E le prime parole dell’omelia pronunciata da papa Leone XIV sono riservate proprio a loro, ai poveri, agli indigenti: “E’ una gioia trovarci insieme, e celebrare l’Eucaristia domenicale” che “ci regala una gioia ancora più profonda. Se, infatti, è già un dono essere oggi vicini e vincere la distanza guardandoci negli occhi, come veri fratelli e sorelle, un dono più grande è vincere nel Signore la morte. Gesù ha vinto la morte – la domenica è il suo giorno, il giorno della Risurrezione – e noi iniziamo già a vincerla con Lui”. Parole, subito, di speranza, che guardano alla vittoria della Resurrezione sulla morte, su ogni possibile morte: “È così: ognuno di noi viene in chiesa con qualche stanchezza e paura – a volte più piccole, a volte più grandi – e subito siamo meno soli, siamo insieme e troviamo la Parola e il Corpo di Cristo. Così il nostro cuore riceve una vita che va oltre la morte. È lo Spirito Santo, lo Spirito del Risorto, a fare questo fra di noi e in noi, silenziosamente, domenica dopo domenica e giorno dopo giorno”, continua così papa Leone XIV.
Poi, delle parole sul luogo stesso della celebrazione eucaristica, il santuario di Santa Maria della Rotonda ad Albano: “ Ci troviamo in un antico Santuario le cui mura ci abbracciano. Si chiama “Rotonda” e la forma circolare, come a Piazza San Pietro e come in altre chiese antiche e nuove, ci fa sentire accolti nel grembo di Dio. All’esterno la Chiesa, come ogni realtà umana, può apparirci spigolosa. La sua realtà divina, però, si manifesta quando ne varchiamo la soglia e troviamo accoglienza”. E continua: “Allora la nostra povertà, la nostra vulnerabilità e soprattutto i fallimenti per cui possiamo venire disprezzati e giudicati – e a volte noi stessi ci disprezziamo e ci giudichiamo – sono finalmente accolti nella dolce forza di Dio, un amore senza spigoli e incondizionato”. Il pensiero, poi, allora corre subito alla Vergine Maria che è “ madre di Gesù” e che “per noi è segno e anticipazione della maternità di Dio. In lei diventiamo una Chiesa madre, che genera e rigenera non in virtù di una potenza mondana, ma con la virtù della carità”.
L’omelia, poi, si concentra sul brano del Vangelo: “Noi cerchiamo la pace e abbiamo ascoltato: «Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione». E quasi gli risponderemmo: «Ma come, Signore? Anche tu? Abbiamo già troppe divisioni. Non sei proprio tu che hai detto nell’ultima cena: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”?». «Sì – ci potrebbe rispondere il Signore – sono io. Ricordate però che quella sera, la mia ultima sera, aggiunsi subito a proposito della pace: «Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore»”.
Ma di quale pace si tratta? Papa Leone XIV cerca di spiegare “che il mondo ci abitua a scambiare la pace con la comodità, il bene con la tranquillità”. E continua: “Per questo, affinché in mezzo a noi venga la sua pace, lo shalom di Dio, Gesù deve dirci: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!». La riflessione del pontefice, allora, si concentra sulla vita di tutti i giorni: “Forse i nostri stessi familiari, come preannuncia il Vangelo, e persino gli amici si divideranno su questo. E qualcuno ci raccomanderà di non rischiare, di risparmiarci, perché importa stare tranquilli e gli altri non meritano di essere amati. Gesù invece si è immerso nella nostra umanità con coraggio”. Papa Leone parla di “battesimo della croce” che vuol dire - per il pontefice - “un’immersione totale nei rischi che l’amore comporta”. Ed è in questo che “entra in gioco” la Santa Messa che “nutre questa decisione”.
E’ necessario, dunque, per portare a compimento questa decisione “non vivere più per noi stessi”, ma “portare il fuoco nel mondo”. Ma precisa: “Non il fuoco delle armi, e nemmeno quello delle parole che inceneriscono gli altri. No. Ma il fuoco dell’amore, che si abbassa e serve, che oppone all’indifferenza la cura e alla prepotenza la mitezza; il fuoco della bontà, che non costa come gli armamenti, ma gratuitamente rinnova il mondo”. Un’azione - precisa sempre papa Leone - che “può costare incomprensione, scherno, persino persecuzione, ma non c’è pace più grande di avere in sé la sua fiamma”.
Infine, il ringraziamento al Vescovo di Albano, monsignor Vincenzo Viva, e a tutti gli operatori della Caritas Diocesana che s’impegano quotidianamente “a portare il fuoco della carità”. Poi, l’incoraggiamento “a non distinguere tra chi assiste e chi è assistito, tra chi sembra dare e chi sembra ricevere, tra chi appare povero e chi sente di offrire tempo, competenze, aiuto”. Precisa, il papa: “Siamo la Chiesa del Signore, una Chiesa di poveri, tutti preziosi, tutti soggetti, ognuno portatore di una Parola singolare di Dio. Ognuno è un dono per gli altri”.
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