venerdì, dicembre 05, 2025 Donazioni
Un servizio di EWTN News

Ecumenismo, la guarigione della memoria, il dialogo con gli anglicani

Un'immagine dell'informal meeting tra Chiesa Cattolica e Comunione Angicana

L’immagine di Leone XIV con i patriarchi ortodossi sull’antico sito dove avvenne il Concilio di Nicea ha mostrato come il dialogo ecumenico sia continuo e vivo, nonostante le difficoltà. Nell’ultimo mese, tuttavia, non c’è stato solo il dialogo, costante, con le Chiese dell’oriente cristiano. C’è un dialogo con la Comunione Anglicana che è in corso, e un lavoro anche con le altre confessioni cristiane da considerare.

Due, in particolare, gli incontri importanti dell’ultimo mese. Il 10 e l’11 novembre, il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha ospitato i rappresentanti dell’Anglican Communion Office di Londra, dell’Anglican Centre di Roma e del comitato direttivo della Commissione Internazonale Anglicana – Cattolica Romana per l’Unità e la Missione (IARCCUM).

L’occasione erano i cosiddetti Annual Informal Talks tra anglicani e cattolici. Il dicastero era rappresentato dall’arcivescovo Flavio Pace, segretario del dicastero, accompagnato dal benedettino Martin Browne, che è l’officiale responsabile per i rapporti con la Comunione Anglicana.

Oltre agli aggiornamenti sul lavoro delle due commissioni bilaterali anglicano-cattoliche e dell’Anglican Centre di Roma, gli incontri hanno offerto l’occasione per conversazioni informali sugli eventi attuali nelle due comunità, tra cui la morte di Papa Francesco e l’elezione di Papa Leone, la nomina del nuovo Arcivescovo di Canterbury, la commemorazione del Concilio di Nicea e la riunione prevista dell’Anglican Consultative Council in Irlanda nel 2026.

Da Roma a Vienna. Dal 13 al 16 novembre 2025, la Fondazione Pro Oriente ha organizzato a Vienna una conferenza ecumenica internazionale dal titolo “Healing of Wounded Memories: The Responsibility of Churches to Heal”.
La conferenza era promossa dal Pro Oriente Steering Committee for Orthodox-Catholic Dialogue (POSCOCD), e vi hanno partecipato 70 persone provenienti da 25 Paesi, tra cui esperti di diverse discipline e ambiti di lavoro.

La maggior parte proveniva dall’Europa sud-orientale, dal Medio Oriente e dall’Europa orientale, le tre regioni al centro del progetto, dove le relazioni ecumeniche tra cattolici e ortodossi svolgono un ruolo particolare nella coesione sociale.

Nell’ambito della conferenza si è tenuta anche una tavola rotonda pubblica presso l’Accademia Diplomatica di Vienna, in collaborazione con l’Accademia stessa. Il Rev Hyacinthe Destivelle OP, Officiale del DPUC e membro del POSCOCD, ha tenuto un intervento nel corso di una tavola rotonda dal titolo “From Polite Ecumenism to Joint Prophetic Witness”.

La conferenza ha affrontato ripetutamente sia il legame che la tensione tra sfide concrete e questioni teologiche fondamentali. Tra i temi chiave figuravano il trauma e la spiritualità, il rapporto tra il leadership ecclesiale e i parrocchiani, e il coinvolgimento di istituzioni ecclesiastiche e di individui nella diffusione di stereotipi ostili. È stata inoltre sottolineata la necessità di un lavoro collaborativo su un linguaggio non violento e rispettoso, sia all'interno della Chiesa che nei media. Due tavole rotonde, composte da rappresentanti di diverse confessioni e istituzioni ecumeniche, hanno esplorato gli attuali limiti e le possibilità del dialogo e della cooperazione tra le Chiese.
Il dialogo non è disgiunto dalle esperienze di ingiustizia.

Il dialogo tra i partecipanti, così come le testimonianze personali di esperienze di guerra e di oppressione provenienti dalle tre regioni, ha reso chiaro che lo scambio teologico ed ecclesiastico non può raggiungere risultati fruttuosi senza considerare queste esperienze di ingiustizia, attuali o storiche.

Il presidente di PRO ORIENTE, Clemens Koja, ha sottolineato al termine della conferenza: "Durante l'intero progetto, è diventato sempre più chiaro che concentrarsi esclusivamente sulle memorie ferite non è sufficiente, poiché in queste regioni si stanno attualmente infliggendo nuove ferite. Questa consapevolezza ci ha mostrato quanto sia importante reagire in modo flessibile agli sviluppi attuali e affrontare le problematiche individuate sul campo: un compito che continuerà ad accompagnarci anche in futuro".

La coordinatrice del progetto PRO ORIENTE, Viola Raheb, responsabile del progetto insieme alla Prof.ssa Regina Elsner della Commissione per il dialogo ortodosso-cattolico della fondazione, ha sottolineato "che nella concezione della conferenza era importante dare voce alle iniziative locali valide e funzionanti delle regioni che contribuiscono concretamente al superamento dei pregiudizi e della violenza, nonché alla promozione dell'incontro e della pace".

In conclusione, ha espresso la sua profonda gratitudine per la fiducia riposta in PRO ORIENTE dai partecipanti. Ha sottolineato l'importanza di offrire uno spazio sicuro in cui questo scambio potesse avvenire. "Questo vale soprattutto per coloro che hanno corso un rischio considerevole per essere lì e viaggiare fino a Vienna. A tutti loro, esprimiamo il nostro sincero apprezzamento e ringraziamento."

Un tema ricorrente durante le giornate trascorse insieme è stata la ripetuta domanda sulla necessità di creare reti, di una più forte cooperazione a livello locale, regionale e internazionale e di uno scambio di esperienze all'interno delle Chiese, tra le Chiese e anche tra le Chiese e gli attori socio-politici.

Al termine della conferenza, la professoressa Regina Elsner, portavoce del gruppo di lavoro della commissione "Guarire le memorie ferite", ha sottolineato: "Questa conferenza, come l'intero progetto, ha dimostrato che tutti i processi ecumenici di comprensione devono considerare la realtà delle persone sul campo affinché i loro risultati siano efficaci in quella realtà". Ha affermato che non è possibile raggiungere accordi ecumenici senza trasformare le specifiche strutture di ingiustizia di cui le Chiese sono spesso complici, attivamente o attraverso il silenzio. "I leader della Chiesa e gli attori ecumenici possono imparare molto dal coraggio e dall'iniziativa dei partecipanti provenienti da zone di guerra", ha concluso Elsner.

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