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Vita e libertà. Contro il fondamentalismo, un romanzo corale per la difesa dei diritti umani

A colloquio con gli autori Fabio Poletti e Cristina Giudici

La copertina del libro |  | Mimesis La copertina del libro | | Mimesis

“Ci sono tanti uomini e soprattutto donne che in Medio Oriente stanno cercando di fare la differenza difendendo i diritti umani, in nome della democrazia a cui aspirano. Non lottano contro l’Islam, il Corano o gli oltre 2.000.000.000 di fedeli nel mondo che professano la religione di Allah e Maometto. Sono persone che rivendicano la libertà di culto, credono nella pace, nel diritto universale a non essere succubi di una teocrazia che impone loro come vestirsi, cosa pensare, in che modo vivere ed esprimersi. Questo libro è dedicato alla resistenza al fondamentalismo, un inno alla libertà, talvolta persino alla gioia, costruito attraverso le storie di chi ha scelto di assumersi la responsabilità delle proprie idee perché era impossibile, quasi innaturale, restare indifferenti. Le principali protagoniste di questo romanzo corale sono innanzitutto le donne iraniane che hanno innescato una rivolta diventata emblema di una intera generazione”.

Così è affermato nel volume ‘Vita e libertà. Contro il fondamentalismo’, edito da Mimesis con Fondazione ‘Gariwo, il giardino dei Giusti’, scritto dai giornalisti Fabio Poletti e Cristina Giudici, direttrice del sito ‘NuoveRedici.world’, in cui si racconta le storie di uomini e donne, alcune noti altri sconosciuti ai più, che hanno lottato o che stanno ancora lottando per la libertà, che hanno detto no al fondamentalismo e all’oscurantismo religiosi. Persone che sono state uccise o che sono dovute fuggire in esilio.

I due autori in questi racconti hanno avuto la capacità di far emergere con attenzione e precisione da cronisti le storie di quanti dall’Iran all’Oman, dall’Afghanistan al Kurdistan possono essere collocati nella categoria dei ‘Giusti’: persone che si sono battute contro l’ingiustizia non solo nei propri confronti, ma anche in nome tanti altri.

Ai due autori del volume, Fabio Poletti e Cristina Giudici, chiediamo di spiegarci il motivo per cui hanno scritto un libro contro i fondamentalismi ed i radicalismi: “L’idea di scrivere ‘Vita e libertà contro il fondamentalismo’, pubblicato dall’editore Mimesis, nella collana Campo Libero curata dalla Fondazione Gariwo, è nata dopo l’uccisione di Mahsa Jina Amini, ammazzata dalla Polizia Morale iraniana perché non indossava il velo correttamente. Una morte che sta scuotendo l’Iran e che ha colpito molto l’Occidente, dove i diritti umani più elementari sono dati per acquisiti. Dopo quella storia ne abbiamo scoperte altre decine che abbiamo pubblicato sul sito  della Fondazione Gariwo e che danno un quadro fosco di come una certa applicazione del Corano faccia da paravento per sopprimere alcuni diritti fondamentali delle persone. Questo, lo scriviamo nelle prime righe della nostra introduzione, non è ovviamente un libro contro la religione musulmana professata da miliardi di persone nel mondo.

Perchè il libro è 'una lettura importante per continuare a credere nell’umanità'?

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Perché, lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, misurandoci con le difficoltà della comoda vita occidentale, nulla è paragonabile alle sofferenze di chi lotta per i propri diritti nel loro Paese. Malgrado le violenze, le impiccagioni, la barbarie continua, non si fermano le proteste in Iran o in Arabia Saudita, degli hazara contro i talebani in Afghanistan o dei curdi che vogliono vivere in pace in Rojava, la loro patria non riconosciuta”.

Cosa raccontano queste storie?

