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Ad Ancona i ragazzi hanno vissuto una giornata da ‘poveri’

L'intervista a Stefano Ancona, volontario della Caritas

I giovani di Ancona | I giovani di Ancona | Credit Caritas diocesana di Ancona I giovani di Ancona | I giovani di Ancona | Credit Caritas diocesana di Ancona

Mettersi nei panni di un senzatetto, un migrante, una donna vittima di violenza, un povero o un ex detenuto: è stato il gioco in cui nel mese di marzo si sono confrontati 16 studenti del liceo 'Galileo Galilei' di Ancona con l'obiettivo di sperimentare le difficoltà e il senso di colpa che provano le persone più emarginate, come ha spiegato Stefano Ancona , volontario della Caritas che ha organizzato e gestito il gioco insieme all'associazione 'Tenda di Abramo': “Nella scuola c'è stato un gruppo di ragazzi interessati ad approfondire i temi dell'attualità e della solidarietà”. 

A ciascuno dei partecipanti è stata consegnata una busta, con la scheda del personaggio, le istruzioni e la missione da compiere, quali ottenere un permesso di protezione internazionale, cercare un posto per dormire o trovare una coperta per allestire un letto di fortuna in macchina. I ragazzi hanno girovagato nella città, passando dal centro di ascolto, dalla mensa, dai dormitori fino alla scuola di italiano. Al termine di questo 'gioco' i ragazzi hanno riflettuto su come hanno vissuto la giornata, ha raccontato l'organizzatore: “Nessuno aveva mai pensato a cosa passano gli ultimi ed invece dopo l'esperienza è emersa sfiducia e frustrazione verso questa condizione”. 

A distanza di alcuni mesi abbiamo chiesto a Stefano Ancona di raccontarci questo 'gioco':

"L'esperienza vissuta dagli studenti del liceo 'Galileo Galilei' di Ancona è nata dalla collaborazione tra la scuola, la Caritas diocesana di Ancona-Osimo e l'associazione 'La Tenda di Abramo'. Questo 'gioco di ruolo immersivo' ha avuto origine dalla volontà di sensibilizzare i giovani sul tema della povertà estrema, permettendo loro di immedesimarsi, anche solo per poche ore, nella realtà quotidiana delle persone senza dimora. L'idea ha preso forma grazie al lavoro congiunto di educatori, volontari e operatori sociali che, conoscendo da vicino le difficoltà affrontate da chi vive in strada, hanno creato delle 'schede personaggi' con missioni ispirate a esperienze reali”.

 

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Quale era lo scopo prefissato?

L'obiettivo principale era quello di andare oltre la semplice conoscenza teorica del fenomeno della povertà, offrendo un'esperienza diretta che poteva lasciare un segno profondo nei partecipanti. Non si trattava solo di “mettersi nei panni” di chi non ha una casa, ma di sperimentare in prima persona le difficoltà quotidiane: il freddo, i rifiuti ricevuti, la mancanza di un posto sicuro dove dormire e la necessità di muoversi continuamente per poter accedere ai pochi servizi disponibili”,

 

Qual è la situazione di povertà nella diocesi?

" Nella diocesi di Ancona, la povertà è una realtà che coinvolge sempre più persone. L'aumento del costo della vita, la precarietà lavorativa e la carenza di alloggi accessibili hanno spinto molte famiglie e singoli individui verso la marginalità. Il dormitorio comunale, purtroppo, dispone di soli 20 posti, un numero insufficiente rispetto al bisogno reale. Molte persone, tra cui numerosi stranieri in attesa di documenti, si trovano a vivere ai margini, senza un riparo stabile e senza accesso a servizi essenziali. La mensa diocesana Caritas ospita ogni sera oltre 120 persone.

Nel territorio sono carenti servizi importanti come docce pubbliche ei servizi di lavanderia, elementi indispensabili per chi vive in strada. Inoltre, non esistono servizi di accompagnamento stabili e duraturi che possano offrire un reale supporto per uscire dalla condizione di senza dimora. La frammentarietà degli interventi assistenziali costringe le persone a una continua ricerca di soluzioni temporanee, senza una prospettiva concreta di reinserimento”.

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Come vive una persona senza fissa dimora? 

"Chi vive in strada deve affrontare una serie di ostacoli costanti: la difficoltà di trovare un luogo sicuro dove riposare, l'accesso limitato ai servizi igienici, la necessità di cercare cibo ogni giorno e il peso dello stigma sociale. La giornata di una persona senza dimora è caratterizzata da un continuo spostamento tra i luoghi in cui può ricevere assistenza, intervallato da lunghe ore di attesa e solitudine. I servizi 'a bassa soglia' disponibili sono concentrati in alcune fasce orarie e in determinati punti della città, costringendo le persone a muoversi rapidamente per non perdere l'opportunità di mangiare, ricevere un cambio di vestiti, poter usufruire di una visita medica... Questa porta ad una gestione della giornata estremamente frammentata: momenti di grande frenesia, in cui bisogna correre per non perdere l'apertura di una mensa o di un centro di ascolto, alternati a lunghi periodi di vuoto in cui non resta altro che aspettare, spesso da soli, senza un posto dove stare”.

 

Quali sono le 'reazioni' dei partecipanti? 

"L'iniziativa ha suscitato una forte risposta emotiva nei partecipanti. Molti studenti, pur conoscendo il tema della povertà, non si erano mai resi conto di quanto fosse difficile vivere senza una casa. Il peso dei 'no' ricevuto, la difficoltà di trovare un posto per riposare o semplicemente il freddo provato durante la giornata hanno reso l'esperienza estremamente toccante.

Dopo l'esperienza, i ragazzi si sono ritrovati per un momento di confronto, sorseggiando un tè caldo e condividendo le loro impressioni. Il senso di frustrazione e impotenza provato ha aperto un dibattito su cosa si potrebbe fare concretamente per aiutare chi si trova in difficoltà. Molti hanno espresso il desiderio di impegnarsi attivamente nel volontariato e nelle iniziative della Caritas.

Questa esperienza ha dimostrato che la consapevolezza nasce dal contatto diretto con la realtà. E' fondamentale che le istituzioni, insieme alle associazioni e ai cittadini, lavorino per garantire servizi più adeguati e percorsi di accompagnamento reali per chi si trova in difficoltà. La speranza è che, attraverso iniziative come questa, si possa costruire una società più attenta e solidale, in cui nessuno venga lasciato indietro”.

 

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