Advertisement

Giovedì Santo, Papa Francesco: “La compunzione va chiesta nella preghiera”

Papa Francesco stamane ha presieduto nella Basilica Vaticana la Messa Crismale del Giovedì Santo: "Nella vita spirituale chi non piange regredisce"

Papa Francesco |  | Daniel Ibanez CNA
Papa Francesco | | Daniel Ibanez CNA
Papa Francesco |  | Daniel Ibanez CNA
Papa Francesco | | Daniel Ibanez CNA

Papa Francesco stamane ha presieduto nella Basilica Vaticana la Messa Crismale del Giovedì Santo in cui si procede alla benedizione dell’olio degli infermi, dell’olio dei catecumeni e del crisma e si rinnovano le promesse sacerdotali.

Nel momento del tradimento – osserva il Papa nell’omelia - gli occhi di Pietro “furono inondati di lacrime che, sgorgate da un cuore ferito, lo liberarono da convinzioni e giustificazioni fasulle. Quel pianto amaro gli cambiò la vita. Le parole e i gesti di Gesù per anni non avevano smosso Pietro dalle sue attese, simili a quelle della gente di Nazaret: anche lui aspettava un Messia politico e potente, forte e risolutore, e di fronte allo scandalo di un Gesù debole, arrestato senza opporre resistenza, dichiarò: «Non lo conosco!». Ed è vero, non lo conosceva: cominciò a conoscerlo quando, nel buio del rinnegamento, fece spazio alle lacrime della vergogna e del pentimento. E lo conoscerà davvero quando, addolorato che per la terza volta gli domandasse: Mi vuoi bene?, si lascerà pienamente attraversare dallo sguardo di Gesù. Allora dal «non lo conosco» passerà a dire: «Signore, tu conosci tutto»”.  

Si guarisce – osserva – “quando, feriti e pentiti, ci si lascia perdonare da Gesù” e il Papa propone una riflessione sulla compunzione che è “una puntura sul cuore, una trafittura che lo ferisce, facendo sgorgare le lacrime del pentimento”.

La compunzione – spiega il Pontefice – “non è un senso di colpa che butta a terra, non una scrupolosità che paralizza, ma una puntura benefica che brucia dentro e guarisce, perché il cuore, quando vede il proprio male e si riconosce peccatore, si apre, accoglie l’azione dello Spirito Santo, acqua viva che lo smuove facendo scorrere le lacrime sul volto. Piangere su noi stessi non significa piangerci addosso, come spesso siamo tentati di fare. Questa  è la tristezza secondo il mondo, opposta a quella secondo Dio. Piangere su noi stessi, invece, è pentirci seriamente di aver rattristato Dio col peccato; è riconoscere di essere sempre in debito e mai in credito; è ammettere di aver smarrito la via della santità, non avendo tenuto fede all’amore di Colui che ha dato la vita per me. È guardarmi dentro e dolermi della mia ingratitudine e della mia incostanza; è meditare con tristezza le mie doppiezze e falsità; è scendere nei meandri della mia ipocrisia. Per poi, da lì, rialzare lo sguardo al Crocifisso e lasciarmi commuovere dal suo amore che sempre perdona e risolleva, che non lascia mai deluse le attese di chi confida in Lui. Così le lacrime continuano a scendere e purificano il cuore”.

Il Papa sottolinea inoltre che “la compunzione richiede fatica ma restituisce pace; non provoca angoscia, ma alleggerisce l’anima dai pesi, perché agisce nella ferita del peccato, disponendoci a ricevere proprio la carezza del medico celeste. Il cuore senza pentimento e pianto, si irrigidisce: dapprima diventa abitudinario, poi insofferente per i problemi e indifferente alle persone, quindi freddo e quasi impassibile, come avvolto da una scorza infrangibile, e infine di pietra. Ma, come la goccia scava la pietra, così le lacrime lentamente scavano i cuori induriti. Si assiste così al miracolo della buona tristezza che conduce alla dolcezza”.

Advertisement

“La compunzione – dice ancora Papa Francesco  è il rimedio, perché ci riporta alla verità di noi stessi, così che la profondità del nostro essere peccatori riveli la realtà infinitamente più grande del nostro essere perdonati. Ogni nostra rinascita interiore scaturisce sempre dall’incontro tra la nostra miseria e la sua misericordia, passa attraverso la nostra povertà di spirito che permette allo Spirito Santo di arricchirci”.

Nella vita spirituale – è il monito del Papa - chi non piange regredisce, invecchia dentro, mentre chi raggiunge una preghiera più semplice e intima, fatta di adorazione e commozione davanti a Dio, matura. Si lega sempre meno a sé stesso e sempre più a Cristo, e diventa povero in spirito. In tal modo si sente più vicino ai poveri, i prediletti di Dio”.

Alla compunzione si lega – secondo il Papa – “la solidarietà. Un cuore docile, affrancato dallo spirito delle Beatitudini, diventa naturalmente incline a fare compunzione per gli altri: anziché adirarsi e scandalizzarsi per il male compiuto dai fratelli, piange per i loro peccati. Avviene una sorta di ribaltamento, dove la tendenza naturale a essere indulgenti con sé stessi e inflessibili con gli altri si capovolge e, per grazia di Dio, si diventa fermi con sé stessi e misericordiosi con gli altri. E il Signore cerca, specialmente tra chi è consacrato a Lui, chi pianga i peccati della Chiesa e del mondo, facendosi strumento di intercessione per tutti”.

A noi pastori Dio – spiega Francesco – “non chiede giudizi sprezzanti su chi non crede, ma amore e lacrime per chi è lontano. Le situazioni difficili che vediamo e viviamo, la mancanza di fede, le sofferenze che tocchiamo, a contatto con un cuore compunto non suscitano la risolutezza nella polemica, ma la perseveranza nella misericordia. Quanto abbiamo bisogno di essere liberi da durezze e recriminazioni, da egoismi e ambizioni, da rigidità e insoddisfazioni, per affidarci e affidare a Dio, trovando in Lui una pace che salva da ogni tempesta! Adoriamo, intercediamo e piangiamo per gli altri: permetteremo al Signore di compiere meraviglie. E non temiamo: Lui ci sorprenderà! Il nostro ministero ne gioverà”.

La compunzione – conclude Francesco - non è tanto frutto del nostro esercizio, ma è una grazia e come tale va chiesta nella preghiera. Il pentimento è dono di Dio, è frutto dell’azione dello Spirito Santo”. E per facilitarne la crescita, il Papa suggerisce “di non guardare la vita e la chiamata in una prospettiva di efficienza e di immediatezza, legata solo all’oggi e alle sue urgenze e aspettative, ma nell’insieme del passato e del futuro. Riscopriamo la necessità di dedicarci a una preghiera che non sia dovuta e funzionale, ma gratuita, calma e prolungata. Torniamo all’adorazione e alla preghiera del cuore”.