Rimini , martedì, 26. agosto, 2025 12:30 (ACI Stampa).
Nel 325 d.C. a Nicea si tenne il primo evento ecumenico della storia della cristianità, da cui scaturì una professione di fede condivisa che da 1700 anni rappresenta per i cristiani un elemento in cui identificarsi e trovare unità, come ha scritto papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo ordinario, ‘Spes non confundit’: “Si compiranno, infatti, 1700 anni dalla celebrazione del primo grande Concilio Ecumenico, quello di Nicea. E’ bene ricordare che, fin dai tempi apostolici, i pastori si riunirono in diverse occasioni in assemblee allo scopo di trattare tematiche dottrinali e questioni disciplinari. Nei primi secoli della fede i Sinodi si moltiplicarono sia nell’Oriente sia nell’Occidente cristiano, mostrando quanto fosse importante custodire l’unità del popolo di Dio e l’annuncio fedele del Vangelo… Dopo vari dibattimenti, tutti, con la grazia dello Spirito, si riconobbero nel Simbolo di fede che ancora oggi professiamo nella celebrazione eucaristica domenicale. I Padri conciliari vollero iniziare quel Simbolo utilizzando per la prima volta l’espressione ‘Noi crediamo’, a testimonianza che in quel ‘Noi’ tutte le Chiese si ritrovavano in comunione, e tutti i cristiani professavano la medesima fede. Il Concilio di Nicea è una pietra miliare nella storia della Chiesa”.
E’ per tale motivo che al meeting dell’Amicizia tra i popoli, in programma alla Fiera di Rimini fino al 27 agosto è stata allestita dalla Pontificia Università della Santa Croce e dall’associazione ‘Patres’ la mostra ‘Luce da Luce: Nicea 1700 anni dopo’, curata da Leonardo Lugaresi, Giulio Maspero, Paolo Prosperi, Ilaria Vigorelli, con la collaborazione di Samuel Fernández: “Ma proprio a Nicea la Chiesa, di fronte alla crisi ariana, è riuscita a formulare per la prima volta la verità sconvolgente che Dio è Padre, non che fa il Padre. Quindi non è che Dio può decidere se essere Padre o non essere Padre, proprio perché Gesù è il Suo Figlio eterno. Ma ciò significa dire che Dio non può far altro che amarci e questa è una notizia che ci libera. Anzi, forse noi soffriamo così tanto proprio perché abbiamo perso tale riferimento. Perciò la mostra, in occasione di questo anniversario di Nicea, è una grande occasione per recuperare questa verità”. Il progetto si articola in un viaggio a tappe dove, attraverso grandi grafiche, si sviluppano i temi emersi al Concilio di Nicea: partendo dalla narrazione delle contese che hanno portato alla sua convocazione; quindi si passa all’esposizione del Simbolo di Nicea, in greco e in italiano, affiancato da una grande riproduzione del Cristo Pantocratore da Hagia Sophia. A seguire le fasi successive al Concilio fino ad arrivare al rapporto con i giorni nostri.
Ad uno dei curatori, don Giulio Maspero, professore ordinario di teologia dogmatica alla Pontificia Università ‘Santa Croce’ di Roma, chiediamo di raccontarci brevemente la mostra: “La mostra introduce ad una parte della nostra storia che è all’origine proprio del Giubileo che stiamo vivendo. La speranza che ci viene offerta, infatti, non è quella di una favola, ma ha origine in un dramma e un percorso, in alcuni passaggi faticoso, per accogliere il dono della rivelazione che Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio, cioè che è eterno come Suo Padre. La crisi ad Alessandria di Egitto, che ha portato poi al concilio di Nicea nell’odierna Turchia, con tutti gli eventi anche ad essa successivi, rappresentano un percorso che può essere considerato liberante. Infatti, l’essere umano è sempre in tensione tra il proprio desiderio di infinito e i limiti che lo caratterizzano. Senza la verità proclamata a Nicea, l’uomo sarebbe assurdo, come ha scritto anche Gregorio di Nazianzo, un Padre della Chiesa fondamentale per la ricezione del concilio”.





