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Un servizio di EWTN News

Secondo Rapporto della Commissione per la Tutela dei Minori, focus su ascolto delle vittime e riparazione

La copertina del Rapporto Annuale della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori

Non usa mezzi termini, il Secondo Rapporto sulla Commissione per la Tutela dei Minori, nel descrivere l’abuso sessuale su minori e adulti vulnerabili da parte di coloro che ricoprono posizioni di autorità nella Chiesa. Lo definisce “un tradimento dell’amore di Dio”, così come lo è “la complicità verso di esso e la sua copertura di leader della Chiesa”, tanto che “l’ampiezza e la portata degli abusi e la complicità verso di esso creano un debito che supera quello di ciascun singolo caso: si tratta di un fallimento sistematico, sia a livello locale che mondiale, che richiede riparazione”.

Sono parole dure, che fanno prendere al rapporto i toni franco-tedeschi (e non a caso il nuovo presidente è un vescovo francese, Thibault Verny) di un problema sistematico, e non da valutare caso per caso, in situazioni specifiche. È come se nell’ansia della riparazione o di liberarsi dallo stigma, si sia portati semplicemente ad autoaccusarsi.

“Camminando al fianco di vittime e sopravvissuti – sottolinea Verny in conferenza stampa - abbiamo acquisito la profonda convinzione che la strada verso una cultura della protezione non è semplicemente per vittime e sopravvissuti, ma con loro. Questo cammino di conversione richiede che ci lasciamo raggiungere da ciò che ascoltiamo”. E ascolto è la parola chiave anche nella conferenza stampa di Maud de Boer-Bouquicchio, membro della commissione e già relatore speciale delle Nazioni Unite sullo sfruttamento sessuale dei bambini. L’input del gruppo di ascolto, quaranta vittime da quattro macro regioni – dice de Boer-Bouquicchio – sono state fondamentali nello sviluppo del concetto di riparazione presente nel rapporto.

Ma il rapporto – aggiungi de Boer-Boquicchio – “contribuisce anche ad affrontare il gap globale di dati sulla violenza sessuale contro i bambini. Io ho notato questo gap globale nel 2018 come Relatore Speciale delle Nazioni Unite, e lo porto all’attenzione anche oggi: è allarmante!”

Il rapporto

Si presenta così, il Secondo Rapporto della Commissione. Il primo era anche una sintesi del lavoro svolto in dieci anni di commissione, una sorta di saluto del Cardinale Sean Patrick O’Malley, che la commissione aveva pensata e voluta e che l’aveva delineata seguendo anche il metodo che aveva seguito quando aveva ereditato la disastrata arcidiocesi di Boston. Oggi, è il momento di normalizzare gli sforzi, di mettere a regime un sistema che ancora fa fatica ad essere compreso (nel rapporto, ci si lamenta spesso delle diocesi che non hanno risposto al questionario sulla risposta agli abusi) e di rendere operativi i quattro pilastri di verità, giustizia, riparazione e riforma istituzionale, tutti parte dell’approccio teologico-pastorale chiamato “Giustizia e conversione”.

Il tema di quest’anno è la riparazione, e per questo lo studio ha raccolto esperienze di riparazione di varie Chiese locali, mentre il gruppo di ascolto Vittime/Sopravvissuti della Commissione ha aiutato con diversi approfondimenti. “Abbiamo detto al Papa, nell’udienza che abbiamo avuto con lui lo scorso 16 settembre – dice il vescovo Luis Manuel Alì Herrera, segretario della Commissione – che si parla di un gruppo ampio di persone, abbiamo portato al Papa soprattutto voci, storie”. E il Papa “ci ha dato un appoggio incondizionato”, lo “stesso impegno di Papa Francesco, con uno stile ovviamente diverso, più personale, più analitico, ma ugualmente empatico”.

Le linee guida per la riparazione

Quali sono allora le linee guida per la riparazione? La commissione chiede prima di tutto di “assicurare centri di ascolto accoglienti per vittime/sopravvissuti” e di fornire servizi di supporto psicologico professionali. Ma chiede anche un riconoscimento e delle scuse pubbliche, una comunicazione proattiva e trasparente con le vittime, il coinvolgimento delle vittime e dei sopravvissuti nello sviluppo delle politiche e delle procedure della Chiesa.

