era stato nominato Nunzio Apostolico in Nuova Zelanda e Delegato Apostolico nell’Oceano Pacifico nonché, nei mesi successivi, anche Nunzio Apostolico nelle Figi, a Palau, nelle Isole Marshall, nelle Kiribati, a Nauru, nelle Tonga, nelle Samoa, nelle Isole Cook e negli Stati Federati di Micronesia. Colpito da un ictus nell’ottobre 2023, aveva lasciato la Nuova Zelanda per proseguire le cure a Roma.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede all’AIEA, il no al possesso di armi nucleari
Dal 15 al 19 settembre, si è tenuta a Vienna la 69esima Conferenza Generale dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA). Vi ha partecipato, a nome della Santa Sede, monsignor Daniel Pacho, sottosegretario per gli Affari Multilaterali, che ha prunciato il suo discorso durante la sessione del 16 settembre.
Pacho ha messo in luce la “complessa e sfaccettata crisi” che sta vivendo il mondo odierno, tra “conflitti in corso, tensioni geopolitiche, instabilità ecologica” nonché “persistenti minacce per la pace e la dignità umana”, cosa che fa sì che la missione dell’AIEA “assuma un rinnovato significato”.
L’AIEA, infatti, è chiamata ad “assicurare il pacifico uso dell’energia nucleare mentre previene la proliferazione delle armi nucleari”, cosa che è “un imperativo morale, e non solamente una mera sfida tecnica e politica”.
La Santa Sede nota anche che “la crescita in corso della spesa militare, in particolare per le armi nucleari, e la retorica di escalation e minacce che la circondano sono di grande preoccupazione” e per questo motivo “queste minacce militari costituiscono un affronto all’intera umanità, perché un grande conflitto nucleare avrebbe un impatto indubbiamente irreparabile e devastante, con una perdita di vite umane finora mai sperimentata”.
Pacho ricorda che quest’anno si celebra l’80esimo anniversario della detonazione delle bombe nucleari su Hiroshima e Nagasaki, e sottolinea che è ora tempo di “commemorare e riaffermare il nostro impegno allo spirito e ai principio su cui le Nazioni Unite e le sue agenzie sono state fondate”.
La Santa Sede, nota il numero 4 della diplomazia vaticana, ha “sempre sostenuto il disarmo”, in particolare “riguardo alle armi nucleari”, perché queste sono “indiscriminate, sproporzionate e fondamentalmente incompatibili con i principi etici ed umanitari per loro stessa natura”.
Secondo la Santa Sede, lo stesso possesso e stoccaggio delle armi nucleari possono “solo aggravarsi negli anni, provocando reazioni ingiustificate e creando rischi senza precedenti”.
La Santa Sede supporta anche i sette pilastri delineati dall’AIEA per la sicurezza nucleare, la sicurezza e la salvaguardia, e chiede a tutte le parti coinvolte di sostenerli in maniera completa, “facilitando e rispettando le missioni di monitoraggio e le attività di verifica in modo da ricostruire la fiducia mutua che è necessaria per riattivare il dialogo, costruire la pace e assicurare sicurezza a un livello regionale e globale”.
La Santa Sede riafferma il suo pieno supporto al Trattato di Non Proliferazione delle Armi Nucleari.
Allo stesso tempo, la Santa Sede si dice “profondamente preoccupata riguardo la sicurezza, sicurezza e salvaguardia degli impianti nucleari in zone di conflitto”, con uno sguardo specifico sulla “orrenda guerra in Ucraina”, che mette in luce “l’estrema pericolosità di operazioni militari vicino a installazioni nucleari”.
La Santa Sede guarda anche alla crisi del Medio Oriente, e in particolare agli impianti nucleari della Repubblica Iraniana, presi ad obiettivo in un modo che rischia di creare una “ulteriore escalation, rendendo la situazione anche più sensibile”.
Per quello, sottolinea la Santa Sede, è necessario ristabilire il dialogo con un senso di responsabilità condivisa, e in questo è necessario il lavoro dell’AIEA per “ricostruire fiducia internazionale e promuovere le cooperazione in tale ambiente così complesso”.
Monsignor Pacho afferma che “la pace vera e durevole può solo emergere da una cultura di dialogo e cooperazione”, in particolare portando avanti le attività multilaterali di cui “l’AIEA è l’epitome”, perché costituita da “nazioni che si uniscono per condividere conoscenza, stabilire norme e diffondere una cultura di cooperazione”, secondo un modello che “in questo mondo frammentato è più importante che mai”.
La Santa Sede sottolinea che la cooperazione è “essenziale per la costruzione della pace, anche in situazioni non militari”, per questo gli sforzi dell’AIEA di utilizzare “tecnologia nucleare per scopi pacifici, in particolari nei campi della medicina, il cambiamento climatico, l’agricoltura, la gestione dell’acqua e l’energia” sono supportati dalla Santa Sede.
