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CCEE, la nuova Charta Œcumenica sarà firmata il 5 novembre

Previsto inzialmente in Lituania, posticipato per la morte di Papa Francesco, il documento sarà firmato all’Abbazia delle Tre Fontane

Plenaria CCEE | Un momento della plenaria del CCEE a Fatima, che si è tenuta dal 7 al 10 ottobre 2025 | CCEE Plenaria CCEE | Un momento della plenaria del CCEE a Fatima, che si è tenuta dal 7 al 10 ottobre 2025 | CCEE

Il prossimo 5 novembre, presso l’Abbazia delle Tre Fontane, sarà finalmente firmata la nuova Charta Œcumenica, l’aggiornamento del documento che 25 anni fa il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e il Consiglio Europeo delle Chiese (CEC) firmarono per delineare l’impegno europeo.

La firma del nuovo testo avrebbe dovuto avere luogo in Lituania, a Vilnius, lo scorso 27 aprile, ma l’evento fu rimandato a causa della morte di Papa Francesco lo scorso 21 aprile. L’annuncio della nuova data è stato dato dall’arcivescovo Gintaras Grušas di Vilnius, presidente del CCEE, nel suo indirizzo inaugurale dell’Assemblea Plenaria del Consiglio, che si è tenuta a Fatima dal 7 al 10 ottobre.

Grušas ha anche annunciato che il 6 novembre ci sarà un’udienza speciale di Leone XIV ai partecipanti alla firma della Charta. A seguito della firma del testo revisionato, inizierà un processo congiunto con la CEC per l’implementazione e la recezione del documento nelle Conferenze episcopali e nelle Chiese cristiane d’Europa.

Il percorso verso il testo revisionato non è stato un cammino facile, perché si deve mediare tra le Chiese protestanti e la loro volontà di rendere gli impegni più “pratici”, se così si può dire, e la necessità di dare una forma teologica al tutto. Una bozza dell’aggiornamento, che pone i vecchi capitoli della Charta Oecumenica a fianco delle revisioni, è stata online per una consultazione pubblica. Saltava agli occhi che gli impegni concreti sono 55, mentre nella Charta originale erano 26. E poi, c’è l’inclusione a pregare insieme per l’unità, mentre nella versione del 2001 si parlava solo genericamente di “pregare gli uni per gli altri per l’unità dei cristiani”.

Il presidente del CCEE ha notato che l’impegno ecumenico in Europa è “un contributo importante agli sforzi della Chiesa universale per l’unità dei cristiani”, e ha citato a questo proposito la prossima visita di Leone XIV a Nicea e Istanbul dal 27 al 30 novembre per il 1700esimo anniversario del Primo Concilio Ecumenico di Nicea.

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L’arcivescovo di Vilnius ha anche ricordato la dolorosa realtà delle guerre in corso, in particolare in Ucraina e in Terra Santa, sottolineando i precedenti appelli di Papa Francesco contro il “perverso abuso di potere” ed esortando la Chiesa a non stancarsi mai di pregare e lavorare per la pace. Ha sottolineato che “le sofferenze dei più deboli e degli innocenti sono anche le nostre come Chiesa”.

Il Presidente del CCEE ha espresso gratitudine a Papa Leone XIV per la sua vicinanza al CCEE e per il suo incoraggiamento a proseguire gli sforzi nell’evangelizzazione, nella sinodalità, nel dialogo ecumenico e nella pace.

Tema dell’assemblea era quello di Come Essere Discepoli Missionari in un’Europa Secolarizzata.

“Essere discepoli missionari oggi – ha detto l’arcivescovo Grušas - non significa ripetere vecchie formule, né abbandonare la Tradizione che ci sostiene. Significa entrare in dialogo con la cultura del nostro tempo – con le sue domande, le sue ferite e le sue aspirazioni – e permettere al Vangelo di illuminarle dall’interno. Significa testimoniare con autenticità, attraverso vite che rivelano la misericordia di Dio e il potere trasformante della grazia. Significa trovare nuovi modi per esprimere verità eterne in un linguaggio che i cuori possano comprendere”.

La plenaria del CCEE si era aperta con una Messa solenne nella Basilica di Nostra Signora del Rosario, al termine della quale i Presidenti delle Conferenze Episcopali d’Europa hanno affidato la loro missione e il continente alla Beata Vergine Maria attraverso l’Atto di Consacrazione.

Nella prima delle due sessioni principali di questa Assemblea, la Prof.ssa Isabel Capeloa Gil, Rettore dell’Università Cattolica del Portogallo, ha parlato diCome essere discepoli missionari in un’Europa secolarizzata: un’analisi culturale della situazione attuale”, riflettendo sulle sfide culturali e spirituali dell’Europa, in un contesto in cui paradossalmente si vive tra progresso tecnologico e vulnerabilità umana, mentre si rischia di ignorare la fragilità delle fondamenta culturali. Secondo la professoressa, la Chiesa deve impegnarsi come voce della coscienza e del discernimento, non della censura, portando la sua tradizione di saggezza al centro del dibattito pubblico.

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La seconda relazione è stata ad opera di András Máté-Tóth, professore di studi religiosi presso l’università di Szeged in Ungheria. Questi ha collocato le attuali difficoltà dell’Europa nel contesto della lunga storia della sua divisione tra Est e Ovest, segnata dalla caduta dell’Impero Romano, dal Grande Scisma e dalla Guerra Fredda, che hanno lasciato profondi segni nelle identità. Mentre l’Europa orientale porta ancora le ferite della dittatura, alimentando il desiderio di leader forti e di una società civile debole, l’Europa occidentale spesso guarda all’Est attraverso stereotipi di arretratezza.

E tuttavia, ha detto Máté-Tóth, non c’è più un confine così netto, a causa di varie crisi condivise, e anche perché l’Europa Centrale e Orientale vive una vulnerabilità storica che alimenta il nazionalismo, la paura delle minacce esterne e la resistenza alle critiche. Compito della Chiesa è quindi quello di essere “portatrice di speranza”.

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