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Don Maurizio, il cuore "verde" della speranza cristiana

Don Maurizio con Papa Benedetto XV  |  | Facebook/ OR Don Maurizio con Papa Benedetto XV | | Facebook/ OR

Quella di don Maurizio Patriciello è una vita di battaglie. Lo chiamano il prete della “terra dei fuochi”, ma lui ci tiene a dire che è un sacerdote, che la sua strada è amare la gente.

Parlare di vocazione con lui è una esperienza coinvolgente. Ha mille cose da raccontare. Episodi, storie, attività che lo tengono in moto tutti i giorni. Ma, come ripete, è soprattutto un prete e la sua vita è con Gesù anche quando va nelle discariche per mobilitare non tanto l’opinione pubblica, ma le coscienze.

A Caivano, nella parrocchia di San Paolo ci è arrivato tanti anni anni fa. E pensare che la zona si chiama Parco Verde. Sembra quasi uno scherzo. Ma non sono uno scherzo le giovani vittime di un degrado dal quale non sembra esserci una via di fuga. Così le foto delle vittime  don Maurizio le mette sull’altare, perchè interroghino tutti quelli che si fermano a pregare.

 

 

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Che cosa significa per te la vocazione, e come è nata?

 

É il Signore che ti prende per mano quando meno te lo aspetti. Io da dieci anni non frequentavo più la Chiesa, non ci pensavo nemmeno, e l’idea più lontana da me era quella di diventare prete. Ero capo reparto, paramedico all’ospedale a Napoli. Un giorno per puro caso ho dato un passaggio ad un frate francescano. Facevamo la stessa strada io ero in macchina. Era un francescano di osservanza strettissima, con i i sandali ai piedi e un saio grigi. Ci siamo messi a parlare, gli ho chiesto perchè aveva fatto questa scelta, abbiamo parlato di tante cose. Poi io giravo a destra e lui a sinistra e ci siamo lasciati. Ma da qual giorno piano piano per me è cambiato tutto. Era il 1984. Certo non pensavo davvero che mi sarei occupato un giorno di ambiente, di questo dramma infinito che devasta la gente oltre che la natura.

La difesa del creato ha avuto un ruolo specifico nelle tua vocazione?

No non direi. I miei interessi erano più rivolti verso la letteratura, la storia. Ma anche in questo caso è stato il Signore a prendermi per mano in modo inatteso.

Da poco era sorto un quartiere di case costruite in fretta per i terremotato dell’ 80. Un brutto quartiere con un chiesa di quelle moderne davvero brutte. Un quartiere difficile dove il vescovo non voleva mandare un sacerdote troppo giovane. Io ero stato ordinato da solo un anno, ma avevo trentacinque anni e il vescovo mi scelse. Mi disse: prova per un anno se non ce la fai poi vediamo. Dopo qualche mese ero in crisi, ma mi sono detto: non puoi fare questa figura con il vescovo. E così sono rimasto. Da tanti anni. É stato così che ho preso piano piano coscienza di quello che dovevo fare, della mia missione. Non è che sia un ambientalista, no, io amo l’uomo, il Creato di cui l’uomo è parte, di cui l’uomo è custode.

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Se maltrattiamo la natura, se l’uomo non la difende e la protegge questa distrugge noi.

E così ho iniziato una battaglia, che è anche spirituale. Per aiutare la mia gente, per essere vicino alle persone che qui muoiono.

Fin dall’inizio io scrivevo alcuni articoli per Avvenire, ma mai al mondo mi sarei sognato di essere quello che portava politici e giornalisti nelle discariche. Ma è il Signore che ha tracciato la strada perchè mi ha messo davanti quello che dovevo fare.

 

Il Papa ha pubblicato una enciclica sull’ ecologia in senso molto ampio anche spirituale. Come può un giovane arrivare alla vocazione attraverso la difesa del creato?

Il Papa dice sempre: Dio perdona sempre, gli uomini a volte la natura mai. Ecco credo che ci dobbiamo ricordare questo. Parlando di spiritualità penso che quando pensiamo a riflettere immaginiamo di farlo sempre in qualche bel posto. In riva al mare, su una montagna, non pensiamo mai a farlo davanti ad una discarica. Invece dovremmo imparare anche questo. Perchè è un insegnamento che dovremmo imparare vedendo come l’uomo riesce a distruggere la natura e se stesso. Vedere questi scempi ci deve fa capire che invece tendiamo e sogniamo il bello, il bello assoluto che è Dio.

Qualche tempo fa sono stato ad una mostra fotografica fatta da giovani. Avevano esposto foto belle solo del passato, e qualche panorama. Ecco sembra che oggi non riusciamo più a capire e vedere il bello.

Una vera battaglia spirituale oltre che sociale?

É qualcosa di più è portare l’attenzione sull’uomo, sulle persone. Vedi il quartiere dove lavoro è un quartiere difficile. Negli ultimi anni ci hanno ammazzato dieci persone. E ultimamente lo fanno al mezzogiorno, quando i ragazzi escono da scuola. E se qualcuno mi chiede: ma tua sei un prete anticamorra? Io gli rispondo, semplicemente sono un prete. Il mio compito è questo è portare l’ amore di Dio alla gente.

Da noi la gente muore, e che deve fare un prete? Deve pensare a loro. Alle mamme trentenni che muoiono di leucemia per i resti tossici e a quelli che avvelenano la terra, a quelli che uccidono. Da noi ormai anche l’acqua è avvelenata.

Essere vicino a queste persone è una missione speciale?

Certo, ma questo è il lavoro del sacerdote. Un po’ di tempo fa un anziano pensando di scandalizzarmi mi ha detto, in napoletano: io sono cinquant’anni che non metto piede in chiesa! Sia cosa gli ho risposto, sempre in napoletano: Nonno, ti sei perso il meglio!

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Eh si perché questo è il fatto. Ci dimentichiamo troppo spesso che Gesù è il meglio che possiamo avere. Questo direi ad un ragazzo che fosse in discernimento vocazionale: Gesù è tutto, è il meglio. E anche quando vedo le cose brutte che accadono, poi penso vedo anche i nostri giovani che si mettono a pregare davanti al Sacramento, nella chiesa alla luce della candele, qual chiarore illumina le coscienze.

La natura è una strada per la vocazione ?

La strada delle mia vita l’ha fatta il Signore, mi ha messo a difendere l’uomo, e per difenderlo devo difendere la natura, la bellezza a cui tutti tendiamo, che vogliamo.

Bisogna imparare a lasciarsi condurre. Per me la vocazione è significata il meglio della vita, imboccare la strada che da sempre Dio aveva preparato per me. E la strada passava anche per le discariche. Dobbiamo imparare che  se distruggiamo la natura, Creato di cui facciamo parte, andiamo contro noi stessi e contro Dio .

 

Articolo pubblicato sulla rivista ROGATE ERGO