Il rapporto è diviso in tre parti, e guarda sia alle Chiese locali che a quelle continentali. Si divide in quattro macroregioni, alle quali è stata applicata la metodologia del gruppo di ascolto delle vittime, le cui esperienze “informano direttamente l’analisi contenuta in questo Rapporto Annuale, in particolare per quanto riguarda le raccomandazioni della Commissione alle specifiche istituzioni ecclesiali”.

Il rapporto definisce anche un vademecum che delinea i sei ambiti in cui la Chiesa deve migliorare per adempiere ai suoi compiti verso le vittime: accoglienza, ascolto e cura; comunicazione, con scuse pubbliche e private; sostegno spirituale e psicoterapeutico; sostegno finanziario; riforme istituzionali e disciplinari; iniziative di tutela all’interno della comunità ecclesiale.

In quest’ultimo caso, è anche evidente l’esigenza di un protocollo semplificato per la dimissione e/o rimozione di leader/responsabili o personale della Chiesa in casi di abuso o negligenza.

È importante comunicare pubblicamente le ragioni delle dimissioni, quando la decisione riguarda casi di abuso e negligenza, dice il rapporto. Ed è interessante notare come questo vada un po’ contro la prassi che era invalsa con Papa Francesco, quando non veniva più specificato nel bollettino della Sala Stampa della Santa Sede sulla base di quale articolo del codice di diritto canonico il vescovo avesse lasciato il proprio incarico.

Dice il vescovo Alì Herrera, come membro della commissione che si occupa dei rapporti con gli altri dicasteri, che su questo tema si è sempre in contatto con i dicasteri interessati, con i quali si cerca di firmare un “impegno di collaborazione”.

Il Rapporto delinea anche l’importanza di creare una rete accademica con centri di ricerca universitari cattolici specializzati in diritti umani, così come quella di mettere a punto un meccanismo di segnalazione/denuncia, di tipo sistemico e obbligatorio, ad uso dei vari organismi di tutela nel contesto delle chiese locali. Raccomandazione, questa, complessa, perché è la stessa richiesta di molte organizzazioni secolari, e spesso va a toccare anche il Segreto stesso della Confessione.

“La Commissione  - si legge nel Rapporto - osserva pertanto come la capacità della Chiesa di promuovere una maggiore trasparenza ed esercizio della responsabilità istituzionale, avvalendosi della sua consolidata tradizione di rendicontazione periodica, si possa estendere alle politiche di tutela e alla loro attuazione. Il ruolo chiave svolto dai Nunzi Apostolici che camminano a fianco delle Chiese locali. La Commissione sottolinea l’importanza della propria vicinanza al corpo diplomatico della Santa Sede nel mondo, il quale occupa una posizione unica per incoraggiare, sostenere e accompagnare il ministero della tutela nelle Chiese locali”.

Benyam Dawit Mezmur, membro della commissione, ricorda di venire "da quella parte del mondo in cui si dice non ci siano casi. E mi vergogno, perché so che ci sono casi. Ma allora il problema è capire perché non si riporta, se c'è rischio di rappresaglia, quale è il motivo per cui non si riporta?". 

Le novità metodologiche

Due le novità metodologiche del rapporto, specialmente nella prima sezione, dedicata alle Chiese locali. Prima di tutto, ogni Paese vede anche presentare le osservazioni provenienti dal meccanismo di segnalazione/denuncia del Comitato sui Diritti dell’Infanzia delle Nazioni Unite, inclusi i rapporti ombra delle organizzazioni della società civile”.

Quindi, “la Commissione esamina e registra tutti i dati rilevanti in materia di tutela pertinenti alla Chiesa locale all’interno dello specifico Paese”, e questo “rappresenta un potente insieme di dati esterni —per incrociare, contestualizzare e verificare i dati forniti dalle autorità ecclesiastiche”.

Altra novità: “Durante la fase sinodale, la Commissione invita sistematicamente le conferenze episcopali e gli istituti religiosi a esaminare e commentare il testo preliminare. Tale metodologia è stata ampliata invitando anche il Nunzio Apostolico presente nella Chiesa locale interessata a fornire un contributo parallelo nel corso della fase sinodale, il che fornisce un ulteriore meccanismo di verifica dei dati trasmessi dai superiori e leader della Chiesa locale”.

