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San Gennaro, l'Arcivescovo Battaglia: "Questo sangue non è un oracolo o un oroscopo"

All’inizio della Messa solenne in Duomo a Napoli il sangue di San Gennaro – di cui oggi ricorre la festa – si è sciolto come da tradizione, accolto dall’ovazione dei fedeli

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All’inizio della Messa solenne in Duomo a Napoli il sangue di San Gennaro – di cui oggi ricorre la festa – si è sciolto come da tradizione, accolto dall’ovazione dei fedeli. A presiedere la celebrazione l’Arcivescovo Monsignor Domenico Battaglia.

San Gennaro – ha ricordato l’Arcivescovo – “ha donato generosamente la sua vita per il Vangelo, fino all'ultimo respiro e fino all'ultima goccia di sangue: non è una cosa passata, un evento storico ma una testimonianza presente, viva, attuale, capace di parlare al cuore di ogni credente”.

Nelle ampolle il popolo napoletano – ha aggiunto Monsignor Battaglia – vede “il proprio sangue mescolato ai tanti dolori e alle mai assopite e audaci speranze: questo sangue non è un oracolo da consultare e ancor meno un oroscopo cittadino la cui funzione è quella di predire sventure o fortune per la città. La reliquia che noi veneriamo è semplicemente un segnale stradale, un indice puntato che rimanda alla necessità, all'urgenza, all'esigenza di seguire in modo radicale il Vangelo di Cristo lasciandosi attrarre senza riserve dalla sua bellezza liberatrice”.

Tu amata Chiesa di Napoli – ha proseguito l’Arcivescovo – devi “sempre ricordare di non temere mai di andare controcorrente, di metterci la faccia, di giocarti reputazione e quiete per amore di Gesù Cristo e dei fratelli e delle sorelle, non temere neanche quelle persecuzioni sottili e non cruente ma non per questo meno crude e dolorose. Il sangue di Gennaro che ogni anno veneriamo con devota tenerezza è proprio questo: un segno vivo del sangue di Cristo versato per amore degli uomini, donato senza riserve”.

“Tante volte, troppe volte negli ultimi giorni in maniera particolare, sono raggiunto al telefono e spesso incontro anche per strada persone che fanno fatica anche a mettere un piatto a tavola – ha raccontato concludendo l’omelia il presule - persone sull'orlo della disperazione, costrette ad accettare lavori che vanno ben oltre lo sfruttamento, famiglie che hanno perso la speranza di sopravvivenza che un welfare sano e la solidarietà a tutti dovrebbe garantire. Tante, troppe volte un lavoro dignitoso diventa un miraggio lontano e la logica dei mercati e del profitto ad oltranza calpesta storie e volti sacrificando le persone e le famiglie ridotte a numeri freddi dell'economia. Sogniamo insieme ve ne prego il miracolo di una città e di un paese in cui i problemi dei nostri bambini e i nostri ragazzi dei giovani non divengono argomento politico e sociale solo dopo l'ennesima tragedia ma siano piuttosto oggetto continuo di riflessione e di azione. Questa città ha bisogno di ripartire dal mondo dell'educazione, dal ruolo primario della scuola, da una politica educativa che attraverso asili e reti di prossimità consente ai figli e alle figlie di Napoli di crescere in luoghi sicuri e sani questa città”.

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