La Santa Sede loda anche i programmi dell’AIEA come Zodiac che “punta a prevenire future pandemia”, o l’iniziativa “Rays of Hope” che “cerca di assicurare una migliore cura del cancro in nazioni a basso e medio reddito” – tutte operazioni che sono “tangibili manifestazioni di solidarietà globale e di promozione dello sviluppo umano integrale”.
La Santa Sede sostiene anche l’uso dell’energia nucleare per “affrontare il cambiamento climatico e rendere le economie meno dipendenti dal carbone”, sebbene nota che l’uso “debba sempre essere guidato da cornici regolamentarie robuste basate su principi etici”, trattando “con la massima serietà” la gestione dei rifiuti radioattivi, la preparazione ad un incidente nucleare e la sicurezza nel gestire le commissioni.
La Santa Sede afferma il bisogno di “una educazione etica in scienza e diplomazia” perché questi abbiano “una chiara bussola morale e un impegno a servire il bene comune dell’umanità”.
La Santa Sede a Ginevra, i diritti degli anziani
Il 17 settembre, si è tenuta al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra una sessione di dialogo con l’esperto indipendente sul godimento di tutti i diritti umani da parte delle persone anziane.
L’arcivescovo Ettore Balestrero, osservatore della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali di Ginevra, ha messo in luce come, a partire dal 2030, “una persona su 6 al mondo avrà 60 anni o più”, rappresentando dunque 1,4 miliardi della popolazione globale, una cifra “che ci si aspetta raddoppi a partire dal 2030”. Eppure, nota il rappresentante della Santa Sede, le società “non sono sufficientemente preparate ad affrontare questo cambiamento demografico con rispetto adeguato e considerazioni pratiche per la fragilità e dignità delle persone più anziane”, incluso il rispetto “per il loro benessere economico e sociale”.
Siamo, nota il nunzio, di fronte “ad un test morale” che mostra come “le nostre società valutano e si prendono cura degli anziani”. Molte nazioni devono “infatti trovare un bilanciamento preciso tra il supportare i cittadini attivi e fornire assistenza a quanti hanno bisogno, evitando che i loro sistemi sociali collassino”, ma questi sforzi “non devono essere fatti a spese della dignità di persone più anziane, perché questa non diminuisce con l’età o con il deterioramento fisico o medico”.
L’arcivescovo Balestrero mette in luce come le persone anziane “sono parte della soluzione e non parte del problema”, tanto più che “il valore di una persona non può essere definita dalla giovinezza, efficienza, vigore fisico o salute perfetta”, ma piuttosto risiede nella “verità che non cambia mai che ogni persona è creata a immagine e somiglianza di Dio, un fatto che non può essere cancellato dal tempo”.
Quando le persone anziane sono “considerate un peso sociale ed economico”, i servizi pubblici sono posti ad uno stress per incontrare i loro bisogni, e in questi contesti “ci possono anche essere spinte concertate di legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito”, con politiche “dello scarto” che “sviluppano una cultura della morte piuttosto che il rispetto degli anziani”.
La protezione sociale, nota la Santa Sede, è “cruciale per onorare e sostenere la dignità delle persone anziane”, che può essere raggiunta tra “pensioni, benefit e servizi sanitari e sociali”, mentre molte persone anziane sono “costrette a continuare a lavorare e nell’economia informale a causa di mancanza di protezione, che rendono il pensionamento praticamente e finanziariamente impossibile”.
Non solo viene loro negato il riposo di cui meritano, ma viene anche a mancare “l’opportunità di passare la loro saggezza e consiglio alle generazioni più giovani”, e per questo si dovrebbero adottare leggi e politiche per “combattere la discriminazione basata sull’età, particolarmente nel mercato del lavoro e nell’accesso delle misure di protezione sociale”, con particolare attenzione alle donne che “dovrebbero godere di eguale accesso alla protezione sociale, al mercato del lavoro e alle pensioni, perché siano protette dalla povertà in età anziana”.
Inoltre, la Santa Sede mette in luce che “la famiglia è il luogo primario dove la solidarietà intergenerazionale viene sviluppata”, e che “nelle regioni più povere del mondo, la famiglia è spesso l’unica fonte di protezione sociale per molte persone”, e per questo vengono richiesti “più grandi investimenti sulle politiche di protezione sociale che supportano le famiglie per rafforzare e salvaguardare la famiglia come durevole fondamento della società umana”.
FOCUS LEONE XIV
Leone XIV incontra l’alto commissario ONU per i rifugiati
Dopo le molte udienze con Papa Francesco, Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, è stato ricevuto il 18 settembre per la prima volta da Leone XIV. Il prossimo 31 dicembre, Grandi terminerà il suo incarico.
