Roma , martedì, 23. settembre, 2025 9:00 (ACI Stampa).
Lo scorso 31 luglio, a Washington i rappresentanti della Repubblica Democratica del Congo e del Rwanda, in collaborazione con gli osservatori degli Stati Uniti, del Qatar, della Commissione dell’Unione Africana e del Togo (facilitatore da parte dell’Unione Africana), hanno tenuto la prima riunione del Comitato Congiunto di Monitoraggio dell’attuazione dell’accordo di pace firmato il 27 giugno dai due Stati. Questo comitato ha il compito di accompagnare l’attuazione dell’accordo di pace, attraverso il monitoraggio delle violazioni dell’accordo, dell’adozione di misure appropriate per rimediare a tali violazioni e della ricerca di soluzione di eventuali litigi per via amichevole.
Mentre il giorno successivo, a Washington, i rappresentanti di questi due Stati, con la collaborazione degli Stati Uniti, hanno firmato un testo relativo ai ‘Principi del Quadro di Integrazione Economica Regionale’, previsto dall’accordo di pace firmato il 27 giugno, secondo cui i due Stati intendono favorire il progresso economico e il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni nella regione dei Grandi Laghi Africani. Però la situazione resta ad ‘alta tensione’.
Da Maurizio Misitano, direttore esecutivo della Fondazione ‘Agostiniani nel mondo’, ong che opera in molti Paesi del mondo, ci facciamo raccontare la situazione nella Repubblica Democratica del Congo: “La situazione nella Repubblica Democratica del Congo non è facile:adesso è esplosa, ma quella zona con quelle limitrofe è in grande difficoltà. Il reclutamento forzato di popolazione molto giovane è sempre attivo e colpisce moltissimo anche le nostre missioni nel nord della Repubblica Democratica. Abbiamo progetti con l’obiettivo comune di assistere i poveri”.
Quali sono i progetti che la Fondazione sta realizzando?
“A Kinshasa abbiamo una scuola, dalla materna alla secondaria, con 2500 studenti e studentesse (51%). Abbiamo un programma al contrasto del lavoro minorile, fenomeno terribile nel Paese, che ufficialmente ‘coinvolge’ circa 8.000.000 bambini e bambine, ma secondo noi sono molti di più. Con il progetto contro lo sfruttamento al lavoro minorile, cerchiamo di stabilizzare la situazione economica dei genitori, i quali mandano i figli a lavorare per una questione di povertà. Quindi li aiutiamo a stabilizzarsi, coinvolgendo gli imprenditori locali attraverso la formazione del personale, oppure sostenendo l’apertura di piccole attività produttive o cooperative. A Dungu abbiamo costruito il Centro Juvenat che si occupa di reinserimento nella società degli ex-bambini soldato e l’ampliamento dello stesso con una scuola che li possa accogliere”.





