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Giubileo, un rapporto per invocare la cancellazione del debito dei Paesi poveri e una riforma finanziaria

Tra le richieste del Giubileo, quella di cancellare il debito dei Paesi più poveri. Un rapporto spiega come fare

Jubilee Report | La copertina del Jubilee Report | PASS Jubilee Report | La copertina del Jubilee Report | PASS

Ci ha lavorato anche l’economista Joseph Stieglitz, premio nobel per l’Economia negli Anni Novanta, e tra l’altro membro della Pontificia Accademia delle Scienze. Ma il Jubilee Report non è solo un rapporto economico. Certifica l’impegno delle organizzazioni legata alla Chiesa per la cancellazione, seguendo una campagna che fu lanciata in maniera massiccia da Giovanni Paolo II per il Giubileo del 2000.

Il rapporto era stato commissionato da Papa Francesco per il Giubileo, ed è stato delineato dagli sforzi di Jubilee USA Network, una alleanza di più di 75 organizzazioni degli Stati Uniti e 750 comunità di fede che lavorano con 50 partner globali. Il team che ha scritto il rapporto, guidato da Stieglitz, era compoto da trenta esperti.

Il tema della cancellazione del debito era ovviamente presente nella bolla di indizione del Giubileo Spes Non Confundit, in cui Papa Francesco non solo chiedeva una “cancellazione del debito”, ma anche “una nuova architettura finanziaria” per correggere un sistema che mette necessariamente a rischio i Paesi poveri.

Il tema di una nuova architettura finanziaria non è cosa nuova. Nel 2011, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace presentò un documento, e sempre lo stesso dicastero, negli Anni Ottanta, aveva redatto documenti profetici sul sistema economico. Nella Caritas In Veritate del 2009, Benedetto XVI arrivava a proporre una riforma delle Nazioni Unite, e nella presentazione dell’enciclica l’economista Stefano Zamagni arrivò a parlare di una camera ONU sul terzo settore. Il Jubilee report, presentato la scorsa settimana presso la Pontificia Accademia delle Scienze, è un altro tassello in questa direzione.

In 28 pagine, il rapporto mette in luce come il sistema dei prestiti internazionali ha portato l’indebitamento globale alla cifra di 97 mila miliardi di dollari. Ci sono 3,3 miliardi di persone che nel mondo oggi vivono in Paesi costretti a spendere più in interessi sul debito che in sanità e istruzione.

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I responsabili, secondo il rapporto, sono prima di tutto “i governi debitori che hanno contratto prestiti eccessivi, spesso a tassi troppo elevanti e con scadenze troppo breve”. Quindi “i creditori che sapevano di concedere prestiti a condizioni che implicavano un rischio significativo di insolvenza, ma che ora, quando i rischi si sono concretizzati, sono riluttanti a fornire il sollievo necessario per ripristinare la sostenibilità del debito”.

Infine, la responsabilità ricade sulle istituzioni finanziarie internazionali, “le cui politiche di prestito favoriscono questi comportamenti da entrambe le parti”.

Nel rapporto si chiede una nuova iniziativa straordinaria per la Highly Indebted Poor Countries (HIPC, nazioni povere altamente indebitate). Si chiamerebbe HIPC 2, e rispecchierebbe l’inizativa analoga lanciata da Giovanni Paolo II nel 1996 in vista del Giubileo del 2000.

Tuttavia, non basta condonare il debito. Vanno cambiati dei meccanismi economici.

“Si sarebbe potuto pensare – si legge nel rapporto - che i Paesi ricchi, essendo in una posizione migliore per assorbire il rischio, lo avrebbero tenuto lontano dai Paesi in via di sviluppo, fungendo da ammortizzatore. Questo è ciò che avrebbero previsto le teorie economiche standard dei mercati efficienti. Ma è avvenuto il contrario”.

E così, i capitali arrivano nei Paesi in via di sviluppo nelle congiunture favorevoli, e quando ci sono situazioni economiche difficile si muovono comunque vero le economie avanzate e più sicure. È questo che si deve correggere.

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Come fare? Il Jubilee Report suggerisce alcune misure. La prima e “più importante” sarebbe “la creazione di un tribunale fallimentare internazionale, simile ai tribunali fallimentari presenti nella maggior parte dei Paesi, per giudicare in modo equo ed efficiente la risoluzione del debito”.

Si chiede anche una riforma delle agenzie di rating, che definiscono l’affidabilità di un Paese e i suoi tassi di interesse e che però sono enti privati, non controllabili.

Il Jubilee Report chiede che non si permetta mai che un Paese già in crisi per il suo debito sia costretto a continuare a pagare a un creditore più soldi in interessi pregressi rispetto a quelli che riceve. E poi chiede di dare priorità a tutto ciò che crea crescita economica e sviluppo rispetto a misure di austerità fini a se stesse, perché “continuare a pagare debiti insostenibili può sembrare un modo per evitare conflitti nel breve termine ma in realtà è la peggiore delle soluzioni possibili”. Questa situazione, infatti, “perpetua la stagnazione, erode la fiducia dei cittadini e distrugge la speranza che la risoluzione del debito dovrebbe contribuire a ristabilire. Si tratta semplicemente di rimandare il problema: ritardare il default porta a crisi economiche e sociali più profonde, con effetti ancora più negativi sui Paesi colpiti”.

Il rapporto chiede di superare l’idea di una mancanza di consenso globale per agire e sostiene “una coalizione di volenterosi per lavorare ad alleviare lo stress che molti Paesi in via di sviluppo devono affrontare”.

Eric LeCompte, direttore esecutivo di Jubilee USA, ha sottolineato che “il rapporto è un Progetto per risolvere l’attuale crisi globale, prevenire future crisi economiche e creare una economia che riduca radialmente la povertà. Mentre un sollevamento dal debito e una giusta economia sono al centro dell’insegnamento cattolico, questo è il primo rapporto che si focalizza su raccomandazioni tecniche per raggiungere una economia che serve tutti”.

Secondo la Banca Mondiale, più di 800 milioni di persone al mondo vivono in povertà estrema, e più di 100 milioni stanno peggio di quanto si pensasse.

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