Parlando con Vatican News, Grandi ha sottolineato che nel dialogo con il Papa si è parlato delle principali crisi mondiali, da Gaza al Myanmar, che evidenziano. La voce di Papa Leone e l’importante interesse della Santa Sede verso le crisi dimenticate o trascurate, precisa l’Alto commissario, “sono di un’importanza straordinaria”.
Si è parlato anche – ha detto grandi – delle questioni “di crisi migratoria in America Latina, che è un continente che il Santo Padre conosce perfettamente. Quindi, è stato un incontro molto proficuo con il capo della Chiesa cattolica che ho sentito interessato, informato e impegnato”.
Anche le questioni delle politiche migratorie degli Stati Uniti sono state affrontate. Grandi ha detto che ha discusso con il Papa dell’impatto delle politiche dell’amministrazione Trump.
“Ho riferito al Papa, su sua richiesta – ha detto l’Alto Commissario - circa l’impatto che per esempio sta avendo la riduzione molto consistente degli aiuti umanitari del governo degli Stati Uniti, non soltanto verso l’Unhcr, ma anche verso altre organizzazioni umanitarie, verso tutto il sistema degli aiuti. Riduzione che però, come ho chiarito al Papa, e come ho spesso detto anche pubblicamente, non è dovuta soltanto agli Stati Uniti, ma anche a molti Paesi europei come la Germania, la Francia, il Regno Unito, non l’Italia, ma altri Paesi europei hanno considerevolmente ridotto gli aiuti”.
Insomma, “ci troviamo di fronte a una crisi finanziaria molto forte che non ci permette più di fare tutte le cose che facevamo prima. Abbiamo anche condiviso l’opinione che questa riduzione degli aiuti ha anche delle contraddizioni. Per esempio, i governi dei Paesi europei o gli Stati Uniti dicono che la pressione migratoria va ridotta alle loro frontiere, e questo si sente tutti i giorni. Però, se diminuiscono anche gli aiuti nei Paesi dove queste persone sono più numerose, è chiaro che ci sarà meno incentivo a restare dove sono e più movimento di popolazione”.
Grandi ha fatto al Papa “l’esempio del Ciad, dove fino all’anno scorso gli aiuti americani rappresentavano più del 50% degli aiuti internazionali. Adesso non sono stati cancellati, ma sono stati ridotti di molto, e questo anche dagli europei. È chiaro che le persone che continuano ad arrivare dal Sudan sono centinaia di migliaia ogni settimana, soprattutto dalla zona del Darfur, persone in condizioni terribili, fisiche e morali, prima un minimo di assistenza in Ciad potevamo fornirla. Il Ciad li lascia entrare, è un Paese poverissimo ma li lascia entrare, però ci chiede di aiutarli a sostenere queste persone”.
Ed è lì che si inseriscono i trafficanti di persone, che convincono le persone che arrivano a muoversi in Libia, “e la Libia poi sappiamo che è il ponte verso l’Europa. Quindi, questa riduzione degli aiuti, a parte i suoi aspetti morali e umanitari molto gravi, è anche molto controproducente dal punto di vista degli interessi degli Stati che sono così sempre preoccupati, se non ossessionati, dall’arrivo delle persone”.
L’UNHCR non è presente a Gaza, dove invece c’è l’UNRWA, ma Grandi descrive comunque la situazione con “sgomento e orrore” per “quello che sta accadendo a Gaza, per il massacro, per la pressione che si fa sui civili, per espellerli dalle loro abitazioni e dalle loro città, in una piccola area, la Striscia di Gaza, da cui non possono uscire, quindi è un dramma a multipli livelli che si sta consumando, per non parlare dei morti, dei bambini, di coloro che perdono la vita cercando di ottenere gli aiuti, a cui si proibisce l’ingresso. Insomma, è una lista lunghissima di orrori, di gravissime violazioni del diritto internazionale e di preparazione di una situazione che per decenni, per generazioni, avrà un impatto catastrofico sui palestinesi, ma perseguiterà anche Israele e l’umanità intera in termini di responsabilità alla quale non abbiamo saputo far fronte”.
Grandi ha detto che il Papa ha condiviso il dolore, e ha notato come gli appelli del Papa “sembrano cadere nel vuoto, e nel frattempo la tragedia si sta consumando, è quasi consumata”.
C’è anche “la questione anche della Cisgiordania, non è soltanto Gaza, perché il via libera ormai completo alla colonizzazione da parte dei coloni israeliani è molto chiaro, quindi un’altra violazione deflagrante del diritto internazionale, perché non si può occupare un territorio senza avere un accordo di pace che prevede certe misure. E quindi è chiaro che tutto questo continua. Io ho passato diversi anni della mia vita in Palestina, nel passato. Ci sembrava difficile allora il dialogo, il negoziato, la difesa dei diritti dei palestinesi, la critica dell’occupazione, ma siamo ormai a dei livelli molto molto più gravi e molto superiori”.
