Carpi , domenica, 5. ottobre, 2025 10:00 (ACI Stampa).
Il Vangelo di questa domenica ci consegna due parole forti ed essenziali: la supplica degli apostoli – «Accresci in noi la fede!» – e l’invito di Gesù a vivere come “servi inutili”.
E’ possibile chiedere una fede più grande quando comprendiamo davvero che cosa significa credere. La fede non è un sentimento o un’emozione ma adesione a Cristo, vero Dio e vero uomo, venuto a rivelarci chi è Dio e chi è l’uomo. Per questo, avere fede non significa essere esenti da dubbi. Al contrario, il dubbio può diventare un alleato prezioso della fede, perchè può portare alla ricerca sincera e umile della verità. Ma c’è un altro grande ostacolo che impedisce di credere ed è la presunzione: l’idea, cioè, che la fede sia qualcosa di statico, di acquisito una volta per sempre. La fede, invece, è come un fuoco, che ha bisogno di essere alimentata per non spegnersi. E ogni giorno è un’occasione per rinnovare il nostro sì a Cristo, lasciandoci guidare, sostenere e trasformare dal suo amore.
Madeleine Delbrêl, convertitasi al cattolicesimo nel secolo scorso, ci ha lasciato una definizione luminosa della fede: «Credere è mettersi in cammino, e restarci. È camminare nel buio, ma nella direzione della luce». La fede, infatti, è una fedeltà al Signore che si rinnova ogni giorno, anche quando il passo è incerto o il cielo sembra chiuso. Per custodire e sostenere la nostra fede in Cristo, abbiamo a nostra disposizione due doni: La preghiera e la Chiesa. La preghiera quotidiana, anche se breve, mantiene aperto il nostro dialogo con Dio, ci orienta verso di Lui e i permette di riconoscere la Sua presenza nelle pieghe della nostra giornata. La Chiesa, poi, è la grande famiglia di Dio che ci accompagna. In essa possiamo ascoltare la Parola di Dio, accostarci al sacramento della Riconciliazione e partecipare alla Santa Messa domenicale per ricevere Gesù che si dona a noi nella santa Comunione.
Alla richiesta degli apostoli: Accresci la nostra fede, Gesù non risponde con promesse straordinarie. Dice semplicemente: «Se aveste fede quanto un granello di senape…» Non aumenta la loro fede, ma li invita a scoprire che anche una fede piccola, apparentemente insignificante, è sufficiente. Perché? Perché non siamo noi a compiere grandi cose, ma è Dio che opera, se Gli permettiamo di entrare nella nostra vita. Una fessura nel cuore basta perché Lui possa entrare. E quando entra, inizia a trasformare la nostra esistenza, silenziosamente, pazientemente, come solo l’amore sa fare.
Il linguaggio della seconda parte del brano evangelico, può apparire duro, quasi umiliante: Siamo servi inutili. Con queste parole Gesù non vuole svilire il valore dell’uomo, intende, invece, correggere una mentalità ancora molto diffusa, anche oggi: quella del “do ut des”, del “ti do, perchè tu mi dia”, che porta a ritenere che se facciamo il bene, Dio ci debba qualcosa in cambio. Ma Dio non è un datore di lavoro: è un Padre. Il nostro servire, dunque, non nasce dal desiderio di guadagnarci il Suo favore, ma dalla gratitudine per ciò che da Lui abbiamo già ricevuto di meraviglioso: il dono della vita e, insieme ad esso, il dono della fede che porta gioia, ci rende migliori di quello che siamo e utili per il mondo. La fede non è una moneta di scambio, ma un dono che ci trasforma e che ci spinge a compiere il bene non per interesse, ma per amore, non perchè conviene, ma perchè è bello, e giusto vivere così. Comprendiamo, allora, le straordinarie parole di sant’Ambrogio: «il servo di Cristo è più libero del re del mondo».