La situazione in Italia

Tra le Chiese locali analizzate c’è quella italiana, andata in ad limina con alcune delle sue conferenze regionali. Pur lamentandosi che non tutte le conferenze regionali hanno fatto visita alla Commissione, questa “riconosce il lavoro dedicato dalla Conferenza alla creazione di un sistema multilivello (nazionale, regionale, diocesano e interdiocesano) di coordinamento, formazione e supervisione che supporta le Chiese locali fornendo loro personale professionale e ben formato”.

Ci sono in Italia 16 servizi per la tutela regionali, 226 servizi per la tutela diocesani e interdiocesani e 108 centri di ascolto.

(La storia continua sotto)

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È apprezzato anche il piano di lavoro quinquennale CEI per il Servizio Nazionale per la Tutela: Progetto di Lavoro del Servizio Nazionale Tutela Minori e Adulti Vulnerabili per il quinquennio 2024-2029, nonché l’istituzione, nell’ottobre del 2024, del Consiglio Nazionale in accordo con il regolamento del Servizio Nazionale per la Tutela dei Minori, che “tra le diverse responsabilità, ha quella di favorire un approccio sempre più integrato e collaborativo tra le diverse reti di tutela all’interno della Chiesa italiana, inclusi i rappresentanti della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali, della Conferenza Italiana Superiori Maggiori e dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia”.

Le finanze

Capitolo finanze. La Commissione ha messo in atto da tempo il fondo Memorare per le Chiese che non hanno la capacità finanziaria di implementare le procedure anti-abuso, e c’è attualmente in corso un protocollo con venti Paesi. Parte della Curia, chiamata a rendicontare a tutte le istituzioni finanziarie, le spese totali della Commissione nel 2024 sono ammontate a 547.312 euro, di cui 236.680 per il personale e la restante parte per le spese operative quali viaggi, eventi, attività di ricerca, materiali tecnologici e manutenzione delle strutture.

Nota il rapporto che “gli ultimi anni sono stati continuamente connotati, per la Santa Sede, da gravi difficoltà di bilancio, che — pur non comportando riduzioni al sostegno concesso alla Commissione — hanno impedito un aumento sostanziale dell’importo di bilancio della Commissione a carico della Sede Apostolica”.

Per questo, ci sono anche finanziamenti esterni, e in particolare la GHR Foundation, con sede in Minnesota (USA), che “ha generosamente accettato di sostenere la Commissione per un triennio (2023-2025)”.

Spiega il rapporto: “L’obiettivo di GHR è sostenere gli sforzi di riforma avviati da Papa Francesco nella Curia Romana. GHR dispone di un programma che fornisce alla Commissione esperti in materia di tutela, residenti nelle diverse regioni, per promuovere il programma della Commissione. Detto personale, non dipendente della Commissione o della Santa Sede, viene retribuito direttamente dalla GHR Foundation”.

GHR ha anche fornito alla commissione 71.612 euro.

Inoltre, nel 2024, la Commissione ha ricevuto con regolarità contributi dalla Conferenza Episcopale Italiana per un totale di 500.000 euro. Analogamente, essa ha ricevuto contributi dalla Papal Foundation, per un totale di 185.658 euro, e beneficia di un nuovo impegno pluriennale da parte della Conrad Hilton Foundation a sostegno della formazione e dello sviluppo delle competenze in materia di tutela, con particolare attenzione alla vita religiosa, che nel 2024 sono ammontati a 238.731 euro. La Commissione ha inoltre ricevuto un contributo di 15.000 euro da Porticus Stichting Benevolentia per sostenere la formazione e lo sviluppo delle competenze in materia di tutela nella regione europea, attraverso la conferenza europea della Commissione di novembre 2024.

Infine, la Conferenza Episcopale Spagnola ha stanziato fondi che distribuisce direttamente alle Iniziative Memorare in tutto il mondo, secondo la raccomandazione della Commissione. Analogamente, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha stanziato fondi che distribuisce direttamente alle Iniziative Memorare in tutto il mondo, secondo la raccomandazione della Commissione e un accordo di finanziamento congiunto.

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