Capitolo Myanmar, da dove Grandi è appena tornato. “Il Myanmar – ha raccontato - è una di quelle crisi che sembrano quasi senza soluzione, cioè un’autorità che è arrivata al potere attraverso un colpo di Stato, quindi non è riconosciuta internazionalmente, che governa una parte del Paese, mentre il resto è sotto il controllo di diversi movimenti etnici, nazionali, subnazionali, insomma una complessa galassia di gruppi armati che si battono contro il governo centrale, si battevano già prima, ma adesso con queste autorità post-golpiste c’è una recrudescenza dei combattimenti, con utilizzo di mezzi aerei, di bombardamenti aerei da parte delle autorità centrali, quindi con perdite di vite umane civili moltissime, ma anche da parte dei gruppi armati ci sono diversi abusi”.
In particolare, “l’Unhcr si occupa di sfollati, di questioni umanitarie, abbiamo anche un dossier molto particolare in Myanmar che è quello della minoranza dei Rohingya”. In parte sono in Bangladesh, in parte sono in Myanmar, ma ora la “zona” in cui vivono è occupata da uno di questi gruppi armati e lui stesso abusa della minoranza. Quindi, non sembra che il cambiamento delle sorti politiche della loro regione cambi il loro destino di essere una minoranza perseguitata, marginalizzata e neanche riconosciuta”.
I Rohingya – aggiunge Grandi - sono il gruppo di persone che combinano allo stesso tempo la caratteristica di essere rifugiati ed apolidi”, e per questo “io ho parlato a queste autorità di fatto come organizzazione umanitaria, noi parliamo a tutti, a chi controlla questi territori”.
Tuttavia, il Myanmar “non è un Paese dove è facile fare leva su interessi internazionali. È un Paese molto isolato, molto autarchico, in un certo senso, quindi difficile. Il mondo è ormai una costellazione di crisi. Perché ci sono così tanti rifugiati oggi nel mondo, oltre 120 milioni? Perché i conflitti sono diventati senza limiti nei confronti dell’impatto sui civili, nel senso che anche quelle fragili barriere che il diritto internazionale riusciva a creare, seppur non imporre, sta diventando un argomento che perde trazione, che perde impatto”.
Conclude Grandi: “Il diritto umanitario internazionale è attaccato a una flebo, che alcuni di noi cercano di mantenere aperta, ma che rischia di essere interrotta. È catastrofico. Io spero che il pubblico in Europa, almeno in parte dell’Europa, dove viviamo ancora in relativa pace e prosperità e tranquillità, ecco, io spero che il pubblico europeo, e quello di altri Paesi relativamente stabili, si renda conto che la fine, il tramonto, del diritto umanitario internazionale è un grosso rischio oggi, non solo per le popolazioni di Gaza o del Myanmar o del Congo, ma per tutti noi, perché una volta tolte quelle barriere, non c’è più limite alla violenza che può colpire anche noi”.
FOCUS AMBASCIATORI
Il nuovo ambasciatore di Portogallo presenta le credenziali
Il 20 settembre, Maria Amelia Maio de Paiva, ambasciatore di Portogallo presso la Santa Sede, ha presentato le sue lettere credenziali. Classe 1961, laureata in storia e con un Master in Relazioni Internazionali, ha lavorato come insegnante di Scuola Superiore, e poi è entrata nel servizio diplomatico di Lisbona.
Ha ricoperto i seguenti incarichi: Addetta, Segreteria di Stato del MAE (16 febbraio 1990); Aggiunta dell'Ufficio del Segretario di Stato per gli Affari Esteri e la Cooperazione (5 novembre 1991); Terza Segretaria di Ambasciata e in seguito Aggiunta del Gabinetto del Segretario di Stato per la Cooperazione (1992); alla Segreteria di Stato MAE (21 aprile 1993); alla Missione per le Nazioni Unite, New York (4 settembre 1995); Prima Segretaria di Ambasciata (2 marzo 1998); alla Segreteria di Stato (8 agosto del 2000); Capo Divisione, Direzione dei Servizi dell’America del Sud e Centrale, Direzione Generale per le Relazioni Bilaterali (1.o settembre 2000); Capo a.i., Direzione dei Servizi dell’America del Sud e Centrale (giugno a settembre 2001); Presidente, Commissione per l’Uguaglianza e i Diritti della Donna, Presidenza dei Ministri (18 settembre 2002); Console Generale a Toronto (2 novembre 2005); Consigliere di Ambasciata (21 giugno 2006); Console Generale a Newark, (25 agosto 2009); Ministra Plenipotenziaria di 2a Classe (27 dicembre 2012); Ambasciatore in Polonia (28 settembre 2013); Ministra Plenipotenziaria di 1.a classe (27 dicembre 2015); Ambasciatore in Mozambico con accreditamento presso Mauritius, Seychelles, Eswatini e Tanzania (22 settembre 2016); Assessore diplomatico del Presidente (9 marzo 2021); Ambasciatore (16 dicembre 2021).
