venerdì, dicembre 05, 2025 Donazioni
Un servizio di EWTN News

Padre Pugliese spiega la realtà della Chiesa in Turchia. L'importanza del viaggio di papa Leone XIV

La cattedrale dello Spirito Santo
Padre Pugliese, al centro; a sinistra della foto, il patriarca Bartolomeo
La comunità dei frati cappuccini in Turchia

Per conoscere meglio la realtà della Chiesa in Turchia, e per parlare del primo viaggio apostolico di papa Leone XIV, AciStampa ha intervistato padre Paolo Pugliese, cappuccino, che vive da più di dieci anni in Turchia. Oggi è delegato dei frati minori cappuccini nel Paese.

Turchia, terra che parla al nostro oggi. E tanto. Voi, frati cappuccini, è da tempo che siete presenti in questa terra. Dove svolgete il vostro servizio?

Una presenza, quella di noi frati cappuccini, che rimane ancora importante. Sì, rimane importante anche se piccolina. Qui a Istanbul, abbiamo il convento sulla parte europea, siamo l'ultima chiesa a ovest di Istanbul. Come cappuccini siamo presenti in luoghi importanti: vi è la casa di Maria ad Efeso, dove ci sono appunto dei frati che ricevono essenzialmente i pellegrini sia di fede musulmana che cristiana. E poi, Efeso è il luogo dove appunto Giovanni ha scritto il Vangelo, e vissuto fino alla morte. Noi stiamo in questo piccolo santuario, Meryem Ana Evi, da una sessantina d'anni, è un luogo in cui si sente molto il dialogo interreligioso. Poi abbiamo altre due presenze nel sud. Uno di questi due siti è a Mersin, grande città portuale, poco distante da Tarso, patria di Paolo, per intenderci. Qui, animiamo l'unica chiesa cattolica della città. Infine abbiamo un'altra presenza, ai confini della Turchia con la Siria, ad Antiochia. Città altrettanto importante per il Cristianesimo: Antiochia è il luogo dove per la prima volta i discepoli di Gesù sono stati chiamati “cristiani”. È posta a una cinquantina di chilometri al confine con la Siria.

 

Cosa rappresenta per la Chiesa in Turchia questo viaggio di papa Leone XIV?

Aspettavamo il pontefice. Un viaggio importante per diversi motivi. Dobbiamo premere che la chiesa cattolica turca è un'area piccola piccola. Assai piccola. E non ha personalità giuridica. Una piccola chiesa che si potrebbe definire un fiorellino di campagna. Per questi motivi ricevere la visita del Papa significa sentirsi parte di qualcosa di molto più grande e rilevante, sia a livello diacronico (nel tempo) che sincronico (cioè nello spazio). La presenza del Pontefice dà un senso di appartenenza, un po' di respiro. Non è certo facile quando si vive da minoranza. Questo viaggio è proprio questo: un respiro a questa piccola comunità di fedeli! Siamo pochi, ma ecco che in questi giorni il papà ci ascolta, ci guarda: è bellissimo tutto ciò! 

 

Una minoranza che accoglie il papa. Una minoranza a cui il pontefice presta attenzione. Come primo viaggio - seppur doveva essere papa Francesco a compierlo - Leone XIV sceglie proprio un piccolo popolo. In fondo, non pensa, che potrebbe essere anche un messaggio che va oltre ai luoghi di questo viaggio? Un messaggio a una cristianità che, vista l'Europa secolarizzata, è sempre più piccola?

È molto opportuna questa sua riflessione. In fondo, potrebbe anche essere così. E questo si allaccia a un pensiero che spesso mi si affaccia: la Chiesa della Turchia vive una condizione profetica rispetto alla Chiesa d'Europa. Mi spiego meglio: la crisi che la chiesa sta vivendo in Europa qui è stata vissuta secoli fa, e ora i fedeli sono pochi, così come i sacerdoti, i mezzi… Pochi, piccoli, ma chiese vive. Il fatto che il papa venga qui e che ponga il suo primo sguardo a una chiesa che è di minoranza, fa riflettere anche su ciò che sta accadendo in Europa, e offre nuovi orizzonti anche altrove. 


