“la carità è così: è un fuoco che scalda il cuore, e non c’è donna né uomo sulla terra che non abbia bisogno del suo calore”, e che “non sono pochi i problemi da affrontare”, come “il rifiuto e l’incomprensione”, ma “la gioia e la forza che vengono dall’amore condiviso sono più grandi di qualsiasi difficoltà, e ogni volta che ci si lascia coinvolgere dalle dinamiche della solidarietà e della cura reciproca ci si rende conto di ricevere molto più di ciò che si dà”.
Il Papa ricorda poi che il diacono Lorenzo presentava i poveri come i tesori di Roma, e “non è una provocazione”, ma “è la pura verità: la Chiesa ha la sua ricchezza più grande nelle sue membra più deboli, e se vogliamo davvero conoscerne e mostrarne la bellezza, ci farà bene donarci tutti gli uni agli altri così, nella nostra piccolezza, nella nostra povertà, senza pretese e con tanto amore”.
Papa Francesco si reca dunque a Koekelberg. Sono in centinaia ad attenderlo fuori dalla basilica, circa 2500 all’interno, secondo un volontario della sicurezza.
Dopo le parole dell’arcivescovo di Bruxelles Luc Terlinden e alcune testimonianze, Papa Francesco delinea la sua riflessione intorno alle tre parole evangelizzazione, gioia e misericordia.
Prima di tutto, l’evangelizzazione, perché, di fronte ai cambiamenti del tempo e alla secolarizzazione, è necessario ritornare all’essenziale, ovvero “al Vangelo, perché a tutti venga nuovamente annunciata la buona notizia che Gesù ha portato nel mondo, facendone risplendere tutta la bellezza”.
Secondo Papa Francesco, le crisi danno l’opportunità di “scuoterci, interrogarci e cambiare”, e dietro le crisi c’è un messaggio che il Signore vuole comunicare. Il Papa sottolinea che “siamo passati da un cristianesimo sistemato in una cornice sociale ospitale a un cristianesimo di minoranza, o, meglio, di testimonianza”, cosa che “richiede il coraggio di una conversione ecclesiale”.
Coraggio che è richiesto anche ai preti, chiamati ad essere “pastori innamorati di Gesù Cristo e attenti a cogliere le domande del Vangelo mentre camminano con il popolo santo di Dio, un po’ avanti, un po’ in mezzo e un po’ in fondo”.
Nel portare il Vangelo, “il Signore apre i nostri cuori all’incontro con chi è diverso da noi”, e in fondo “tanti possono essere i percorsi personali o comunitari, che ci conducono però alla stessa meta, all’incontro con il Signore: nella Chiesa c’è spazio per tutti, tutti, tutti e nessuno dev’essere la fotocopia dell’altro”.
Papa Francesco afferma che l’unità della Chiesa “non è uniformità, ma trovare l’armonia nella diversità” - e qui la basilica scoppia in un applauso. Il Papa poi risponde ad una sollecitazione sul Sinodo e sottolinea che questo “deve essere un ritorno al Vangelo”, e non deve avere “tra le priorità qualche riforma alla moda”, ma piuttosto chiedersi “come possiamo far arrivare il Vangelo in una società che non lo ascolta più o si è allontanata dalla fede?”
La gioia il secondo tema, e non la gioia “legata a qualcosa di momentaneo”, ma piuttosto “la gioia del cuore suscitata dal Vangelo”, che ci fa sapere “che lungo il cammino non siamo soli e che anche nelle situazioni di povertà, di peccato, di afflizione, Dio è vicino, si prende cura di noi e non permetterà alla morte di avere l’ultima parola. Dio è vicino! Vicinanza!"
Papa Francesco chiede che il predicare, il servire, il celebrare e il fare apostolato “lasci trasparire la gioia del cuore”, e quando la fedeltà appare difficile si deve mostrare che questa “è un cammino verso la felicità”.
Infine, la misericordia, perché il Vangelo “ci conduce alla gioia perché ci fa scoprire che Dio è il Padre della misericordia, che si commuove per noi, che ci rialza dalle nostre cadute, che non ritira mai il suo amore per noi”.
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Papa Francesco sottolinea che “mai Dio ritira il suo amore per noi”, e può sembrare ingiusto davanti al male, ma solo “perché noi applichiamo semplicemente la giustizia terrena che dice: chi sbaglia deve pagare”, mentre “la giustizia di Dio è superiore: chi ha sbagliato è chiamato a riparare i suoi errori, ma per guarire nel cuore ha bisogno dell’amore misericordioso di Dio”. E aggiunge: "Non dimenticatelo! Dio perdona tutto, Dio perdona sempre!"
Insomma, è "con la sua misericordia che Dio ci giustifica, cioè ci rende giusti, perché ci dona un cuore nuovo, una vita nuova".
Papa Francesco poi affronta il dramma degli abusi, che “generano atroci sofferenze e ferite, minando anche il cammino della fede”. E allora “c’è bisogno di tanta misericordia, per non rimanere col cuore di pietra dinanzi alla sofferenza delle vittime, per far sentire loro la nostra vicinanza e offrire tutto l’aiuto possibile, per imparare da a essere una Chiesa che si fa serva di tutti senza soggiogare nessuno”.
Il Papa spiega che “una radice della violenza consiste nell’abuso di potere, quando usiamo i ruoli che abbiamo per schiacciare gli altri o per manipolarli”.
Ma Gesù – aggiunge il Papa, riferendosi in particolare ad una sollecitazione sui carcerati – “ci mostra che Dio non si tiene a distanza dalle nostre ferite e impurità. Egli sa che tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato. Nessuno è perduto per sempre”.
Per questo, “è giusto, allora, seguire tutti i percorsi della giustizia terrena e i percorsi umani, psicologici e penali; ma la pena dev’essere una medicina, deve portare alla guarigione. Bisogna aiutare le persone a rialzarsi e a ritrovare la loro strada nella vita e nella società. Ricordiamoci: tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato, nessuno è perduto per sempre. Misericordia, sempre misericordia”.