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60 anni di Sinodo. Ne parliamo con padre Fabio Nardelli

L'intervista a Padre Nardelli sull'istituzione sinodale

Paolo VI che con il motu proprio Paolo VI che con il motu proprio "Apostolica Sollicitudo" istituiva il Sinodo dei Vescovi | Paolo VI che con il motu proprio "Apostolica Sollicitudo" istituiva il Sinodo dei Vescovi | Credit Sinodo dei Vescovi

Lo scorso 25 ottobre a Roma è stato votato dalla terza assemblea sinodale il documento di sintesi del Cammino sinodale, preparato sulla base degli emendamenti emersi durante la seconda Assemblea sinodale, svoltosi tra lo scorso fine marzo ed inizio aprile, attraverso un lavoro della Presidenza CEI, del Comitato del Cammino sinodale, del Consiglio Permanente, degli Organismi della CEI (Commissioni Episcopali, Uffici e Servizi della Segreteria Generale) e delle Regioni ecclesiastiche, come ha sottolineato il presidente del Comitato Nazionale del Cammino sinodale, monsignor Erio Castellucci: "Pur tra tante fatiche, riporta la realtà di oltre 200 Chiese locali, con tutte le loro articolazioni, i mpegnate a vivere e trasmettere speranza e pace: spesso senza farsi notare, senza 'fare notizia', ma sempre con tenacia e cura evangelica. Le nostre comunità cristiane non sono allo sbando: benché provate da tante situazioni faticose e tentate a volte dallo sviluppo, vivono come 'piccolo lievito' di fraternità, attenta soprattutto alle persone rimaste o lasciate ai margini”. 

 

 

Lo scorso settembre il Sinodo ha compiuto 60 anni, come ha ricordato papa Leone XIV al termine della recita dell'Angelus di domenica 14 settembre: "Domani ricorre il 60° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi, un'intuizione profetica di san Paolo VI, affinché i Vescovi possano ancora di più e meglio esercitare la comunione con il successore di Pietro. Auspico che questa ricorrenza susciti un rinnovato impegno per l'unità, per la sinodalità e per la missione della Chiesa".

Prendendo spunto da queste sollecitazioni, in questo sessantesimo anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi, ricordiamo le origini, le motivazioni, le finalità di questo organismo ecclesiastico per coglierne le evoluzioni e, soprattutto, la chiamata per la Chiesa, a uno stile sempre più sinodale e missionario, con l'aiuto di padre  Fabio Nardelli , docente di Ecclesiologia alla Pontificia Università Lateranense, alla Pontificia Università Antonianum ed all'Istituto Teologico di Assisi: quale è stata l'intuizione di papa san Paolo VI per dare vita al Sinodo dei vescovi?

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"Il Sinodo dei vescovi viene istituito da papa Paolo VI il 15 settembre 1965, con il Motu proprio 'Apostolica Sollicitudo', per dare una risposta in merito all'esigenza della 'collegialità episcopale', tanto dibattuta al Concilio Vaticano II. Esso nasce, principalmente, per rafforzare la comunione tra i vescovi e il Romano Pontefice per una più efficace collaborazione nel governo della Chiesa universale. L'importante organismo sinodale può essere, chiaramente, considerato come uno dei frutti dell'ecclesiologia di comunione”.

 

Quindi il Sinodo dei vescovi è stato un 'segno dei tempi'?

“Nel contesto del grande rinnovamento conciliare, il Sinodo dei vescovi intendeva promuovere lo scambio di idee ed esperienze all’interno della Chiesa; e, tuttora, permette alla Chiesa intera di camminare insieme nell’ascolto, nella reciproca comprensione e soprattutto nella decisione coraggiosa ed evangelica. Tale forma può essere considerata particolarmente fruttuosa e può rappresentare, davvero, un punto di convergenza di questo dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita ecclesiale”.

 

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Quale apporto possono offrire i laici?

“Nella Chiesa la sinodalità richiama la necessità della comunità cristiana di ascoltare lo Spirito e di farlo con l’apporto di tutti. L’ascolto dello Spirito non è una qualità che appartiene ad alcuni cristiani, ma è una qualità propria di tutti i battezzati. Il dono divino del sensus fidei (cfr. LG 12) investe la ‘totalità dei fedeli’ ed attribuisce al gregge un ‘fiuto’ per discernere le nuove vie che il Signore dischiude alla Chiesa. La sinodalità, pertanto, diviene l’unico modo possibile per valorizzare il ‘senso di fede’ di tutti i battezzati: tutti soggetti, infatti, ognuno con il suo dono”. 

 

Quindi come si è ‘evoluto’ in questi anni il Sinodo?

“La Costituzione ‘Episcopalis communio’, promulgata il 15 settembre 2018 da papa Francesco, non intende mettere in luce solo un cambiamento ‘procedurale’ ma vuole considerare il Sinodo come un vero e proprio ‘cammino’, costituito da diverse tappe di attuazione. L’evoluzione ed i differenti cambiamenti di natura metodologica mirano a un maggiore coinvolgimento della base ed ad un movimento sinodale effettivo che permetta a tutti di parlare con parresia e di ascoltare con umiltà”.

 

Ma oggi il Sinodo è capace di mantenere vivo lo spirito del Concilio Vaticano II?

"La riflessione sulla sinodalità non può essere considerata solo come un dibattito temporaneo per 'democratizzare' la Chiesa, oppure esaurirsi nella celebrazione di assemblee o eventi occasionali, ma è una vera sfida nel 'camminare insieme'. Certamente il cammino sinodale, in continuità con la riflessione conciliare, ha evidenziato come l'unità e la differenza nella Chiesa sono due elementi preziosi, che vanno tenuti insieme anche attraverso la lettura carismatica della comunità, dove vi sono diversi ministeri e carismi, ma unità di missione". 

Un cammino sinodale che nel frattempo è diventato anche 'lievito di unità'?

"Nell'omelia per l'inizio del suo ministero petrino, papa Leone XIV ha invitato a costruire 'una Chiesa fondata sull'amore di Dio e che sia segno di unità; una Chiesa missionaria, che apra le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lasci inquietare dalla storia, e che diventi lievito di concordia per l'umanità'. L'immagine evangelica del lievito viene utilizzata come icona della Chiesa sinodale-missionaria che, rimanendo nel mondo, annuncia la presenza del Risorto nella storia e diviene segno di novità e testimonianza credibile del Vangelo vissuto La sfida del 'cammino sinodale' oggi è quella di una crescita nelle 'relazioni' perché divengano sempre più opportunità di incontro e, al contemporaneo, di una particolare attenzione alla formazione in chiave sinodale di tutti i battezzati, in quanto discepoli-missionari”.

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