Un ex capo delle spie ambasciatore tedesco presso la Santa Sede
Il 16 settembre, Bruno Kahl, ambasciatore nominato di Germania presso la Santa Sede, ha presentato copia delle lettere credenziali all’arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali.
Classe 1962, Bruno Kahl è stato dal 2016 ad oggi presidente del Servizio di Intelligenza Federale di Germania. Laureato in legge, giornalista di formazione, militare che ha raggiunto il grado di colonnello, ha lavorato nella Cancelleria Federale, poi come consulente del gruppo parlamentare CDU / CSU.
Nel 2005, nel primo governo Merkel, Kahl ha servito come capo dell’ufficio del ministro degli Interni e portavoce, allora guidata da Schäuble. Quando questi ha preso la gestione del ministero delle Finanze, Kahl lo ha seguito nel 2010. Dal 2016 era presidente del Servizio di Intelligence Federale.
FOCUS EUROPA
Il viaggio del cardinale Pietro Parolin a Lisbona
Dal 12 al 14 settembre, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, è stato in visita in Portogallo.
Durante la visita ha incontrato il presidente del Portogallo Marcelo Rebelo de Sousa e il primo ministro Luis Montenegro.
L’incontro con il presidente ha avuto luogo il 14 settembre, nel Palácio de Belém, Si è trattato di un incontro di un’ora. Secondo una nota della presidenza portoghese, le discussioni si sono focalizzate sulle “eccellenti relazioni bilaterali tra Portogallo e Santa Sede” nonché su “pressanti questioni internazionali”.
Anche il bilaterale tra il Segretario di Stato vaticano e il Primo ministro portoghese ha avuto luogo il 14 settembre. Montenegro ha poi condiviso, con un post su X, che la conversazione ha riguardato “i conflitti che tormentano il mondo e l’urgente bisogno di percorrere la via della pace”.
Il 13 settembre, il Cardinale Parolin ha partecipato alla cerimonia del Giubileo del cosiddetto “Impegno alla Città”, organizzato dal Patriarcato di Lisbona e dalla fondazione Calouste Gulbenkian.
In un discorso per l’occasione, il cardinale ha criticato i leader che dicono di difendere la pace e sostengono invece le “logiche di guerra”, e ha chiesto di affrontare le cause alla radice dei conflitti e di combattere contro l’indifferenza globale. Il cardinale ha anche descritto Leone XIV come “la figura più indicata per affrontare le sfide di oggi”.
Il 12 settembre, il Cardinale Parolin ha visitato il santuario di Fatima. Quindi, spostatosi a Libsona, si è fermato in preghiera vicino all’Elevador de Glória, dove è avvenuto l’incidente della funicolare della capitale portoghese che ha causato 16 vittime.
Durante la visita, il Cardinale si è anche concesso in alcune interviste con i media portoghesi, e in particolare con l’emittente cattolica Radio Renascença. Il cardinale ha criticato il piano di Israele di occupare Gaza e ricollocare la popolazione, ha riconosciuto che il presidente israeliano ha datto assicurazioni che la comunità cristiana di Gaza sarà rispettata ma ha anche notato che queste azioni creeranno ulteriori problemi.
Il cardinale ha riaffermato il supporto vaticano per la soluzione dei due Stati tra Israele e Palestina, una posizione classica della Santa Sede.
Parolin si è anche soffermato sul tema delle politiche migratorie, osservando che quelle attuali in vigore negli Stati Uniti mancano di “compassione e misericordia”. Alla radio cattolica portoghese, il Cardinale ha notato che si deve dare priorità all’integrazione dei migranti e alla migrazione legale regolata, mettendo da parte la tratta e lo sfruttamento lavorativo, senza “adottare una politica migratoria che non ha senso di pietà per la popolazione, perché questo porta a degli eccessi.
Il Cardinale ha anche mostrato preoccupazione per l’omicidio dell’attivista statunitense Charlie Kirk, che – ha detto – mostra “la sempre più profonda polarizzazione della società americana, particolarmente in politica”.
Parolin incontra il capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina
Il 19 settembre, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha ricevuto Iryna Vereshchuk, vice capo ufficio del presidente dell’Ucraina. Secondo Andryi Yurash, ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede, si è trattato di “un dialogo sincero, una strategia di cooperazione su importanti questioni all'ordine del giorno e un sincero desiderio reciproco di porre fine alla guerra sulla base di una pace autentica, giusta e duratura.”
