Papa Leone XIV, ha espresso altrettanta gioia nel trovarsi di fronte a una così bella e folta platea: “Nel cuore dell'Anno Santo, insieme vogliamo testimoniare che è possibile essere sacerdoti felici, perché Cristo ci ha chiamato e fatti suoi amici: una grazia che vogliamo accogliere con gratitudine e responsabilità”, così ha esordito.
“Con questo momento di scambio fraterno e internazionale, possiamo valorizzare il patrimonio di esperienze già maturate, incoraggiando creatività, corresponsabilità e comunione nella Chiesa, affinché ciò che è seminato con dedizione e generosità in tante comunità possa diventare luce e stimolo per tutti”, così ha proseguito il pontefice. E ricorda le parole del Vangelo di Giovanni: Gesù dice: «Vi ho chiamato amici». Ed è sempre il tema dell’amicizia a fare da sottotesto alle parole del pontefice: “Il sacerdote, è un amico del Signore, chiamato a vivere con Lui una relazione personale e confidente, nutrita dalla Parola, dalla celebrazione dei Sacramenti e dalla preghiera quotidiana. Questa amicizia con Cristo è il fondamento spirituale del ministero ordinato, il senso del nostro celibato e l’energia del servizio ecclesiale cui dedichiamo la vita”, continua.
E, per i sacerdoti, ha in riserbo alcune indicazioni che fanno da traccia al suo discorso. La prima, la formazione che “è un cammino di relazione. Diventare amici di Cristo significa essere formati nella relazione, non solo nelle competenze. La formazione sacerdotale, pertanto, non può ridursi ad acquisizione di nozioni, ma è un cammino di familiarità con il Signore che coinvolge l’intera persona, cuore, intelligenza, libertà, e la plasma a immagine del Buon Pastore”.
Altra parola-chiave, la fraternità che “è uno stile essenziale di vita presbiterale. Diventare amici di Cristo comporta vivere da fratelli tra sacerdoti e tra vescovi, non come concorrenti o da individualisti. La formazione deve allora aiutare a costruire legami solidi nel presbiterio come espressione di una Chiesa sinodale, nella quale si cresce insieme condividendo fatiche e gioie del ministero”. Precisa, poi, come terza indicazione, che “formare sacerdoti amici di Cristo significa formare uomini capaci di amare, ascoltare, pregare e servire insieme”. Per questi motivi, rimane fondamentale la stessa preparazione dei formatori, “perché l’efficacia della loro opera dipende anzitutto dall’esempio di vita e dalla comunione fra loro”.
E, riguardo le vocazioni, precisa papa Leone XIV che seppure ci siano “segnali di crisi che attraversano la vita e la missione dei presbiteri, Dio continua a chiamare e resta fedele alle sue promesse. Occorre che ci siano spazi adeguati per ascoltare la sua voce”. Perciò “rimangono importanti ambienti e forme di pastorale giovanile impregnati di Vangelo, dove possano manifestarsi e maturare le vocazioni al dono totale di sé”.
L'incontro di oggi pomeriggio si svolge alla vigilia della Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù - ha ricordato il pontefice - ed è proprio “da questo “roveto ardente” che prende origine la nostra vocazione; è da questa fonte di grazia che vogliamo lasciarci trasformare”. E a riguardo ricorda poi l'enciclica di papa Francesco, la Dilexit nos, “dono prezioso per tutta la Chiesa”, specialmente per i sacerdoti ribadisce il papa.
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Guarda al presente, papa Leone XIV: “Il nostro tempo ci provoca: molti sembrano allontanarsi dalla fede, eppure nel profondo di molte persone, specialmente dei giovani, c'è sete di infinito e di salvezza”. Guarda all'umano: "Tanti sperimentano come un'assenza di Dio, eppure ogni essere umano è fatto per Lui, e il disegno del Padre è fare di Cristo il cuore del mondo. Per questo vogliamo ritrovare insieme lo slancio missionario". Un sacerdote non può che essere felice perché “quando uno crede, si vede: la felicità del ministro riflette il suo incontro con Cristo, sostenendolo nella missione e nel servizio”. Il ricordo, poi, di tutti i sacerdoti che “hanno donato la vita, anche fino al sangue”.
Alla fine del discorso, papa Leone XIV si intrattiene con il pubblico di sacerdoti. Chiede, facendo una sorta di lista dei vari paesi del mondo, la provenienza dei vari ministeri presenti in sala. Un fuori programma, alla fine: un sacerdote presenta due zucchetti bianchi. Il papa ne prende uno, lo porta sul capo e poi lo ridà al sacerdote. Il tutto si conclude con un abbraccio fra i due.
Finisce l'incontro il "Padre nostro" recitato da papa Leone XIV assieme ai sacerdoti. E, poi, l'Ave Maria.