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Il Cardinale Bagnasco: "Papa Leone XIV ci chiama a riscoprire la centralità di Gesù Cristo"

Intervista all'Arcivescovo emerito di Genova e già Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Il Cardinale Angelo Bagnasco |  | Daniel Ibanez EWTN Il Cardinale Angelo Bagnasco | | Daniel Ibanez EWTN

A pochi giorni dalla Messa di inizio pontificato di Papa Leone XIV, ACI Stampa ha incontrato il Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo emerito di Genova e già Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Al porporato abbiamo chiesto le sue prime impressioni sul nuovo Pontefice e quali saranno le sfide principali che dovrà affrontare.  

Eminenza, si aspettava una scelta così rapida da parte dei cardinali riuniti in conclave?

È stato un messaggio importante, quello della velocità della elezione, perché dà il segno di unità dei cardinali attorno ad un profilo, che si è delineato nell'ambito delle 12 congregazioni generali, parlando della Chiesa. Un profilo che poi ha preso il nome del cardinale Prevost, oggi Leone XIV. È un messaggio significativo da non dimenticare.

Il Papa è un agostiniano. Quali elementi porterà del suo carisma di religioso?

Quello che il Papa ha citato nell’omelia della Messa di inizio pontificato, che è una delle espressioni più significative di Sant'Agostino: “Noi siamo stati fatti per Te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”.

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Pace e fede sono due parole chiave della predicazione del Papa che invita a riscoprire proprio la fede…

Più precisamente la centralità di Gesù Cristo. Il Papa ha cominciato con “Pace a voi” e subito ha continuato: “è la pace di Cristo Risorto”. Bisogna che le due cose non vengano scisse perché sarebbe travisato il messaggio del Santo Padre. La pace discende da Cristo Risorto nella misura in cui noi ci lasciamo abbracciare da Lui. Se dimentichiamo questa centralità, dimentichiamo il fondamento di tutti i fondamenti e cioè Gesù.

Il Papa chiede una Chiesa missionaria. Un messaggio valido soprattutto in una Europa secolarizzata?

Purtroppo è realtà non di oggi ma di decenni, come sappiamo. Sembra che il continente europeo stia dimenticando le sue origini e questo fatto non è positivo per l'Europa perché significa dimenticare il proprio volto, significa dimenticare che l'incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma è avvenuto qui in Europa. L'Europa così è diventata il grembo di quella visione dell'uomo che non ha eguali nella storia del mondo perché è centrata sul volto di Dio che è Cristo. L'uomo rispecchiandosi in Lui trova una forza dirompente per sé e per il mondo, come ricorda il Concilio.

Cosa dobbiamo aspettarci dal Papa?

Quello che ci aspettiamo sempre dal Papa e che tutto il mondo cattolico, ma non solo, si attende: essere il punto di riferimento, la conferma della fede. È questo il munus, il compito del Santo Padre, chiunque egli sia. Ci aspettiamo tutti questa continua conferma della fede in un mondo travagliato da tanti punti di vista, non ultimo quello culturale. Questa è una cosa fondamentale.

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Vede elementi di contatto tra Papa Leone e i suoi immediati predecessori?

C’è una continuità sostanziale nella storia della Chiesa e quindi dei Papi. La missione che Cristo ha dato a Pietro è di annunciare sui tetti una fede forte, chiara, esplicita e la carità evangelica che ne deriva. Le opere di bene sono nobili, ma non nascono esplicitamente dall'amore che Dio riversa in noi attraverso Gesù. Egli vuole raggiungere tutti i fratelli nel bisogno attraverso di noi. I due elementi sono sostanziali della missione del Papa. Ogni Papa li ha incarnati con le proprie sensibilità, la propria storia: Giovanni Paolo II con la forza dirompente della sua personalità, prima ancora Paolo VI con il grande evento del Concilio, Benedetto XVI è stato il grande maestro di fronte alla modernità che sta dimenticando Dio e con Dio dimentica l'uomo. E poi Francesco attento alle sfide del tempo con le guerre in corso e gli altri problemi come il rapporto con la natura e i popoli che si muovono da un continente all’altro alla ricerca di una vita migliore.