Con lo sviluppo della città, il cimitero già a metà del XIX secolo era stato inglobato all’interno della città, nel quartiere di Pera, che era così popolato che la presenza del cimitero era considerata pericolosa per l’igiene pubblica.
Così, nel 1852, il governo ottomano inviò un memorandum alle diverse legazioni straniere per richiedere l’abbandono del cimitero di Grands-Champs, offrendo in cambio terreni vicino alla zone di Férikeuy.
Le tombe dovevano essere trasferite entro tre anni dalla diffusione del memorandum, ma questa disposizione non fu eseguita a causa della Guerra di Crimea, che ha avuto luogo tra il 1853 e il 1856. Nel frattempo, l’area del cimitero fu circondata da un muro costruito a spese dell’esercito francese, dove vennero sepolti ufficiali e soldati francesi morti nei vari ospedali.
Questi furono poi esumati, e le ossa riesumate nel vecchio cimitero di Grands-Champs furono deposte in un ossario generale costruito appositamente nel nuovo cimitero cattolico latino, un monumento che fu costruito a più riprese tra il 1869 e il 1873.
La forma di questo monumento è quella di un sarcofago rettangolare, forato nel basamento orientale, 'una porta ad arco che conduce in cantina. A ciascuno dei quattro angoli si trova un obelisco. Il monumento e i quattro obelischi sono ricoperti da lapidi prelevate dall'antico cimitero di Grands-Champs e tagliate in modo da poter essere unite tra loro. Per la copertura di questo monumento sono state utilizzate centosettantotto lapidi.
C’è, insomma, una storia molto lunga e profonda dietro il cimitero latino. “Nel libro – spiega Marmara – sono stati raccolte tutte le informazioni provenienti dagli archivi della Chiesa locale”.
Ma quale è il messaggio di questo libro? “Che abbiamo un patrimonio che stiamo buttando via, e che invece dovremmo valorizzare”, spiega Marmara.
E, in fondo, la situazione del cimitero cattolico, della sua storia nascosta perché sconosciuta, è un po’ il paradigma della situazione delle chiese cristiane a Istanbul. Sconosciute, a volte, perché già in tempo ottomano le chiese non potevano essere visibili dalle strade, e dunque il loro lavoro doveva essere destinato ai cristiani in modo che fosse evitata ogni accusa di proselitismo.
Ma questa difficoltà a conoscere l’eredità latina che si trova a Costantinopoli diventa un problema anche nel momento in cui si deve dialogare. Santa Sofia e San Salvatore in Chora, basilica e chiesa cristiana dalla storia antica, erano diventate musei e sono state ritrasformate recentemente in moschee, e di certo è un segnale poco rassicurante.
“Il messaggio che voglio dare – spiega Marmara – è che la Turchia è fatta di tante diversità, tanti popoli. E che proprio questa unità nella diversità può essere il futuro della società turca”.
C’è, insomma, bisogno di un modello nuovo. Le iscrizioni del cimitero latino di Istanbul, e la loro comprensione, possono essere un punto di partenza.
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