Roma , martedì, 22. luglio, 2025 16:00 (ACI Stampa).
“Ho conosciuto Luigi Rocchi nel 1972 e gli sono stato vicino fino al momento della morte, avvenuta il 26 marzo 1979. Sono andato a casa sua a Tolentino, insieme ad un frate cappuccino, fra Francesco, almeno un centinaio di volte. Luigi è stata una personalità di grande livello. E’ stato in amicizia con l’allora vescovo della diocesi di Macerata, mons. Ersilio Tonini, e con il prelato di Loreto, mons. Loris Capovilla, già segretario di papa san Giovanni XXIII”.
Così è iniziata la testimonianza di Silvestro (Silvio) Profico all’Abbadia di Fiastra, nella diocesi di Macerata, nel cammino giubilare proposto da don Rino Ramaccioni, con la collaborazione dell’Azione Cattolica diocesana, il Sermirr di Recanati ed il Sermit di Tolentino, sul venerabile Luigi Rocchi ‘uomo di speranza’.
Il Venerabile Luigi Rocchi è nato a Roma il 19 febbraio 1932. Poco dopo la famiglia si trasferì a Tolentino, loro città di origine. Dall’età di quattro anni, iniziò a manifestare una serie crescente di patologie: cadeva continuamente; a scuola non era in grado di muoversi e di correre come gli altri bambini, finendo per essere emarginato; per ricevere la Prima Comunione, dovette avanzare verso la balaustra sorretto dalla mamma. Gli fu diagnosticata la distrofia muscolare progressiva o morbo di Duchenne. Cominciò ad aver bisogno di un bastone per camminare, poi di due, alla fine anche una pietruzza diventava per lui un ostacolo insormontabile e per salire al piano superiore di casa i familiari dovevano caricarselo in spalla. Inoltre, a nove anni fu coinvolto in un incendio per un bombardamento aereo, che gli lasciò in eredità una completa calvizie.
Di fronte a questa situazione, ebbe inizialmente un comprensibile atteggiamento di ribellione, che produsse in lui tristezza, crisi esistenziale, abbandono della fede e completa disperazione. La sua mamma, una donna dalla fede semplice e convinta, giunse ad accettare la malattia del figlio e a tenerselo in casa, contrariamente all’abitudine dell’epoca di ricoverarlo in qualche istituto, ripetendo spesso una frase: ‘Luigino, Gesù ti ama’, che sarà l’inizio della sua conversione.
Nel frattempo, giunto in età giovanile, Luigi dovette ritirarsi da scuola, rinunciare a formarsi una famiglia, perdere il lavoro da sarto, perché non più in grado di tenere l’ago tra le dita, rinunciare alle compagnie di cui era l’anima e vivere in una cupa solitudine. Si mise a letto a diciannove anni, imprecando contro il suo destino. Ma, attingendo ai valori appresi in famiglia, in parrocchia e nell’Azione Cattolica, frequentata durante l’adolescenza, egli ebbe un moto di reazione e, con la forza disperata di un naufrago, rivolse la sua invocazione a Gesù crocifisso. La preghiera a poco a poco divenne il respiro della sua giornata.





