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Simona Saladini descrive le attività dell’Acisijf per sostenere le donne povere e sole

L'intervista al presidente nazionale di Acisjf

Immagine di repertorio | Immagine di repertorio | Credit Acisjf Immagine di repertorio | Immagine di repertorio | Credit Acisjf

Alcune settimane fa a Roma è stato presentato il volume 'Maria che scende dal treno' della giornalista ed autrice teatrale Anna Mirella Taranto, con la prefazione del cardinale  Baldassare Reina , vicario generale della diocesi di Roma, che ha affermato: “Sapere che c'è una realtà che si occupa delle donne che hanno bisogno di assistenza è un segno di speranza per tutta la Chiesa… Queste 12 storie raccontate nel libro ci interpellano tutti, laddove il nostro compito di cristiani è stare accanto alle persone che soffrire”.

 

Da parte sua, Simona Saladini , presidente nazionale di Acisjf, ha riconosciuto la capacità dell'associazione di “cambiare, riconoscendo i bisogni ei segni dei tempi, contribuendo così come movimento cattolico all'emancipazione delle donne, a fronte dei tanti modi in cui la povertà si manifesta: non solo quella dei migranti ma anche di tante italiane”, accolte oggi grazie all'opera di 16 comitati e 13 case che in Italia offrono 530 posti letto.   Quindi il volume è composto da dodici storie, che raccontano, in forma di brevi monologhi ed interviste, questa storia di accoglienza e di fede, intrecciando ricordi di oltre un secolo di cammino dell'associazione. Infatti più di 100 anni fa le volontarie intervenivano nelle stazioni, lungo i binari, per aiutare donne senza tetto e madri sole; oggi continuano ad accogliere nelle periferie delle città e del mondo donne vittime di violenza, povertà e disagio. 

 

E proprio un excursus storico è quello che ha compiuto nel suo intervento la prof.ssa Marialuisa Sergio, docente di Storia contemporanea all'Università Roma Tre, passando attraverso 'guerre, migrazioni e crisi economiche', e ponendo in luce quanto, per oltre un secolo, Acisjf abbia agito “all'insegna delle '3 A' ossia accoglienza, ascolto e accompagnamento, sul solco tracciato dall'enciclica 'Rerum novarum' di papa Leone XIII, non solo facendo assistenzialismo ma ricercando il bene contro ogni individualismo. Si tratta non solo di un accompagnamento delle fragilità della persona ma anche di renderle protagonista del proprio destino, mediante la relazione e l'alleanza”.  Sono state affidate a monsignor  Andrea Manto , assistente ecclesiastico nazionale Acisjf, le conclusioni della giornata: “Questo libro e la sua lettura ci insegnano che ognuno di noi può donare una goccia di speranza: così si formano quel fiume e quel mare che portano a tutti fiducia, speranza e voglia di rinascere”. Al termine dell'incontro sono state consegnate dai presidenti delle sedi dell'associazione in Italia, le 'valigie della speranza', nate in collaborazione con la Caritas, ossia un contributo destinato al sostegno di una specifica situazione di necessità

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Con la presidente dell’Acisijf, Simona Saladini riprendiamo l’omelia della celebrazione eucaristica per il giubileo dei poveri di papa Leone XIV dello scorso 16 novembre (‘La povertà interpella i cristiani, ma interpella anche tutti coloro che nella società hanno ruoli di responsabilità. Esorto perciò i Capi degli Stati e i Responsabili delle Nazioni ad ascoltare il grido dei più poveri. Non ci potrà essere pace senza giustizia e i poveri ce lo ricordano in tanti modi, con il loro migrare come pure con il loro grido tante volte soffocato dal mito del benessere e del progresso che non tiene conto di tutti, e anzi dimentica molte creature lasciandole al loro destino’): in quale modo?

 

Chi ha responsabilità è chiamato ad ascoltare il "grido dei più poveri", a denunciare le ingiustizie e ad agire per eliminarle in modo strutturale. Un invito forte ad intendere la propria responsabilità come servizio per il bene comune, per la verità e la giustizia, in particolare per i più deboli ed emarginati”. 

 

Per quale motivo il povero può diventare segno di speranza?

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Come ci ha ricordato papa Leone XIV, chi vive in una condizione di povertà, non avendo beni materiali, sa di non poter contare sulle sicurezze del potere e dell’avere.  Pertanto la sua condizione lo porta a riconoscere prima degli altri che solo in Dio c’è la vera salvezza, e per questo diventa testimone di una speranza profonda che si basa sulla fede”.

