Advertisement

La ricchezza di arte e fede della basilica di Sant’Ambrogio a Milano

Uno scrigno di fede e di arte nel cuore antico della città

La basilica di Sant' Ambrogio |  | Aci Stampa
La basilica di Sant' Ambrogio | | Aci Stampa
L'altare |  | Aci Stampa
L'altare | | Aci Stampa

Data famosa quella del 7 dicembre: un giorno che vede celebrata la memoria di uno dei più conosciuti e importanti Dottori della Chiesa, Sant’Ambrogio Vescovo. E il termine “Vescovo” è sempre associato a una città, a un luogo: nel suo caso, il binomio con la città di Milano è insolubile, profondamente radicato nel passato e così sarà per il futuro. Il capoluogo della Lombardia, infatti, racchiude tesori spirituali e artistici legati al santo Vescovo: fra tutti questi forzieri preziosi, vi è senza dubbio la basilica dedicata a questo santo così importante per la storia della Chiesa, così fondamentale per la biografia di altro santo, Sant’Agostino che proprio a Milano si troverà a seguire le sue lezioni di retorica. “Rigator et plantator meus”, così lo descriverà Agostino. Tre parole, semplici, per dipingere il colosso della fede Ambrogio.

Dopo il Duomo, la basilica di Sant’Ambrogio rappresenta la chiesa più importante di Milano, un vero e proprio monumento dell’epoca paleocristiana e medievale, punto fondamentale della storia del capoluogo lombardo e della Chiesa ambrosiana. E’ stata costruita a cavallo tra il 380 e il 386 per disposizione del vescovo Ambrogio stesso. Le mura sorgono sopra un luogo sacro: la sede delle sepolture di molti cristiani martirizzati. A motivo di ciò venne chiamata “Basilica Martyrum”. All’inizio della sua storia, ospitava le spoglie di grandi martiri del capoluogo lombardo quali: Vitale; Vittore; Felice; Gervasio; Protasio e Nabore. Lo stesso Sant’Ambrogio - alla sua morte avvenuta nel 397 - verrà sepolto nella stessa basilica. Dell’antica costruzione non è rimasto quasi nulla. Gli storici concordano sul fatto che fosse di pianta basilicale, senza transetto. Aveva tre navate e due colonnati sui quali si aprivano dei grandi archi. Il tetto della navata centrale era molto probabilmente in legno, a capriate e a doppio spiovente.

La struttura che il fedele osserva oggi è quella che è possibile datare tra il 1088 e il 1099.                       Fu il vescovo Anselmo III da Rho a dare l’inizio della nuova basilica: rimase l’impianto a tre navate (senza transetto); da evidenziare la presenza di tre absidi, oltre a un bellissimo  quadriportico. Tra il 1128 e il 1144 venne innalzato un secondo campanile: è quello più alto, a sinistra della facciata, detto “dei canonici”. Il tiburio - la struttura esterna che copre la superficie curva della cupola - verrà aggiunto solo verso la fine del XII secolo seppur crollerà ben presto per poi essere subito ricostruito. Ma il “tesoro” più prezioso è custodito all’interno della basilica: armoniosa fusione di pietre, mosaici, oro e lamine d’argento.

La decorazione a mosaico del catino absidale, risalente al IX secolo (seppur quasi del tutto restaurata in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale) è un capolavoro autentico d’arte.                

Il mosaico presenta: Gesù Redentore in trono; la Gloria del Regno tutta risplendente nell’oro, tra le figure dei santi Gervasio e Protasio (che sono ritratti in vesti militari); al loro fianco sono rappresentate scene della biografia di  Sant’Ambrogio. Altra importante e affascinante decorazione a mosaico è quella della cupola del sacello di San Vittore, risalente all’epoca paleocristiana (V secolo). Poi vi è la volta che affascina con tutto quel suo luccicante oro: al centro è posto il santo patrono di Milano in tutto il suo splendore. I mosaici che ricoprono le pareti laterali presentano invece alcuni santi. Tra questi non poteva mancare, ancora una volta, Sant’Ambrogio: questa raffigurazione è il più antico ritratto del santo. Tra gli arredi dell’interno vanno menzionati: il pulpito (struttura autonoma o addossata ad una colonna di forma perlopiù poligonale), composto nel XIII secolo con frammenti di epoca precedente e appoggiato su un sarcofago del IV secolo.

Advertisement

Ma più di tutto spicca l’altare-reliquiario: in origine vi erano custoditi i sarcofagi dei santi Ambrogio, Gervasio e Protasio. L’altare - fatto costruire dall’arcivescovo di Milano Angiliberto II - è sublime per la sua ricchezza d’oro è rappresenta uno dei massimi capolavori lombardi dell’arte orafa del IX secolo. E’ opera del maestro Vuolvino, il “magister phaber” così era soprannominato. Le lastre metalliche con figurazioni a sbalzo, smalti e pietre incastonate, riesce a donare all’altare un senso di magnificenza ma al contempo di austera preghiera. Il lato anteriore dell’altare, quello rivolto ai fedeli, è completamente in oro. Nella parte centrale è istoriata una croce che contiene al suo centro un ovale raffigurante il Cristo pantacratore in trono. In corrispondenza dei quattro bracci della Croce, Vuolvino colloca i quattro evangelisti, mentre negli angoli rimanenti sono raffigurati i dodici apostoli a gruppi di tre. Sempre sullo stesso lato, ai lati della Croce, l'altare presenta alcune storie di Cristo.                 

Nel lato posteriore, quello rivolto all'abside, al centro si trovano due sportelli ciascuno decorato da due cerchi che presentano le figure degli Arcangeli Michele e Gabriele. Inoltre vi sono rappresentate due scene in omaggio a Sant’Ambrogio. 

Ma il cuore pulsante di questo luogo dove arte e fede si fonde in armoniosa bellezza,  si trova al di sotto del pavimento della basilica: è la cripta che conserva i resti di Sant’Ambrogio e dei santi martiri Gervasio e Protaso. Quella che vediamo oggi è una ricostruzione dovuta agli interventi del XVIII secolo promossi dal cardinale Benedetto Erba Odescalchi, arcivescovo milanese. La cripta subirà  ulteriori  lavori nell’ottocento. Tracce di una cripta precedente a questa, sono riconducibili già all'epoca di Sant’Ambrogio: il vescovo, infatti, nel 386, l’aveva fatta costruire per custodire le spoglie dei due santi sotto l’altare della basilica. Sul pavimento della cripta si trova anche una lapide che ricorda il luogo dove originariamente si trovava sepolta Santa Marcellina, sorella di Ambrogio, le cui spoglie furono riconosciute dal cardinale Odescalchi nel 1722: vennero poi traslate in una cappella della navata destra della basilica appositamente dedicata alla santa.