Roma , lunedì, 27. ottobre, 2025 9:00 (ACI Stampa).
Contemplare Cristo con Maria, il programma di vita di ogni fedele mariano, cioè di ogni cristiano. Maria vive ogni secondo nei piccoli grani del Rosario che scorrono tra le dita. Sequenze di Ave Maria, Pater e Gloria. Una musica. E a questa musica hanno guardato diversi pontefici nell’arco della storia della Chiesa. A cominciare da papa Sisto IV che renderà ufficiale la recita della preghiera del Santo Rosario, la preghiera mariana per eccellenza. Poi, per la festa della Madonna del Rosario, dobbiamo aspettare il teologo (domenicano) Antonio Ghisleri, divenuto poi Papa Pio V. Era il 7 ottobre 1571. Un salto di tempo, il 1800. Fine 1800. Regnante papa Leone XIII che - nel settembre 1893, nella sua “Laetitiae Sanctae” - si dice “pienamente convinto che la pratica del Rosario, curata in modo da farne scaturire la forza morale che vi è racchiusa, genererà frutti copiosi non solo per i singoli, ma per tutta la società”. La preghiera mariana, "antitodo" per i mali del mondo.
Passiamo al ‘900, il secolo in cui tutti i pontefici hanno fatto riferimento alla famosa preghiera mariana. Nel 1937, nella sua Enciclica “Ingravescentibus Malis”, papa Pio XI si trova di fronte a due pericolosi nemici della Chiesa, il nazionalsocialismo e lo stalinismo. E sarà, allora, proprio nella recita del Rosario che si deve ricorrere ai “ripari”. Ci dice, nel documento, che il XX secolo “rifiuta il Rosario”. Ma, tuttavia “una innumerevole moltitudine di uomini santi di ogni età, di ogni condizione” lo recitano. C’è allora speranza per il mondo. Con l’enciclica “Ingruentium Malorum” del 15 settembre 1951 Pio XII esortava i fedeli a riscoprire “l’eccellenza, il valore e la salutare efficacia” del Santo Rosario. Altro pontefice, Giovanni XXIII, il papa del Concilio: il 4 maggio 1963, riceve il primo pellegrinaggio italiano del Rosario Vivente: dirà che “una giornata senza preghiera è come un cielo senza stelle, un giardino senza fiori”. Sempre di papa Roncalli sarà l’Enciclica "Grata Recordatio" (1959). Nel documento vi era l’invito ai fedeli di pregare il Rosario per il Concilio ecumenico che si stava preparando. Arriviamo così a papa Paolo VI che nell’Esortazione apostolica al culto mariano, la “Marialis Cultus”, sottolinerà l’importanza del Santo Rosario: pone l’attenzione sulla contemplazione, fondamentale per la recita del Santo Rosario. Inoltre chiede “vivamente la recita del Rosario in famiglia”.
Il Novecento si chiude (e si apre al 2000) con uno dei pontefici più “mariani” della storia della Chiesa: Giovanni Paolo II. Sua, nel 2002, la famosa lettera “Rosarium Virginis Mariae”, che risponde - in una certa maniera - alla domanda: cos’è il Rosario? E come si prega? Il Rosario è una preghiera - scriverà Giovanni Paolo II - che “nella sobrietà dei suoi elementi” concentra “la profondità di tutto il suo messaggio evangelico” e dalla quale “il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore”. Anche Benedetto XVI dedica parole al Santo Rosario e lo fa, ad esempio, in una preghiera nella basilica romana di Santa Maria Maggiore, il 3 maggio 2008, mese mariano:“Il Rosario non è una pia pratica relegata al passato, come preghiera di altri tempi a cui pensare con nostalgia”. Bensì è “senza dubbio uno dei segni più eloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per sua Madre, Maria”. Più volte papa Francesco ha fatto riferimento al Rosario durante il suo pontificato, alla sua forza generatrice nei momenti difficili della storia. Come nel 2018 per un momento travagliato della Chiesa o come durante la pandemia del Covid-19. E soprattutto, nell’ultima parte del pontificato, per i conflitti nel mondo intero.