Slovacchia, le Chiese lanciano una petizione contro la modifica della legge scolastica
In Slovacchia è stata lanciata una iniziativa popolare “Non così” (Takto nie!) che si oppone a un emendamento alla legge scolastica, previsto dal governo. Secondo i promotori dell’iniziativa, diverse migliaia di persone hanno già firmato una "petizione per la salvaguardia dei diritti di genitori e figli, per l'uguaglianza, la libertà di scelta e i principi democratici nel sistema scolastico". Anche la Chiesa protestante e la Conferenza episcopale cattolica hanno espresso preoccupazione.
Tra le altre cose, l'emendamento, preparato dal Ministero dell'Istruzione, mira a introdurre i distretti scolastici. In futuro, il pieno sostegno statale sarà concesso solo alle scuole che non applicano tasse universitarie ai genitori e sono disposte ad accettare tutti gli studenti del proprio distretto scolastico. Il governo sostiene che questo mira a superare la segregazione e rafforzare l'inclusione degli studenti socialmente svantaggiati. Per le scuole private cattoliche e protestanti, ciò significherebbe che potrebbero ricevere dallo Stato il 20% in meno per studente se applicassero le tasse scolastiche e accettassero solo studenti selezionati.
A luglio, la Chiesa evangelica luterana in Slovacchia ha espresso preoccupazione per il fatto che la nuova legge scolastica avrebbe discriminato le scuole private religiose. Le scuole private in Slovacchia non ricevono finanziamenti attraverso la quota di tasse dei comuni in cui operano. Di conseguenza, le tasse universitarie dovrebbero aumentare drasticamente, il che metterebbe a repentaglio l'esistenza delle scuole private religiose. In un incontro con il Ministro dell'Istruzione Tomas Drucker, i vescovi protestanti hanno espresso le loro preoccupazioni e contemporaneamente hanno dichiarato la disponibilità delle scuole protestanti a includere studenti socialmente svantaggiati.
La Conferenza episcopale cattolica slovacca ha rilasciato due dichiarazioni pubbliche sul progetto di legge ad agosto, esprimendo la speranza che le scuole religiose non siano svantaggiate rispetto alle scuole pubbliche. A metà agosto, i vescovi hanno annunciato le proposte di modifica al progetto di legge, elaborate con la collaborazione di esperti.
FOCUS MEDIO ORIENTE
Il patriarca Rai chiede un Libano che viva in “libertà e sovranità
Il 14 settembre, in occasione della commemorazione della guerra civile in Libano, il Cardinale Bouchara Boutros Rai, patriarca maronita, ha lanciato un appello alla solidarietà nel Paese dei Cedri, descritto come “un baluardo di libertà e dignità umana”.
A cinquant'anni dallo scoppio della guerra, durata dal 1975 al 1990, rimane aperta la questione di "cosa ci ha insegnato e cosa abbiamo imparato dalla distruzione", ha affermato il Patriarca. E ha aggiunto: "I martiri della resistenza libanese sono diventati un forte grido che proclama che il Libano può vivere solo in libertà e sovranità".
Per quindici anni, cristiani, sunniti, sciiti e drusi, così come palestinesi, siriani e israeliani, si sono combattuti in coalizioni mutevoli in Libano. Secondo diverse fonti, il numero delle vittime è stimato in circa 90.000 morti e 120.000 feriti. La guerra si concluse con l'accordo di Taif nel 1989. Alcuni accordi, come lo scioglimento di tutte le milizie e la consegna delle loro armi allo Stato libanese, non sono ancora stati attuati.
Il governo e l'esercito libanesi stanno attualmente cercando di disarmare le milizie di Hezbollah, che, con la guerra civile e il sostegno di Siria e Iran, sono diventate una forza potente nel Paese e sono persino rappresentate da ministri nel governo.
Il patriarca Rai ha più volte fatto appelli politici, messo in luce i rischi di Hezbollah e chiesto una “neutralità attiva”.
FOCUS AFRICA
Il nunzio in Sudafrica al pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora dei Dolori a Maria Raschitz
L’arcivescovo Henryk M. Jagodziński, nunzio in Sudafrica, ha partecipato, insieme al segretario di nunziatura, mosignor Giacomo Antonicelli, al Pellegrinaggio della Diocesi di Dundee al santuario di Nostra Signora dei Dolori a Maria Raschitz, cui hanno partecipato circa 40 sacerdoti e 5 mila fedeli.