 

‘Aiutare il povero è infatti questione di giustizia, prima che di carità’: in quale modo dare seguito a queste parole?

“Innanzitutto promuovendo politiche sociali come quelle relative al lavoro, all’istruzione, alla casa e alla salute; ma anche trovando modalità per incidere a livello culturale, per smascherare ‘l’illusione di una felicità che deriva da una vita agiata’, perché questo spinge molte persone a cercare la ricchezza e il successo sociale a tutti i costi, anche a scapito del bene comune”.

 

Per quale motivo per papa Leone XIV la città di Dio impegna anche per le città degli uomini?

“La riflessione parte dall’insegnamento di sant'Agostino secondo il quale nella storia umana si intrecciano due ‘città’: la città dell’uomo e la città di Dio. La prima guidata dall'amore di sé, dalla ricerca di potere e dai beni materiali; la seconda formata da coloro che amano Dio e vivono secondo carità e giustizia. Ebbene, papa Leone XIV, attraverso queste sue parole, ci dà un suggerimento pratico su come l'umanità possa fare per vivere in pace, libertà e pienezza. Ovvero, bisogna volgere lo sguardo e il cuore a Dio per realizzare anche sulla terra una prosperità umana autentica, un mondo fondato sulla giustizia sociale in cui ogni persona abbia riconosciuta la sua dignità”.

 

Cosa trova Maria scendendo dal treno?

“Innanzitutto, 'Maria che scende dal treno' è il titolo del libro (Edizioni Universitarie Romane) della giornalista Anna Mirella Taranto, che abbiamo presentato in occasione del Giubileo dei Poveri in Vicariato e racconta 123 anni di storia dell'ACISJF, l'Associazione Cattolica Internazionale al Servizio della Giovane, di cui sono presidente nazionale dal 2018. Maria nel 1902 scende dal treno, come simbolo delle numerose donne che si dirigevano verso le città industriali del Nord Italia e dell'Europa in cerca di lavoro e di una vita migliore. 

 

Oggi, invece, Maria arriva soprattutto nei porti da deserti che attraversa a piedi nudi, da storie di violenza, di fama, di miseria. Ma nella Chiesa Maria è il femminile che accoglie senza chiedere, che custodisce. Ecco allora che scendendo dal treno, Maria trova le volontarie dell'ACISJF con la mano tesa verso di lei. Un incontro di umanità solidale tra donne che tendono una mano e quelle a cui viene tesa, fatto di accoglienza che si traduce in presa in carico per restituire dignità e libertà”.

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Ed in cosa consiste questa 'valigia della speranza'? 

"In un mondo segnato da povertà, guerra e degrado, le donne pagano prezzi altissimi perché quando malati situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, spesso si trovano anche con minori possibilità di difendere i loro diritti. A partire da questa consapevolezza, sette anni fa, per celebrare la Giornata Mondiale dei Poveri è nata la 'Valigia della Speranza'. 

 

Poiché a livello nazionale siamo articolati in 16 comitati locali che lavorano in altrettante città, dal nord al sud Italia, ogni anno ciascun comitato sceglie di donare ad una donna particolarmente bisognosa e meritevole, una valigia di cartone simbolo di speranza per rimettersi in cammino. Dentro, il necessario a sostenere il sogno della donna alla quale è destinata: una borsa di studio per l'università, un corso di formazione professionale, un letto o una cucina per rendere abitabile una nuova casa, perché i volti della povertà sono tanti e diversi tra loro”. 

 

Insomma. cosa è Acisjf?

"Sono donne al servizio di altre donne che da oltre un secolo accompagnano con intelligenza ricca di fede la trasformazione della condizione femminile. I servizi oggi attivi vanno dal collegio universitario agli uffici nelle stazioni ferroviarie fino alle iniziative contro l'emergenza freddo, dalla formazione professionale agli affidi diurni, al sostegno scolastico; dall'accoglienza delle giovani che dal sud Italia si spostano al nord per un lavoro precario alla presa in carico delle donne migranti, all'accompagnamento delle donne gestanti e delle madri con bambino. Lavorando in rete tra di noi e con le istituzioni civili e religiose in questi anni abbiamo aiutato oltre 17.000 donne ed abbiamo seguito circa 6.000 giovani nelle stazioni Abbiamo servito più di 40.000 pasti e diamo ospitalità nelle nostre 13 case di accoglienza con 530 posti letto disponibili”.