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Papa Leone XIV: "Gli atleti siano riflesso dell’amore di Dio Trinità"

Il Papa ha celebrato la Messa in occasione del Giubileo dello Sport nella Solennità della Santissima Trinità

Papa Leone XIV |  | Daniel Ibanez EWTN Papa Leone XIV | | Daniel Ibanez EWTN

Il binomio Trinità-sport non è esattamente di uso comune, eppure l’accostamento non è fuori luogo. Ogni buona attività umana porta in sé un riflesso della bellezza di Dio, e certamente lo sport è tra queste. Del resto, Dio non è statico, non è chiuso in sé. È comunione, viva relazione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che si apre all’umanità e al mondo”. Lo ha detto il Papa, stamane, nell’omelia della Messa in occasione del Giubileo dello Sport nella Solennità della Santissima Trinità.

“È da questo dinamismo divino – sottolinea Leone XIV - che sgorga la vita. Noi siamo stati creati da un Dio che si compiace e gioisce nel donare l’esistenza alle sue creature. Alcuni Padri della Chiesa parlano addirittura, arditamente, di un Dio che si diverte . Ecco perché lo sport può aiutarci a incontrare Dio Trinità: perché richiede un movimento dell’io verso l’altro, certamente esteriore, ma anche e soprattutto interiore. Senza questo, si riduce a una sterile competizione di egoismi”.

Il Papa poi offre un esempio pratico. Quando durante le gare “gli spettatori gridano: «Dai!», un imperativo bellissimo: non si tratta solo di dare una prestazione fisica, ma di dare sé stessi, di giocarsi. Si tratta di darsi per gli altri e, se si è veramente sportivi, questo vale al di là del risultato”.

Dinanzi a solitudine e individualismo, aggiunge Papa Leone, “lo sport – specialmente quando è di squadra – insegna il valore della collaborazione, del camminare insieme, di quel condividere che è al cuore stesso della vita di Dio. Può così diventare uno strumento importante di ricomposizione e d’incontro: tra i popoli, nelle comunità, negli ambienti scolastici e lavorativi, nelle famiglie”.

In una società digitale che allontana le persone, “lo sport valorizza la concretezza dello stare insieme, il senso del corpo, dello spazio, della fatica, del tempo reale. Così, contro la tentazione di fuggire in mondi virtuali, esso aiuta a mantenere un sano contatto con la natura e con la vita concreta, luogo in cui solo si esercita l’amore”.

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Lo sport poi “insegna anche a perdere, mettendo l’uomo a confronto, nell’arte della sconfitta, con una delle verità più profonde della sua condizione: la fragilità, il limite, l’imperfezione. Questo è importante – ribadisce il Pontefice - perché è dall’esperienza di questa fragilità che ci si apre alla speranza. L’atleta che non sbaglia mai, che non perde mai, non esiste. I campioni non sono macchine infallibili, ma uomini e donne che, anche quando cadono, trovano il coraggio di rialzarsi”.

Il pensiero del Papa va al Beato – prossimo Santo – Piergiorgio Frassati – “la sua vita, semplice e luminosa, ci ricorda che, come nessuno nasce campione, così nessuno nasce santo. È l’allenamento quotidiano dell’amore che ci avvicina alla vittoria definitiva e che ci rende capaci di lavorare all’edificazione di un mondo nuovo”.

Agli sportivi – conclude Leone XIV – la Chiesa affida la missione di “essere, nelle vostre attività, riflesso dell’amore di Dio Trinità per il bene vostro e dei fratelli. Lasciatevi coinvolgere da questa missione, con entusiasmo: come atleti, come formatori, come società, come gruppi, come famiglie”.

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