Al termine della celebrazione, il nunzio ha notato come “un pellegrinaggio non è semplicemente un viaggio del corpo. È prima di tutto un viaggio del cuore”, e ha sottolineato che il viaggio al santuario non aveva solo “lo scopo di onorare Maria, ma di permettere alla sua guida materna di portarci a Gesù, suo Figlio”.
Il nunzio ha anche detto che la Madonna “è stata ai piedi della croce, colpita dal dolore, ma mai sconfitta. Nel momento in cui tutto sembrava perso, non ha smesso di credere che le promesse di Dio fossero vere. Con lo sguardo fissato in Cristo, ci insegna a perseverare, ad avere fiducia e a sperare quando la forza umana sola manca”.
L’arcivescovo si è augurato che il pellegrinaggio “faccia riscoprire in ciascuno di noi la fiamma della fede”.
FOCUS INTERVISTE
Il programma Hungary Helps
Secondo Tristan Azbej, “i politici cattolici possono fare molto per aiutare le comunità di fede a svolgere la loro missione all’interno delle nostre società, a beneficio di tutti, nel rispetto della loro autonomia”.
Azbej, Segretario di Stato ungherese per i Cristiani Perseguitati, era a Roma con i membri dell'International Catholic Legislators Network, che riunisce parlamentari, studiosi e politici cattolici provenienti da tutto il mondo. Come di consueto, il gruppo ha ricevuto un'udienza dal Santo Padre. Leone XIV li ha accolti il 23 agosto 2025.
Il Papa ha detto alla rete che “l’autentica fioritura umana steli da Che cosa IL Chiesa chiamate sviluppo umano integrale , o il pieno sviluppo di una persona in tutti dimensioni : fisica , sociale , culturale , morale e spirituale. Questo visione per la persona umana è radicata nella natura legge , il morale ordine che Dio ha scritto sul cuore umano , il cui più profondo verità Sono illuminato di IL Vangelo di Cristo”.
Azbej , responsabile di Hungary Helps, ha trovato che il messaggio del Papa si adatta agli obiettivi del programma del programma Hungary Helps che dirige.
Lei ha affermato che il messaggio del Papa all'ICLN è in linea con il lavoro di Hungary Helps. In che modo e in che modo?
È stato un privilegio ascoltare la saggia guida offerta ai politici cattolici da Papa Leone XIV. Ci ha parlato di un'autentica prosperità umana, che consiste nel garantire la libertà di cercare la verità, di adorare Dio e di crescere le famiglie in pace, includendo anche l'armonia con il creato e la solidarietà tra classi sociali e nazioni. L'obiettivo di Hungary Helps è proprio questo: permettere alle comunità cristiane di vivere in pace con i propri vicini ed esercitare la propria libertà religiosa, e aiutarle a raggiungere uno sviluppo armonioso verso un futuro sostenibile e giusto.
Quali sono i risultati raggiunti finora da Hungary Helps?
Dal lancio del programma Hungary Helps nel 2017, l'Ungheria ha finora sostenuto oltre 350 progetti in 64 paesi in tutto il mondo, con un budget totale di circa 100 milioni di euro (111 milioni di dollari) attraverso l'Agenzia Hungary Helps. È stata così in grado di aiutare in qualche modo circa 2 milioni di persone. Il principio fondamentale degli sforzi dell'Ungheria è quello di aiutare le comunità colpite dalla crisi a rimanere e prosperare nelle loro terre d'origine e di consentire un ritorno dignitoso ai rifugiati e agli sfollati. Un obiettivo esplicito, ma non esclusivo, degli sforzi ungheresi è quello di consentire ai cristiani perseguitati o discriminati per motivi di fede di preservare la propria identità, il proprio patrimonio materiale e immateriale e di rimanere e prosperare nelle loro terre d'origine. È sempre una grande gioia per me ricevere feedback come quello della scuola siro-ortodossa che abbiamo contribuito a costruire a Erbil, che è riuscita a convincere quella comunità a non emigrare, poiché la migliore istruzione è ora disponibile per loro lì. In altri ambiti, semplicemente sosteniamo o integriamo la missione sociale della Chiesa. Ad esempio, mi ha commosso incontrare alcune persone in Kenya che sono state aiutate dal nostro sostegno a tornare dalle baraccopoli di Nairobi alle loro terre d'origine e a riprendere la loro vita e il loro lavoro.
Hungary Helps è molto attiva in Medio Oriente. In che modo contribuisce all'attuale situazione in Terra Santa, con particolare riferimento alla situazione di Gaza?
