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Papa Francesco, c'è il diritto alla "difesa e la presunzione di validità del matrimonio"

Il Papa nella udienza alla Rota romana parla dei dieci anni dei due Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus

Papa Francesco e la Rota Romana |  | Vatican Media Papa Francesco e la Rota Romana | | Vatican Media

"Ho voluto che al centro della riforma ci fosse il vescovo diocesano. A lui infatti spetta la responsabilità di amministrare la giustizia nella Diocesi, sia come garante della vicinanza dei tribunali e della vigilanza su di essi, sia come giudice che deve decidere personaliter nei casi in cui la nullità risulta manifesta, ossia mediante il processus brevior quale espressione della sollecitudine per la salus animarum.

Pertanto ho sollecitato l’inserimento dell’attività dei tribunali nella pastorale diocesana, incaricando i vescovi di assicurare che i fedeli siano a conoscenza dell’esistenza del processo come possibile rimedio alla situazione di bisogno in cui si trovano. Rattrista a volte venire a sapere che i fedeli ignorano l’esistenza di questa via".

Così Papa Francesco spiega la sua riforma del processo di nullità matrimoniale che compie 10 anni. Ma resta il fatto che i fedeli non lo conoscono.

Nella udienza per l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario del Tribunale della Rota Romana Papa Francesco propone le sue riflessioni, chiede ancora una volta la gratuità del processo e che i vescovi si occupino di formare personale e gestire i tribunali diocesani.

Trai diritti da difendere c'è quello "di difesa e la presunzione di validità del matrimonio". E cita Benedetto XVI e il suo discorso alla Rota del 2006: " Lo scopo del processo non è quello «di complicare inutilmente la vita ai fedeli né tanto meno di esacerbarne la litigiosità, ma solo di rendere un servizio alla verità»".

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E spiega che "per evitare che, a causa di procedure troppo complesse, si verifichi il detto “summum ius summa iniuria”, ho soppresso la necessità della doppia sentenza conforme e ho incoraggiato a decidere più velocemente le cause in cui la nullità risulti manifesta, mirando al bene dei fedeli e desiderando portare pace alle loro coscienze. È evidente – ma ci tengo a ribadirlo in questa sede – che la riforma interpella in modo forte la vostra prudenza nell’applicare le norme. E questo «richiede due grandi virtù: la prudenza e la giustizia, che devono essere informate dalla carità".

Alla famiglia ci si deve avvicinare in punta dei piedi "con venerazione, perché la famiglia è riflesso vivente della comunione d’amore che è Dio Trinità" e "i coniugi uniti nel matrimonio hanno ricevuto il dono dell’indissolubilità, che non è una meta da raggiungere con il loro sforzo, né tantomeno un limite alla loro libertà, ma una promessa di Dio, la cui fedeltà rende possibile quella degli esseri umani".

Rileggendo il pensiero dei predecessori Francesco ribadisce la necessità e il diritto "di conoscere e accettare la verità della propria realtà personale".

E ai giudici chiede di "aiutare a purificare e ripristinare le relazioni interpersonali. Il contesto giubilare in cui ci troviamo riempie di speranza il vostro lavoro, della speranza che non delude".

L'arcivescovo Alejandro Arellano Cedillo, Decano del Tribunale della Rota Romana, nel suo indirizzo di saluto ha ricordato come i giudici si sentano "direttamente interpellati dalle sfide del presente e del futuro, consapevoli che la Rota Romana, quale Tribunale della famiglia cristiana, è soltanto un «lembo del mantello» della Chiesa" e che "mediante l’amministrazione della giustizia, le persone ferite possano trovare pace, così da favorire la tranquillitas ordinis nella Chiesa", perché "occorre andare oltre la legge, con lo slancio della carità, cercando il bene dell’altro mediante la donazione generosa della propria esistenza. Per questo Dio supera la giustizia con la misericordia e il perdono; la sua è una giustizia superiore, cioè è una giustizia che mira alla salvezza delle persone".  E a proposito dei dieci anni della Riforma del Processo di Nullità il decano ha sottolineato che la Legge è stata "accolta con somma gratitudine, resa operante nella lettera e nello spirito, al di fuori di ogni angusto rigorismo o arbitrario lassismo, col costante impegno di interpretarla secondo i suoi principi ispiratori e il Vostro Magistero, applicandola con cura e operando sempre una sintesi feconda tra carità e giustizia".