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Il Cardinale Ercole Consalvi, precursore della realpolitik

Nella due giorni di convegno a Roma gli interventi - tra gli altri - del Cardinale Parolin e dell'Arcivescovo Gallagher

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Si è concluso lo scorso 23 gennaio presso i Musei Vaticani il convegno dedicato al Cardinale Ercole Consalvi in occasione del bicentenario della morte. Il porporato, che per tutta la vita rimase diacono, fu Segretario di Stato per due mandati: dal 1800 al 1806 e dal 1814 al 1823, affiancando Papa Pio VII.

La figura di Consalvi è stata ricordato dal suo successore, il Cardinale Pietro Parolin, attuale Segretario di Stato.

Consalvi – ha osservato il Cardinale Parolin – “ha ricollocato la Santa Sede all'interno delle dinamiche internazionali grazie al suo operato al Congresso di Vienna nel 1814-15 fino al punto di vedere il papato partecipe attivo dell'epoca della diplomazia multilaterale, dei congressi internazionali, della restaurazione e ha rilanciato con determinazione e creatività la stagione dei concordati fino a giungere per la prima volta sottoscrivere testi anche con potenze acattoliche”.

“In un'epoca in cui il principio di legittimità attraversava le riflessioni politiche e i criteri di riordino internazionali Consalvi – ha aggiunto il Segretario di Stato - ha saputo esprimere e incarnare la teologia politica dell'epoca che, seguendo l'impostazione paolina secondo la quale ogni potere viene dall'alto, non si preoccupava più della legittimità in chiave dinastica o di diritto ma con estremo realismo entrava nelle interlocuzioni con chi di fatto deteneva il potere”.

“La politica realista del cardinale – ha detto ancora il Cardinale Parolin - non ha torto è stata definita dalla storiografia con lo stesso nome del cardinale si parla infatti di consalvismo, intendendo quell'attitudine diplomatica secondo la quale vi è un primato della realtà sulle aspettative ideali. A livello storico si tratta per Consalvi della capacità di accettazione del mondo fuoriuscito dalla rivoluzione francese per quello che è, e non di un vacuo e antistorico sforzo rivolto a far sparire quel mondo in tutti i modi possibili. Si tratta di capacità di adattamento avendo però ben chiari i limiti della propria opera che nel Cardinale Segretario di Stato erano dettati dalle esigenze dottrinali essenziali”.

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“E’ stato lo stesso Consalvi – ha osservato il porporato - a riconoscere i limiti dell'operato internazionale della Santa Sede e in qualche modo dello stesso cattolicesimo quando nel 1820 scrivendo al Nunzio a Madrid monsignor Giacomo Giustiniani affermava che il problema che noi dobbiamo risolvere non è già quello di evitare ogni sorta di male ma di saper trovare il modo di soffrire il meno possibile. Non si trattava di un viatico per la diplomazia pontificia, quanto di un prosaico realismo, consapevole degli ideali e dei mezzi a disposizione per raggiungerli. E in questa linea si trovano altri Segretari di Stato che vanno da Mariano Rampolla del Tindaro a Pietro Gasparri, da Eugenio Pacelli ad Agostino Casaroli: si tratta della scuola della realpolitik che in ultimo cerca in pratica tutte le soluzioni possibili per il mantenimento in sopravvivenza dei cattolicesimi locali e nel caso per un loro sviluppo. Si tratta di una diplomazia che vuole rendere ragione della speranza, che difende e promuove le esigenze del Vangelo e che sa adattarsi intelligentemente ai tempi riconoscendone le peculiarità, dando risposte contingenti a questioni contingenti”.

Tra i gli altri interventi alla due giorni del convegno anche quello dell’Arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali.

Stiamo “ricordando una persona che ha potuto affrontare tempi burrascosi con uno spirito di fede e con grande fedeltà al suo Papa Pio VII e nonostante gli intervalli die loro contatti, tutte le avventure della loro vita, Consalvi – ha sottolineato l’Arcivescovo Gallagher - ha saputo interpretare il pensiero di Pio VII. Abbiamo visto un uomo che era in grado di decidere, un uomo con una grande autorità morale, un uomo che era anche in grado di fare tanti sacrifici: pensiamo seriamente di quello che lui ha dovuto soffrire, anche per il Papa e la Santa Sede”.

Pensiamo – ha concluso Monsignor Gallagher – “ai tempi di Consalvi e di Papa Chiaramonti, tempi veramente molto difficili e così credo che per me personalmente, per i miei colleghi nella segreteria di Stato l'esempio di  Consalvi è anche fonte di incoraggiamento. Mi auguro che questo convegno non sia una singola iniziativa ma che sia forse parte di una serie di interventi per esaminare la storia anche della diplomazia. Consalvi era senz'altro un uomo di principio che sapeva anche non cedere su certe cose e questo aspetto è anche un'ispirazione per noi. Lui aveva questa capacità di lavorare giorno e notte”.

Secondo il Professor Roberto Regoli “c'è da dire che lo stesso Consalvi ha contribuito a creare il mito di se stesso, facendosi passare come un negoziatore moderato e ragionevole nel momento in cui tendeva a esagerare le differenze con gli altri membri della Curia in modo da incoraggiare i suoi interlocutori - cioè gli ambasciatori – a cedere alle sue richieste presentando gli altri curiali con richieste ancora più radicali: è un modo di giocare di equilibrio”.

Consalvi – ha osservato infine il Professor Bernard Ardura, Presidente emerito del Pontificio Comitato di Scienze Storiche – “è un uomo straordinario che ha vissuto i due terzi della sua vita terrena nel ‘700. Ha fatto la scelta di essere chierico e aveva ricevuto anche gli ordini minori ma nello Stato Pontificio tutta l'amministrazione, tutto il governo era in mano ai chierici: non ai sacerdoti ma ai chierici è così fece questa scelta. Egli ha una sua idea  su cosa farà nella vita: lavorerà proprio nelle strutture dello Stato Pontificio”.

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