Fin dalla sua istituzione, il Programma Hungary Helps ha prestato particolare attenzione al Medio Oriente. Ciò che l'Ungheria sta facendo nella situazione attuale non è protestare o invocare sanzioni, ma ascoltare gli attori locali – il più delle volte di fede cristiana – per capire come possiamo essere utili. Negli ultimi dieci anni, diverse centinaia di programmi di aiuto e sviluppo, di piccole e grandi dimensioni, sono stati realizzati nella regione del Levante con il supporto del Programma Hungary Helps, coinvolgendo Chiese e partner civili. Tra questi, spiccano i programmi implementati in Libano, Siria e Iraq, molti dei quali sono stati davvero unici e hanno colmato lacune cruciali nella regione. Tra gli esempi figurano i progetti a sostegno del ritorno e del nuovo inizio degli sfollati interni a Homs, in Siria, o le iniziative educative e agricole in Iraq, nelle terre bibliche della piana di Ninive. E l'elenco potrebbe continuare. Per quanto riguarda la situazione a Gaza, stiamo monitorando attentamente gli sviluppi. È chiaro che abbiamo un obbligo umanitario in questo contesto, non nel contesto della persecuzione cristiana – poiché la violenza in corso deriva piuttosto da un conflitto politico – ma con il chiaro obiettivo di sostenere coloro che si prendono cura delle vittime più vulnerabili di questa guerra. Poiché Hungary Helps sostiene spesso la missione sociale e umanitaria della Chiesa, ho contattato personalmente Sua Beatitudine il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, e poi abbiamo fatto tutto il possibile per sostenere la sua missione a sostegno di coloro che soffrono a Gaza, cristiani e musulmani. La presenza del Programma Hungary Helps in Medio Oriente è di fondamentale importanza per il programma nel suo complesso e continuerà a esserlo anche in futuro.
Dal tuo osservatorio specifico, di cosa hanno più bisogno il mondo e le comunità cattoliche? E cosa può fare la politica per aiutare le comunità cattoliche?
Per riprendere le parole del Santo Padre, la Chiesa cattolica ha bisogno di Cristo. Sono commosso dal messaggio chiaro e inequivocabile di Sua Santità Papa Leone XIII, che ci invita a porre Cristo al centro della nostra vita. Certo, i politici cattolici sono chiamati a essere autentici nell'esercizio della loro professione. E possono fare molto per aiutare le comunità di fede a svolgere la loro missione all'interno delle nostre società, a beneficio di tutti, nel rispetto della loro autonomia. Questo è alla base di ciò che il governo ungherese sta facendo in patria, ed è anche la filosofia del programma Hungary Helps: aiutare, ma non imporre la nostra agenda. L'Ungheria ha sempre evitato qualsiasi tipo di "colonizzazione ideologica".
Pensi che la religione sia minacciata nell'attuale ordine mondiale?
Da una prospettiva religiosa, possiamo dire che il male è sempre all'opera nel mondo, quindi la fede e, in alcuni paesi, gli stessi cristiani sono in pericolo. Da una prospettiva più politica, vedo molte ingerenze indebite e persino minacce da parte di ideologie laiciste radicali o dell'estremismo islamista che mettono in pericolo i cristiani. Basti guardare le notizie: cristiani massacrati in Nigeria, persone arrestate in alcuni paesi occidentali per aver pregato o citato la Bibbia, chiese vandalizzate o incendiate. Sono convinto che sia necessaria una maggiore leadership politica per porre fine a questi fenomeni.
In questi anni, abbiamo visto un aumento degli inviati speciali per la libertà religiosa – sebbene l'UE non abbia ancora nominato il nuovo – ma un calo degli uffici per i cristiani perseguitati – e Hungary Helps è un'esperienza in un certo senso "unica". Come valuta la necessità di un ufficio per la libertà religiosa? E in che modo pensa che l'esperienza di Hungary Helps possa essere un esempio per altri uffici simili?
La difesa dei diritti umani e della libertà religiosa in particolare è certamente molto importante. Ma è altrettanto importante garantire che le persone possano effettivamente vivere la propria libertà. Non sono esattamente libero di esercitare la mia religione se la chiesa viene distrutta, se non ho la possibilità di frequentare l'istruzione religiosa, se la Chiesa non può permettersi la formazione di nuovo clero, ecc. Quindi anche i dettagli pratici sono vitali. Questa è la specialità del Programma Hungary Helps: concentrarsi su questi bisogni concreti delle persone, in particolare dei cristiani, che sono in assoluto il gruppo religioso più perseguitato al mondo. Ci sono anche paesi occidentali che comprendono questo approccio e cercano di concentrarsi sulle questioni concrete, ma a volte i vincoli legali e amministrativi, o la necessità di rimanere politicamente corretti, frenano la loro buona volontà. L'Ungheria, attraverso la speciale legge Hungary Helps, ha fornito una solida base per la nostra attività umanitaria e di sviluppo. Rimaniamo aperti alla cooperazione con altri governi interessati, poiché la causa dei cristiani perseguitati o in pericolo è urgente e deve essere affrontata.
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