Nicea, 1700 anni dopo. Quale possibilità di dialogo dopo il viaggio di papa Leone XIV? Concretamente cosa potrebbe cambiare sia nella chiesa locale sia a livello internazionale?

Cominciamo col dire che sicuramente le due sfere si toccano. A livello ecumenico penso che papa Leone XIV il Papa sia stato molto accorto nel senso che è stato invitato da Bartolomeo ma ha messo nel programma delle visite sia al patriarcato armeno che alla Chiesa siriaca: queste sono le due realtà importantissime, due realtà di una grande storia dietro alle spalle. Due chiese antichissime: basterebbe pensare alla Chiesa siriaca, una chiesa che prega la sua liturgia, le sue preghiere, che celebra le sue funzioni in siriaco che sarebbe una variante dell'aramaico, la lingua parlata da Gesù. Quindi, è una Chiesa importantissima che però è stata tendenzialmente al di fuori dell'impero romano, dell'impero bizantino, e quindi non ha mai avuto un imperatore che la tutelasse, per intenderci. Poi, abbiamo la Chiesa armena che ha avuto al suo inizio un impero. L'Armenia nel 303 diventa tradizionalmente per la prima volta l'impero cristiano, prima ancora dell'impero romano: in sintesi, una Chiesa importantissima, orgogliosa di questo primato, anche se poi la sua storia è stata travagliata come sappiamo fino ad arrivare al '900. Ecco, queste due Chiese sono in realtà importantissime in Turchia, perché numericamente sono molto più grandi della Chiesa cattolica. Il fatto che il pontefice le vada a trovare credo che sia proprio un fatto importantissimo: una scelta molto intelligente, una cosa anche molto sentita. Una scelta chiara che spero porterà un cammino davvero assieme. E il pontefice mi sembra più che determinato in questa direzione. Lo ha ripetuto più volte: ha parlato al plurale. “Camminiamo insieme”. Ricorda molto quel “Noi crediamo” del Concilio di Nicea, appunto. 

 

E sotto l'aspetto politico potrebbe cambiare qualcosa dopo questo viaggio? 

Papa Leone XIV porta qui anche la sua presenza come responsabile civile, come voce a tutela dei diritti civili dell'umano. Per questi paesi islamici, la Turchia è infatti un paese islamico, sentire la voce del pontefice che si è scagliato contro gli attacchi violenti a Gaza, ha segnato anche una certa vicinanza, mi sembra. E poi, non possiamo dimenticare, come dicevamo prima l'importanza di questo viaggio sotto l'aspetto storico-biblico, spirituale: le radici con i discepoli. 

 

Turchia, un territorio visitato da diversi pontefici: Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, e papa Francesco. Ora, papa Leone XIV. Possiamo dire, allora, che è davvero una terra che “attira” la Santa Sede?

In fondo, a questa a lista, vogliamo aggiungere anche Roncalli, non come pontefice ma come Nunzio apostolico sì. La lista, dunque, si allarga ancora di più. Roncalli che ha vissuto diversi anni in questo territorio: una presenza, la sua, tra l'altro particolarmente rilevante, perché i suoi diari raccontano come lui abbia accolto di buon grado certe istanze, come quella di non vestirsi da sacerdote, di non esporre simboli religiosi. Poi mi sembra interessante anche che lui abbia un po' amato la realtà della Turchia. Mi chiede: perché “attrae” così tanto la Santa Sede, questa terra? La Turchia è prima di tutto una terra santa. Se la Palestina e Israele rappresentano la Terra Santa perché c'è stato Gesù, perché su quelle terre è passato, abbiamo la Turchia come luogo dove i suoi discepoli si sono intrattenuti, hanno fatto i loro viaggi. Penso a Paolo, a Giovanni, a Filippo, alla stessa Vergine a Efeso. In fondo, mi aspetto che lo stesso papa Leone XIV ritorni fra sei anni per l'anniversario del concilio di Efeso. 



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