Roma , venerdì, 2. maggio, 2025 18:00 (ACI Stampa).
Il bambino ascolta assorto, la preghiera è recitata in latino, una lingua misteriosa e cantilenante, di cui gli sfuggono molti significati, ma non una cosa fondamentale: quella è la lingua della fede, della fede che dura nel tempo, e quel latino è intrecciato fortemente con la lingua del cuore, il dialetto dei suoi amati nonni. E’ la lingua capace di far sentire vicini Dio Padre, Gesù, la Madonna e tutti i santi del Paradiso, e, purtroppo, tutti i diavoli dell’inferno.
Anni più tardi, quel bambino è cresciuto, ora insegna e scrive, scrive romanzi, racconti, articoli, con successo, e nella sua scrittura, semplice ma insieme “lavorata”, si intrecciano tanti riferimenti e molte risonanze di quel suo mondo legato all’infanzia, ai nonni, ad un tempo che non c’è più ma continua a vivere, anche grazie al suo lavoro di insegnante e di scrittore. E ci sono sempre, in fondo all’anima e ai pensieri, quelle preghiere, quei riti che era la linfa vitale di un mondo contadino in cui la vita era scandita dai tempi della liturgia, pubblica e privata, del cattolicesimo.
Paolo Malaguti, nato a Monselice, in provincia di Padova, è un autore dalla fama ormai consolidata, grazie anche ad alcuni romanzi di grande successo e pluripremiati, come “Le reliquie di Costantinopoli”, “Se l’acqua ride”, “Il Moro delle cime”. Ora la Libreria Vaticana Editrice pubblica una raccolta di suoi articoli e meditazioni apparsi sull’Osservatore Romano, con il titolo evocativo di “Sicuterat”.
Questo agile libro ci permette, una volta di più, di rievocare la presenza di papa Francesco, che ha affermato che «la fede si trasmette in dialetto». Quel dialetto che non è solo il «lessico familiare» ma tutto quell'insieme di linguaggi, persino non verbali, in cui prevale la dimensione affettiva e sensoriale, che permettono il passaggio del dono della fede. Lo ricorda anche Andrea Monda nella prefazione al libro. È di questa fede che parla, tra le righe di racconti ricchi e variopinti di memoria, acume e buon umore, mai seriosi e a tratti commoventi.
Di quale fede stiamo parlando, quindi? Lo spiega molto bene lo stesso Malaguti nella prefazione, quando descrive le “cose della religione”, spiegate a scuola e al catechismo, nei suoi anni infantili, per cui “la religione appariva più stirata e linda, ma anche più noiosa”, che di frequente faceva virare il discorso religioso “sulla morale”, su quello che “dovevamo fare, non dovevamo fare”. Invece “la religione dei miei nonni era fatta di stupore, di apparizioni, di diavoli e ostie sanguinanti, di misteri e pranzi in famiglia…e vinceva a mani basse”. Era fatta della voce della nonna e del suo latino maccheronico, infarcito di espressioni dialettali venete, quel “sicuterat” (che da’ il titolo al libro) pronunciato come se fosse un’unica parola, e quelle formule ancestrali che il bambino che fu lo scrittore doveva pronunciare senza capirle troppo e comicamente storpiandole. Come nel Salve Regina, dove l’invocazione “Orsù dunque Avvocata nostra”, si trasforma in “Orso dunque Avvocata nostra” generando nel piccolo una serie di immagini fantasiose in cui compare in scena un orso cacciato via dalla Madonna in persona, scesa dal Cielo appositamente.