“Sono storie di coraggio e di incredibile umanità. C’è Homa Darabi, una dottoressa iraniana, che si diede fuoco quando le impedirono di lavorare, perché non indossava il velo. Mentre bruciava gridava per la prima volta ‘donna, vita, libertà’. C’è la calciatrice  afghana Khalida Popal, costretta all’esilio, che ha portato in salvo le atlete ed i loro familiari, quando gli americani hanno lasciato Kabul. O la storia scritta da Gabriele Nissim, presidente della Fondazione Gariwo, di Lassana Bathily, il musulmano che ha salvato gli ebrei di Parigi durante gli attentati del 2015. Sono 40 capitoli, 38 storie, ambientate in 10 Paesi, dall’Arabia Saudita al Sudan, dall’Iran all’Iraq, dall’Afghanistan al Libano”.

Contro cosa lottano queste persone?

“Lottano per i propri diritti, per la libertà e per la propria vita. Sono musulmani, alcuni praticanti. La loro non è una guerra contro la religione. Nargess Eskandari-Grünberg, ex sindaco di Francoforte in Germania, scappata dall’Iran, lo dice in modo molto chiaro nel libro: Cosa vogliono i giovani iraniani? Vogliono ascoltare la musica pop, scendere in strada, tenersi per mano e baciarsi. Vogliono una vita normale. Non hanno armi, solo la voce e un cellulare. Stanno lottando per i nostri stessi diritti”.

E la Fondazione Gariwo cosa c’entra?

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“La Fondazione Gariwo ha voluto questo libro che raccoglie le schede, aggiornate e approfondite, pubblicate nell’Enciclopedia dei Giusti sul sito. Lo spiega bene Gabriele Nissim, il presidente della Fondazione, che ha collaborato attivamente alla realizzazione di questo libro che raccoglie anche alcune sue storie: Fin dalla sua nascita, Gariwo ha proposto una nuova cultura della responsabilità, affrontando il tema della memoria della Shoah e dei genocidi del ‘900 attraverso le storie dei Giusti. Gli uomini e le donne che salvano delle vite nei genocidi, difendono la dignità umana nelle dittature, cercano di prevenire i meccanismi dell’odio che creano le condizioni di una deriva estrema, mostrano in modo inequivocabile che gli esseri umani hanno sempre una possibilità di scelta.

Anche pochi Giusti possono salvare l’idea di speranza e di futuro, perché provano che l’essere umano, pur all’interno della sua fragilità, ha la possibilità di diventare arbitro del suo destino. Si trasmette così, a partire dal male estremo, un messaggio ottimista. Se ogni uomo si assume una responsabilità è possibile ribaltare le situazioni, anche se i risultati non sono quantificabili e immediati. Scegliere è un atto di libertà individuale che permette ad ogni essere umano di porsi come argine nei confronti del male”.

Perchè è importante raccontare queste storie?

“Il libro è dedicato a Mahsa Jina Amini ‘e a tutti coloro dei quali non conosciamo nemmeno il nome’. Rendere pubblici i loro nomi, far conoscere le loro storie, è un modo per farli sentire meno soli. Se è vero che chi salva una vita salva il mondo intero, è altrettanto vero che chi si batte per la libertà e per i diritti umani, si batte per la libertà di tutti quanti noi”.

Perchè avete fondato il sito 'Nuoveradici.world?

“NuoveRadici.world è stato concepito nel 2018 da un’intuizione della giornalista Cristina Giudici e dal desiderio di una narrazione corretta sull’immigrazione e sulle seconde generazioni, svincolata da tesi precostituite, pregiudizi, demagogia e orientamenti politici che influenzano l’opinione pubblica e i comportamenti sociali. Il presupposto originale era l’urgenza di contrastare un dibattito polarizzato, che si basa esclusivamente sulla contrapposizione fra immigrato buono o cattivo.

Considerato solo come risorsa o minaccia. E per questo motivo è partita un’operazione culturale che propone una narrazione laica per favorire la comprensione della trasformazione della nostra società sempre più in evoluzione. In cui il prossimo referendum sulla cittadinanza è solo il tentativo di allineare una legislazione carente e arretrata con il Paese reale dove vivono e convivono oltre 6.000.000 di persone di origine straniera”.

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