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Ecumenismo, quali le sfide in Europa?

Il Cardinale Kurt Koch, in una conferenza alla vecchia università dei Gesuiti a Graz, spiega le grandi sfide dell’ecumenismo oggi

Cardinale Kurt Koch | Il cardinale Koch durante la conferenza del 10 giugno a Graz, Austria | christianunity.va Cardinale Kurt Koch | Il cardinale Koch durante la conferenza del 10 giugno a Graz, Austria | christianunity.va

Le Chiese cristiane non possono più presentare l’immagine di un cristianesimo litigioso, altrimenti saranno cancellate. Piuttosto, sono chiamate ad operare una vera riconciliazione, e così potranno dare il loro vero contributo all’Europa. È questo il senso dell’articolata relazione tenuta dal Cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, su “Sfide ecumeniche in Europa. A un quarto di secolo dalla Seconda Assemblea Ecumenica Europea”.

La conferenza si è tenuta a Graz lo scorso 10 giugno, e la relazione del Cardinale Koch ha non solo affrontato il tema della divisione delle Chiese cristiane, ma anche quello delle prospettive ecumeniche, fino a toccare la questione dell’alleanza tra trono e altare che ha portato all’appoggio del Patriarca di Mosca Kirill alla guerra in Ucraina.

Il Cardinale ha prima di tutto delineato la panoramica storica della divisione dei cristiani. Martin Lutero, ha spiegato, non voleva creare uno scisma, ma piuttosto riformare la Chiesa. Invece, la situazione che ne nacque ebbe “conseguenze fatali”, con le “sanguinose guerre di religione che seguirono nei secoli XVI e XVII nell’ambiente sociale europeo”, tanto che “il cristianesimo storicamente era tangibile solo nella forma delle varie denominazioni che si combattevano fino alla morte”.

La conseguenza inevitabile di questa costellazione storica – ha detto il Cardinale Koch - fu che la pace confessionale doveva essere acquistata a caro prezzo, che le differenze confessionali e, alla lunga, il cristianesimo in generale furono ignorate per dare una nuova base alla pace sociale”. E questa base sociale ha dato luogo alla “moderna secolarizzazione”, che ha a sua volta ha spogliato la stessa fede cristiana della sua missione di pace sociale, nel senso di gettare le basi, mantenere e rinnovare l'ordine di vita sociale e la sua conseguente privatizzazione devono essere giudicate”

Il Cardinale Koch osserva che “questa diagnosi deve implicare una consapevolezza ecumenicamente sensibile che il recupero di una missione pubblica del cristianesimo nelle società secolarizzate dell'Europa oggi presuppone il superamento delle divisioni ereditate in una ritrovata unità dei cristiani”.

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Secondo il capo del dicastero ecumenico vaticano, “il movimento ecumenico non può quindi essere privo di conseguenze per il rapporto tra la cultura secolare moderna e il tema della religione in generale e il cristianesimo in particolare conseguenze storiche della reciproca alienazione in costante progresso nella Chiesa tra Oriente e Occidente, che è stata una delle ragioni principali per cui il cristianesimo latino si sviluppò in modo alquanto unilaterale e provocò quella grave crisi della Chiesa nel tardo medioevo, che portò infine alla tragica scissione dell'Occidente che portò il cristianesimo”.

La questione dello scisma di oriente è ancora differente. Koch nota che “non vi fu scisma nel vero senso della parola e nessuna condanna formale definitiva”, ma piuttosto un allontanamento, una “alienazione reciproca” che ha “ricevuto un nuova attualità nel presente”.

“Il fatto – dice il Cardinale Koch - che il patriarca russo-ortodosso Kirill abbia persino osato legittimare religiosamente la terribile e assurda guerra russa in Ucraina provoca soprattutto un'ulteriore memoria storica che le diverse concezioni del rapporto tra Chiesa e Stato si sono sviluppate nella Chiesa in Oriente e in Occidente”.

Mentre, in una storia “estremamente complicata”, la Chiesa in Occidente “ha dovuto imparare ed ha imparato la separazione tra Chiesa e Stato”, nella Chiesa d’Oriente c’è “una stretta connessione tra il governo statale e la gerarchia ecclesiastica”, in quella definita come una “sinfonia di Stato e Chiesa”, che però è sempre “più gravata da ipoteche, come mostra l’atteggiamento problematico del patriarca Kirill nei confronti della guerra di Putin in Ucraina”.
Anzi, “viene giustamente sollevata la questione se questo modello tradizionale possa forse giungere alla sua fine storica con la guerra in Ucraina”. Anche perché la questione del rapporto Chiesa e Stato è stata finora “meno curata” nel dialogo, ma in futuro “necessiterà di una speciale attenzione ecumenica, cioè nel senso di un ecumenismo culturale”.

