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Le Cucine popolari di Padova: da 140 anni cantiere di carità

Ecco i numeri dei servizi erogati nel 2021 dalle Cucine Economiche Popolari di Padova a 140 anni dalla ‘creazione’

Cucine popolari Padova |  | Cucine popolari Padova / sito Diocesi Padova Cucine popolari Padova | | Cucine popolari Padova / sito Diocesi Padova

Quasi 57.000 pasti, 2.083 prestazioni mediche, 2.696 docce, 867 cambi vestiario, 178 coperte distribuite, 2.573 persone provenienti da 82 diversi Paesi, con un 14,5% di persone italiane: questi sono i numeri dei servizi erogati nel 2021 dalle Cucine Economiche Popolari di Padova a 140 anni dalla ‘creazione’, come ha spiegato la direttrice suor Albina Zandonà: “Le Cucine economiche popolari hanno radici profonde, radicate nel territorio. Hanno una storia che s’intreccia con la storia stessa della città di Padova, nella sua evoluzione e nella capacità di vedere i bisogni dei più poveri e trovare risposte non solo di emergenza, ma anche di emancipazione”.

Una storia nata il 17 settembre 1882, quando una terribile alluvione mise alla prova anche la popolazione padovana, incidendo in particolare sulle fasce più povere e riversando in città molti
profughi. Una donna, Stefania Omboni, filantropa di confessione protestante, il cui motto era ‘Amare, operare, sperare’, diede vita alle Cucine economiche popolari: cucine perché si cucinava;
economiche perché si confezionava il cibo in economia; popolari perché destinate al popolo, alla classe sociale più povera.

Passata l’emergenza, nel 1883 Stefania Omboni chiese al vescovo della città, mons. Giuseppe Callegari, di dare continuità alle Cucine economiche popolari e la gestione fu affidata alle suore
francescane elisabettiane; così la storia di questa opera caritativa attraversa due guerre mondiali, molte crisi sociali, mettendo sempre al centro le persone, la speranza e un gesto molto importante,
lo spezzare il pane: “Celebrare le Cucine economiche popolari significa celebrare la città di Padova e la sua capacità di essere città inclusiva. E’ un guardare al passato per interpretare il presente e iniziare a tessere percorsi per il futuro”.

Le celebrazioni si sono concluse il 21 marzo scorso con una celebrazione in memoria di mons. Giovanni Nervo e mons. Giuseppe Benvegnù Pasini (nell’anniversario della loro morte, avvenuta
nello stesso giorno a distanza di due anni), a cui il vescovo patavino, mons. Claudio Cipolla, ha dedicato la ‘Fondazione Nervo Pasini’ per ‘dare continuità all’opera di vero e proprio culto e di
concreta carità delle Cucine’.

Da suor Albina Zandonà ci facciamo spiegare il motivo per cui sono sorte le ‘Cucine economiche popolari’: “Le Cucine economiche popolari (Cep) sono sorte in risposta a un bisogno improvviso: il 17 settembre 1822 una grande alluvione colpì il Veneto, in particolare la Bassa
Veronese e il Polesine, provocando conseguenze disastrose. Padova che assorbì gran parte degli sfollati. In tutto parliamo di oltre 63.000 persone che si trovarono senza casa. Molti emigrarono e
una gran parte arrivò in città. Per sostenere la popolazione più povera e venire in soccorso una donna di confessione protestante, Stefania Etzerodt Omboni, diede vita alle Cucine economiche popolari. Passata l’emergenza, nel 1883, la fondatrice chiese al vescovo di allora, mons. Giuseppe Callegari, di assumere la gestione delle Cucine per renderlo un servizio stabile. E successivamente il vescovo affido alle suore terziarie francescane elisabettine questo compito”.

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Cosa muoveva questa donna?

“Il motto di Stefania Omboni era ‘Amare, operare, sperare’. Era una donna particolarmente impegnata nel sociale e si faceva guidare da questi tre verbi. Omboni non era nuova a iniziative di
solidarietà, grazie anche al suo ruolo sociale. In poco tempo, coinvolgendo altre donne e volontari, riuscì a realizzare in un piccolo locale vicino alla chiesa di san Daniele, quelle che lei chiamò Cucine economiche popolari: cucine perché si cucinava; economiche perché si confezionava il cibo in economia; popolari, perché destinate alla classe sociale più povera”.

Cosa significa per Padova celebrare questo anniversario?
“Significa fare memoria di una lunga storia di bene. Le Cucine popolari economiche hanno radici profonde, radicate nel territorio. La loro storia s’intreccia con la storia stessa della città di Padova, nella sua evoluzione e nella capacità di vedere i bisogni dei più poveri e trovare risposte non solo di emergenza ma anche di emancipazione. Celebrare le Cucine significa celebrare la città di Padova e la sua capacità di essere città inclusiva. E’ un guardare al passato per interpretare il presente e iniziare a tessere percorsi per il futuro”.

La cucina richiama il pane: quale valore dare al pane?
“Il pane è il segno della vita, è il frutto del lavoro dell’uomo, è il riferimento diretto anche al pane eucaristico. Non a caso il vescovo, mons. Claudio Cipolla, quando ha costituito la ‘Fondazione
Nervo Pasini’ (18 giugno 2018), che oggi gestisce le Cucine popolari economiche attraverso le suore elisabettine francescane, ha desiderato firmare il decreto nel contesto della solennità del Corpus Domini e della riapertura della pratica dell’adorazione perpetua nella chiesa di Santa Lucia, proprio per collegare strettamente il pane materiale con il pane spirituale”.

Ed oggi quale compito hanno le ‘Cucine economiche popolari’?
“Le Cucine continuano a essere da 140 anni una porta aperta per ogni uomo e donna, che qui può sentirsi ‘atteso’ e trovare risposta ai suoi bisogni primari: un pasto caldo, una doccia, dei vestiti
puliti, delle cure mediche di base. Il tutto nella logica della relazione e dell’incontro in uno scambio reciproco, perché l’altro incontra me e io incontro l’altro con la sua storia, il suo nome, il suo volto.
Le Cucine non sono un’agenzia di servizi, ma l’offerta di servizi è il modo per innescare relazioni umanizzanti e processi di emancipazione, dove possibile. Per noi suore e operatori rimane sempre
centrale la persona, per questo ci teniamo molto anche a far conoscere la realtà delle Cucine attraverso percorsi che intercettano giovani, realtà sociali e imprenditoriali, università. Perché le Cucine economiche popolari sono un luogo d’incontro e non un centro di servizi anonimi. Sono ancora oggi ‘la cucina’ della città”.