Roma , venerdì, 27. giugno, 2025 18:00 (ACI Stampa).
Perché non riesce a capire meglio, con più chiarezza, qual è la volontà di Dio? O meglio, sa che essa agisce nel profondo della sua esistenza, ma non capisce che cosa lui deve fare, se si sta dibattendo come una povera falena attirata dalla luce ma con il rischio di bruciarsi, o se il suo procedere in obliquo, per così dire, nella vita sia il suo reale compito, mostrare insomma che l’importante non è arrivare da qualche parte di preciso, ma andare e lasciar fare a Dio. Sempre questi pensieri hanno inseguito Charles de Foucauld, e la risposta è una, prima di ogni altra: abbandonarsi al Signore. Accostarsi e immergersi nella vita, nel pensiero di de Foucauld, è intraprendere un viaggio nel tempo, nel mondo e nell’anima. Quindi è una bella occasione, da non perdere, leggere “Charles de Foucauld. Le conversioni di un’anima”, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, il nuovo libro del cardinale Jean-Marc Aveline.
Ufficiale militare, esploratore, geografo, monaco, sacerdote, eremita, linguista, missionario: la vita di Charles de Foucauld è stata una tumultuosa avventura piena di colpi di scena. Da soldato avventuriero dedito ad amori fugaci è diventato un evangelizzatore coraggioso e mansueto nel deserto sperduto d’Algeria. Con la maturità cristiana raggiunta tra Nazareth e il Sahara, fratel Charles ha segnato decisamente la spiritualità del Novecento.
Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, racconta in modo appassionato, ma senza le vicende di quello che di fatto è stato un cristiano «inclassificabile»: mistico e uomo d’azione; irrequieto e maestro nell’abbandonarsi a Dio e alla sua volontà; missionario nel mondo e capace di “farsi convertire” dall’incontro con l’Altro e con gli altri, che per lui sono stati prima di tutto i musulmani.
“La prima parola che mi viene in mente associata alla figura di Charles de Foucauld è: bontà. Se osserviamo attentamente le fotografie scattate nel corso della sua vita, vedremo come il suo volto abbia riflesso sempre di più questa bontà, tanto più radiosa quanto più era spoglia e abbandonata nelle mani di Dio”, scrive l’autore, sottolineandone più volte un aspetto fondamentale, che lo ha colpito nell’accostarsi a de Foucauld. Ossia “la sua disponibilità costante a convertirsi, a lasciare che il Signore facesse quello che voleva della vita che gli aveva donato, anche se non capiva perché in fondo non arrivasse mai a realizzarsi nessuno dei suoi progetti: né quello di evangelizzare il Marocco, né quello di essere trappista, né quello di fondare una nuova comunità. Certo, aveva capito che Dio voleva da lui che si limitasse a dissodare là dove altri avrebbero potuto poi seminare. Ma pensava che la sua missione si limitasse all’annuncio del Vangelo ai popoli del Sahara. Non sapeva che Dio stava preparando, per tramite suo, una nuova tappa missionaria per tutta la Chiesa”. Qualcosa che dovrebbe parlare con chiarezza a ciascuno di noi, a quel tormento che ci divora, quel pungolo che ci condanna a struggersi per non sentirci adeguati, perfetti, realizzati.
Ripercorriamo in queste pagine il cammino di fratel Charles. Da Strasburgo, dove nasce nel settembre 1858, poi lo troviamo in Europa e in Africa, poi nella tappa fondamentale di Nazareth, fino alla sua morte a Tamanrasset il 1º dicembre 1916, in Algeria: una morte violenta e tragica. Una vita – e la sua stessa morte, il suo assassinio - fuori dal comune, tortuoso, ma un dono per tutti, come spiega ancora il cardinale Aveline.