“Il perdono di san Nicola è un invito a confessarsi per tutti i battezzati, perché nella confessione si riceve la misericordia di Dio e in questi due giorni ‘particolari’ della festa del Perdono il tesoro della Chiesa, ad immagine della festa del Padre, si apre anche a favore delle persone ‘lontane’, in quanto è un dono smisurato. Non solo nelle confessioni ‘normali’ non siamo più colpevoli davanti a Dio, pur rimanendo la pena dei nostri peccati; invece nel perdono, attraverso l’indulgenza, si ha anche la remissione della pena.
Quindi la Chiesa vuole quasi significare concretamente questo perdono che oltrepassa le aspettative umane: non solo Dio non si ricorda più della colpa del penitente, ma ha un amore così grande che, in occasione delle feste come quelle di san Nicola da Tolentino o san Francesco d’Assisi od ad altri santi, che nella vita hanno fatto penitenza a favore dei fedeli, apre il ‘tesoro’ della misericordia di Dio per tutti i fedeli.
Ecco il motivo per cui in queste feste ci si confessa molto: non è solo una confessione ‘esteriore’, ma soprattutto interiore, che aiuta a comprendere che in quel momento è la Chiesa che abbraccia il fedele e consegna questo dono grande dell’amore di Dio attraverso la vita ed i meriti del Santo: quello che il Santo ha fatto a favore di tutti i fedeli (naturalmente Gesù attraverso il Santo) si riverbera nei giorni della festa del perdono di san Nicola”.
In quel periodo la nostra città era molto turbolenta: in quale modo san Nicola riusciva a riappacificare le persone?
“San Nicola non faceva gesti particolari, ma metteva in atto uno stile di vita: era considerato un paciere, in quanto conosceva le famiglie di Tolentino. Cercava di porre ‘rimedio’ nelle famiglie in lite, andandole a visitare: i testi del ‘processo’ di canonizzazione dicono che frequentava settimanalmente molte famiglie; quindi o in confessione o andando nelle case san Nicola conosceva molto bene la città, così da proporre alcuni gesti per la riappacificazione. Inoltre, visto che era un valente oratore, ci immaginiamo che attraverso le omelie riusciva a far riappacificare le persone.
Infatti i testi del processo di canonizzazione dicono che chi ascoltava le sue omelie rimaneva ‘edificato’ e non si voleva ‘allontanarne’. Eppoi san Nicola faceva quello che a volte i fedeli non riuscivano a fare attraverso le preghiere, le testimonianze, i digiuni e le penitenze, che erano a favore di tutti i penitenti, che non riuscivano a compiere un cammino di riconciliazione. Quindi aveva una compassione per tante famiglie che si combattevano tra loro: lui chiedeva a Dio di ascoltare la sua preghiera e supplicava Dio a posto loro, che non riuscivano. Pregava, così come alcuni secoli dopo ha fatto santa Rita”.
Per quale motivo fu affascinato da sant’Agostino?
“Sant’Agostino era uno dei Padri della Chiesa. Non sappiamo quale tipo di influenza poteva aver avuto quando san Nicola era bambino. Più che i testi di sant’Agostino, che immaginiamo abbia letto, quando già era entrato nel convento, rimase affascinato dalla vita di alcuni eremiti agostiniani religiosi, conosciuti nella sua città natale che era Sant’Angelo in Pontano. Quindi da bambino ha conosciuto alcuni testimoni che facevano vita agostiniana come eremiti.
Subito era rimasto affascinato per la concordia tra loro e la sobrietà di vita condotta, così dicono i testi. Poi nella formazione accademica ha conosciuto anche i testi agostiniani, però è entrato nell’Ordine agostiniano non per il motivo che conosceva i testi, ma per aver frequentato gli Eremiti di sant’Agostino. Ci immaginiamo che avrà conosciuto quello stile di vita comunitaria, che come eremiti, dovevano avere”.
C’è un insegnamento che si può trarre per la nostra vita dall’amore del santo tolentinate a Dio ed agli uomini?
“Amava i poveri e li nutriva con la parola e con la fede; procurava per loro vestiti e cibi. Accoglieva volentieri i frati ospiti, come se fossero angeli di Dio. Era letizia ai tristi, consolazione degli afflitti, pace dei divisi, refrigerio degli affaticati, sussidio ai poveri, rimedio singolare per i prigionieri. San Nicola non è voluto mai apparire, lavorando di nascosto per il Signore e per la comunità.
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Ha fatto molto bene nascondendosi sempre dietro a Dio. Quindi oggi ci può insegnare a non pretendere di mettere sempre la firma sul nostro lavoro ed a lavorare con una grandissima fiducia in Dio, che vede ogni cosa e scruta le viscere dell’uomo. Eppoi il grande amore verso l’Eucarestia, che per lui era la sorgente di ogni attività. Ancora oggi questo esempio è valido per noi”.