È anche qui che si gioca il futuro dell’ecumenismo, perché ci si deve impegnare “a fare in modo che le differenze culturali non rappresentino più ostacoli alla comprensione e alla riconciliazione, ma possano essere viste come arricchimenti”.

Il Cardinale Koch nota che c’è bisogno di “prendere coscienza dell’importanza fondamentale del movimento ecumenico per il cristianesimo nell’Europa moderna”, perché questo movimento “ha brillato come un faro nel Mar Rosso dell’Europa intrisa di sangue”.

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A questo proposito, Koch ricorda che la seconda assemblea a Graz nel 1997 è stata celebrata con l'importante tema "Riconciliazione - dono di Dio e sorgente di vita nuova", mentre il terzo incontro a Sibiu nel 2007 è stato celebrato con il bellissimo tema "La luce di Cristo risplende su tutti". Eppure, il mondo in questi venti anni non è diventato un posto migliore, si è fatta strada la questione ecologica, ma anche il mancato rispetto dei diritti umani, che pure “possono essere identificati come i frutti preziosi della fede cristiana in Dio”.

In fondo, l’Europa è culla dell’umanesimo, ma può rimanere tale solo “se continua a considerarsi fondata sulla fede cristiana”, perché “”la fede in Dio e l'umanità sono inseparabilmente unite”.

“Già l'affermazione storica che dalla fede cristiana nel Dio Creatore e dalla sua incarnazione in Gesù Cristo, il riconoscimento dell'inviolabilità della dignità umana, che Dio eredita da ogni singolo essere umano – dice il Cardinale Koch - sviluppa il principio guida dell'uguaglianza di tutti gli esseri umani davanti la legge e l'idea dei diritti umani sono stati documentati che la fede in Dio giova all'uomo, al riconoscimento della sua dignità e alla protezione della sua vita”.

Oggi, però, dopo anni di riavvicinamento, sono oggi emerse “differenze significative nelle questioni etiche, principalmente nelle questioni etiche del matrimonio, della famiglia e della sessualità, in particolare nell'orizzonte del gender mainstream di oggi e nelle questioni bioetiche all'inizio e alla fine della vita umana, questo sviluppo pone una sfida particolare all'ecumenismo cristiano di oggi”.

Sottolinea il Cardinale Koch: “Se le Chiese cristiane non possono parlare con una sola voce delle grandi questioni etiche della vita umana e della convivenza sociale, ciò non solo danneggia l'ecumenismo, ma anche la voce cristiana nelle società secolarizzate d'Europa diventa sempre più debole”.

Il cardinale sottolinea poi i metodi dell’ecumenismo, da quello della preghiera a quello dei martiri, ma mette anche in luce come “la ricerca ecumenica dell'unità della Chiesa è esposta a un forte vento contrario nello zeitgeist pluralistico e relativistico che è diventato in gran parte una cosa ovvia oggi”, dove “ogni ricerca dell'unità appare premoderna e antiquata”, e che ha preso anche il pensiero ecumenico, in un momento in cui “sembra che le persone non solo abbiano fatto i conti con il pluralismo storico delle chiese e delle comunità ecclesiali, ma lo abbiano anche accolto in linea di principio, così che la ricerca ecumenica dell'unità visibile della Chiesa appare irrealistica e valutata come indesiderabile”.

Allora, esorta il Cardinale, “i cristiani devono quindi avere il coraggio e allo stesso tempo l'umiltà di affrontare lo scandalo ancora esistente di un cristianesimo diviso e di mantenere viva la questione dell'unità con gentile persistenza”, e questo si può fare anche alla luce dei prossimi anniversari, perché “nel 2025 celebreremo il 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico nella storia della Chiesa, avvenuto a Nicea nel 325 ha preso posto”, Concilio che “ha il grande merito di aver formulato la sua confessione di Gesù Cristo come base della comune fede cristiana”.

Dunque, poiché “il recupero ecumenico dell'unità della Chiesa richiede l'accordo sul contenuto essenziale della fede, non solo tra le Chiese e le comunità ecclesiali di oggi, ma anche con la Chiesa del passato e, soprattutto, con la sua origine apostolica”.