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La Chiesa Cattolica in Estonia, tra le sfide della secolarizzazione e una nuova maturità

Il vescovo di Tallinn Philippe Jourdan

Dopo cento anni come amministrazione apostolica, la più antica del mondo, Tallinn è finalmente diventata una diocesi, certificando così una maturità che può avere un grande impatto, in termini di fedeli e di impatto. Nel frattempo, l’Estonia ha avuto anche il suo primo beato, il vescovo missionario Eduard Profittlich, che fu visto l’ultima volta pregare di fronte alle porte della cattedrale di Tallinn, e il cui destino è stato incerto fino a quando non fu trovata prova che era morto in prigionia.

Il vescovo Philippe Jourdan guida l’amministrazione, ora diocesi, di Tallinn da venti anni. Francese di nascita, è ormai estone di cittadinanza e la scorsa settimana ha guidato il pellegrinaggio giubilare dei fedeli dell’Estonia. Parlando con ACI Stampa, parla delle sfide della Chiesa estone, del processo di canonizzazione di Eduard Profittlich, dell’ecumenismo reale che si vive nel Paese.

Dopo un secolo da amministrazione apostolica, Tallinn è stata finalmente elevata al rang odi diocesi. Cosa è cambiato, e cosa non è cambiato con questa decisione?

Non è che questi cambiamenti abbiano un impatto immediato sulla nostra vita di ogni giorno. Ma è vero che, fin quando siamo stati amministrazione apostolica, rimaneva il messaggio che non c’è stata una Chiesa estone. E, diventando diocesi, ora abbiamo veramente un posto. Cambia soprattutto la maniera di capire la Chiesa in Estonia, che oggi va percepita come una Chiesa locale, non come una missione.

È importante il nome?

In un Paese in cui i credenti sono in maggioranza luterani, il nome di amministrazione apostolica non aiutava a capire questo aspetto. Oggi, invece, si capisce che questa non è una missione esteriore. Questo cambiamento di denominazione, diciamo così, è stato apprezzato anche dai politici estoni, che ora si riferiscono ad una comunità di credenti, ad una diocesi locale.

Lei è un vescovo missionario, e tutti i vescovi estoni sono stati missionari. Lo era anche il beato Profittlich. Ma c’è ora un clero autoctono? Quale è la situazione delle vocazioni?

Prima di tutto, dobbiamo dire che quando parliamo di vocazioni locali, non ci dobbiamo riferire solo agli estoni, ma anche ai russi di Estonia. Il 30 per cento della popolazione cattolica in Estonia è un russo di Estonia. La questione delle vocazioni va un po’ meglio, ma da poco. Tutti i nostri cattolici sono al momento convertiti o convertiti di  seconda generazione. Ovviamente, i convertiti possono anche diventare sacerdoti, ma è di certo più normale e più logico che le vocazioni nascano più facilmente in famiglie in cui si nasce cattolici. Stiamo arrivando a questo livello, che riguarda la maturità della Chiesa. Ad esempio, i Paesi nordici sono più avanti di noi in questo senso perché non hanno avuto cinquanta anni di dominio sovietico, sono più mature, mentre noi stiamo ancora maturando.

Che impatto ha avuto la beatificazione del vescovo Profittlich sull’opinione pubblica estone?

Ha avuto un impatto molto significativo. La beatificazione è stata trasmessa dalla televisione di Stato. È stato importante, e non solo per la beatificazione, ma perché Profittlich è un simbolo, un qualcosa in cui tutti si possono riconoscere. Non c’è una famiglia estone che non abbia perso un membro nelle carceri sovietiche. Il 20 per cento della popolazione estone fu deportato in Siberia. Non tutti morirono lì, ma molti sì, e di molti non si è saputo il destino per anni, come Profittlich.

Dunque, l’opinione pubblica si è riconosciuta nella storia di Profittlich?

Sì. Noi, alla vigilia della beatificazione, abbiamo organizzato una lettura pubblica, svolta da tutti i rappresentanti dei settori sociali, di tutte le 23 mila vittime della repressione. Per leggere tutti questi nomi ci vogliono circa 24 ore, ma leggerli dà un senso profondo di quello che si è patito, si comprende che non stiamo parlando solo di una cifra, ma di persone.

È per questo che anche i luterani estoni considerano Profittlich un loro santo?

Sì. Ci sono due luterani che ci hanno accompagnato nel pellegrinaggio a Roma, e che hanno aiutato anche finanziariamente la causa di beatificazione. E uno di loro mi ha detto che pensa che Profittlich non sia solo il santo dei cattolici, ma anche dei luterani, e che il suo impegno non finirà finché l’arazzo con l’immagine di Profittlich sarà sulla facciata della basilica di San Pietro, vale a dire fino alla canonizzazione.

La beatificazione è per martirio, per la canonizzazione serve un miracolo riconosciuto. Ci sono già miracoli attribuiti all’intercessione di Profittlich? Si prega per lui

Ci sono molte preghiere, ma la venerazione si sta ancora diffondendo. Profittlich è stato tra quelle persone scomparse negli anni Quaranta del secolo scorso, morte senza sapere che fossero morte, e la sua memoria si è comunque affievolita con la scomparsa o difficoltà della Chiesa cattolica. È lo stesso problema dei martiri russi del XX secolo. Anche l’arcivescovo di Mosca Pezzi mi diceva che il problema più grande è proprio il fatto della perdita della fama di santità, perché i cattolici di oggi non sono più quelli delle famiglie di prima. Per questo, il processo di canonizzazione, che è durato diversi anni, ci ha aiutato a fare conoscere di più la personalità del vescovo Profittlich. Prima si sapeva solo che l’ultimo vescovo avuto in Estonia era morto nei gulag, ma poco di più. Il processo ha accelerato senza dubbio questa coscienza della santità, perché abbiamo pubblicato più cose che abbiamo trovato negli archivi del KGB.

Cosa c’era negli archivi?

Abbiamo ritrovato tutti i testi degli interrogatori che gli hanno fatti in carcere. Sono documenti impressionati, perché non sono una agiografia. Si tratta di un protocollo, della registrazione di un condannato a morte. E lì si vede la santità, e questo aiuta a riconsocere l’importanza di Profittlich. Le persone cominciano a comprendere meglio cosa è la comunione dei Santi, e anche l’intercessione dei santi, cosa che non è scontato in un Paese luterano. Anche se poi un luterano estone mi ha detto che i protestanti non hanno veramente niente contro il ricorrere all’intercessione di un santo.

Papa Francesco è stato in Estonia nel 2018. Quanto la visita ha contribuito a dare visibilità alla beatificazione di Profittlich?

Quando Papa Francesco è stato a Tallinn, gli ho mostrato in cattedrale la lapide posta sul luogo dove si fermò in preghiera prima di essere deportato. Il Papa mi ha chiesto se Profittlich fosse martire, io gli ho risposto di sì, e lui mi ha risposto: “Santo subito”. Ora – mi permetta lo scherzo - sappiamo che a Roma “subito” significa “in sei anni”, perché tanto c’è voluto per finalizzare la beatificazione. Ma è vero che il Papa ha dato una spinta notevole. Poi noi abbiamo organizzato delle conferenze per farlo conoscere.

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