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San Giovanni di Dio e la sua prima casa d'accoglienza per malati a Granada

San Giovanni di Dio ha disegnato con il suo apostolato un'idea della sanità fatta di accoglienza e di vita spirituale

San Giovanni di Dio | San Giovanni di Dio | Credit pd San Giovanni di Dio | San Giovanni di Dio | Credit pd

Fondatore dell’Ordine ospedaliero che reca il suo nome, detto anche dei Fatebenefratelli, San Giovanni di Dio ci ha lasciato un nuovo modello sanitario di attenzione al malato e al bisognoso. L’assistenza pastorale e sanitaria, per lui, partiva da Cristo, origine di salute e salvezza. E l’accompagnamento spirituale degli ammalati e dei bisognosi, dei loro familiari e dei collaboratori, era parte integrante della sua missione ospedaliera. 

 

In san Giovanni di Dio, “ospitalità” non voleva dire solamente accogliere gli ammalati, ma era guardare a ogni singola persona, con il proprio bisogno: un “sistema sanitario” attento ad ogni singolo ammalato. Tante sono le testimonianze che ci parlano di ciò. Giovanni di Dio, compra, ad esempio, lui stesso i letti per gli ammalati. Li accoglie, li conforta spiritualmente. Un uomo soprattutto del fare, San Giovanni. E per questo motivo sono pochi i suoi scritti. Il tempo mancava per redigere documenti, troppo impegnato nelle corsie di ospedali. Solamente sei lettere fanno parte della sua produzione scritta: i destinatari sono Luigi Battista, il nobile Gutierre Lasso e la Duchessa di Sessa. Il santo era il loro direttore spirituale. Colpisce l’incipit, uguale per tutte le lettere: “Nel nome di nostro Signore Gesù Cristo e di nostra Signora la Vergine Maria sempre intatta; Dio prima di tutto e sopra tutte le cose del mondo”. 

“Essendo questa una casa per tutti, vi si ricevono indistintamente persone affette da ogni malattia e gente d’ogni tipo, sicché vi sono degli storpi, dei monchi, dei lebbrosi, dei muti, dei matti, dei paralitici, dei tignosi e altri molto vecchi e molti bambini; senza poi contare molti altri pellegrini e viandanti che vengono qui e ai quali si danno il fuoco, l’acqua, il sale e i recipienti per cucinare il cibo da mangiare. Per tutto questo non vi è rendita alcuna, ma Gesù Cristo provvede a tutto”: sono parole inidirizzate a Gutierre Lasso e parlano della sua prima casa di accoglienza della città di Granada. 

 

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Della stessa casa abbiamo una descrizione fatta dal suo primo biografo, Francisco de Castro: “In questa casa di Granata ordinariamente vi sono da diciotto a venti fratelli. Alcuni di essi lavorano nelle infermerie assistendo i poveri, altri nei vari uffici della casa. Altri, invece, vanno a chiedere elemosina per la città, ripartita in parrocchie, chiedendo ciascuno nella propria. Altri vanno fuori per le campagne e i paesi a chiedere grano, orzo, formaggio, olio, uva passa, e le altre cose necessarie alla vita”.

Un’organizzazione perfetta, anche nella sua precarietà dettata dai tempi in cui era nata, per un modello ospedaliero che tanto ha da racconatare ancora oggi.

 

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